L'Avvenire del 04 Settembre 2002,
nella rubrica "Mattutino" curata da mons. Gianfranco Ravasi,
troviamo questa incredibile metafora dal titolo: QUELLI
CHE BRIGANO
In tutti i paesi ho veduto gli uomini sempre di tre sorta: i pochi che comandano; l'universalità che serve; e i molti che brigano.
M'imbatto in questa considerazione desunta dalle Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo leggendo un articolo e cedo alla tentazione di trasmetterla ai miei lettori. Che pochi comandino e tutti gli altri servano è abbastanza scontato; più curiosa è la delimitazione della classe dei «molti che brigano». Il verbo è un po' vetusto e forse non a tutti perspicuo: sostituiamolo coi suoi sinonimi, «intrigare, trafficare, intrallazzare» è così via. Il termine che rende più l'idea è forse il realistico «intrallazzare» che spesso sconfina nel puro e semplice «imbrogliare».
E' questa una malattia della società: essa, certo, ha un alibi quando il potere è prevaricante, la burocrazia asfissiante, il sistema opprimente. Tuttavia, il più delle volte il darsi da fare per il proprio tornaconto o successo è semplicemente un vizio, un inganno, non di rado un furto o una violenza sottilmente celati sotto tanti pretesti e scuse (non per nulla da «brigare» deriva «brigante»!). La tentazione all'intrigo, all'ingegnarsi solo per sé, alle astuzie da farabutto purtroppo lambisce un po' tutti almeno una volta in vita, in tutte le professioni e in tutte le situazioni. Per questo vale il monito della Bibbia: «Non invidiare i mascalzoni e non imitare la loro condotta perché Dio li detesta» (Proverbi 3, 31-32).
Gianfranco Ravasi
Ringraziamo per la segnalazione dell'articolo l'avv. F. Bonanno.
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