Da Milano ci scrivono: sbarchi clandestini.

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di Dania

Stasera, navigando su Veglieonline, casualmente ho sostato sul Vostro sito e, leggendo qua e là sono finita sull'articolo "Sbarchi clandestini", che ho letto con interesse. Non sono un'artista, non me ne intendo di arte e non conosco Maurizio Sciaccaluga. So però una cosa: ai giovani si presta poca attenzione, in tutti i campi, per cui credo che se i giovani artisti del Sud sono stati disposti a farsi strattonare per un rigo di critica, altrettanto sarebbero disposti a fare i giovani artisti di Milano.

Il Vostro articolo termina con "Un pasto caldo ai nostri clandestini qualche anima buona lo assicurerà".  Purtroppo non sempre è così. Mi permettete di ricopiarvi un appunto che avevo chiuso nel cassetto? Eccovelo:

-Avete sentito di quei Cingalesi, raccoglitori di pomodori, che dai loro datori di lavoro venivano nutriti sul campo con bocconi in scatola per animali? E con la scusante che al loro paese non avrebbero mangiato di meglio?

Siano maledetti quei ricchi padroni!  Sì, certamente ricchi, perché se fossero stati poveri avrebbero diviso con coloro che dividevano la loro fatica, un piatto di minestra e un tozzo di pane. Un povero non fa la carità, divide con i suoi pari quello che possiede. Un ricco vuole aumentare il suo benessere e teme che il povero in qualche modo lo possa intaccare, per cui lo tiene lontano, a guisa di animale, non prima di averlo sfruttato.

Posso capire l'avaro, che nulla chiede per paura di dover dare. Non posso capire chi sfrutta, in modo così brutale, i miseri.-

Non posso concludere che con l'atto di speranza che a nessuno, soprattutto nel nostro paese, venga a mancare un piatto di minestra.

Cordialità.  Daniela