UN PRETE ANNEGA, MA SALVA SETTE PERSONE

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da: IlMessaggero.it, 28 luglio 2003 * "Liberi Pensieri"

 

Nonostante la comparsa del messaggio «Il materiale pubblicato su questo sito e' protetto dalle leggi sul copyright. Il Messaggero S.p.A.», abbiamo voluto pubblicare questo articolo apparso appunto su IlMessaggero.it per l'interessante riflessione che fa S. Givone sulla tragica morte di don Stefano Garzolio. Può sicuramente servire a tutti noi. Veglieonline.it


Un prete annega ma salva sette persone
Giovedì 31 Luglio 2003

di SERGIO GIVONE

Una gita al mare. Di quelle che i parroci organizzano per portare nei luoghi di villeggiatura, anche solo per poche ore, i ragazzi che altrimenti non potrebbero andarci. Qualcosa che fa pensare ad altri tempi, quando viaggiare non era così banale e facile per tutti come lo è ora.
Poi, di colpo, la tragedia, in tutta la sua casualità. Il mare è mosso e i ragazzi, inesperti, presto soccombono alla sua forza. Sei di loro, insieme con una donna, vengono travolti. Rischiano di annegare. Il sacerdote che li accompagna, don Stefano Garzolio, si rende conto di ciò che sta avvenendo. Non esita a tuffarsi, ripetutamente. Trae in salvo le sette persone. Poi, stremato, si accascia sulla battigia. E' morto.
Precisamente questo accasciarsi senza vita del sacerdote è ciò che più colpisce. Al di là di ogni considerazione sul suo eroismo e sul suo sacrificio. E prima ancora che il suo coraggio venga lodato come merita. Il fatto è che nel gesto del giovane prete di Bojano il bene mostra la sua cifra più vera. Il bene non è esclusiva delle anime superiori, ma dono generoso, gratuito, da parte di chiunque. Uno spendersi senza calcoli, senza riserve, come solo può fare chi vive come se vivere per gli altri fosse più importante che vivere per se stessi.
Come è stato detto molto giustamente, il mistero del bene è infinitamente più grande del mistero del male, che pure è grande e terribile. E questo per la semplice ragione che il bene è senza perché. Proviamo a chiederci: perché dare la propria vita per salvare quella di altri? Non abbiamo risposta. Ma quando questo accade, è come se afferrassimo la verità più profonda che ci riguarda in quanto uomini. Il giovane sacerdote che non si è risparmiato ed è morto per salvare la vita di sette persone non fa che ricordarci questa verità.
Strana simmetria rovesciata, quella fra bene e male. Il male cerca continuamente e magari trova giustificazioni (cosa in cui è davvero di una grandiosità insuperabile). Si ammanta di scuse. Esibisce mille pretesti. Alla sua radice spesso non c'è nient'altro che pura volontà di nuocere, se non vera e propria smania distruttiva, e questo niente furioso e insensato si presenta con le maschere più seducenti. Proprio il contrario del bene. Che è timoroso di mostrarsi. Detesta l'esibizione. Ma là dove qualcuno lo compie, è per sempre e nessuno può fare come se non fosse stato. Il bene è la cosa più salda e più forte che ci sia.
Non solo. Il male è rumoroso. Si presenta in genere fra squilli di trombe, proclami grandiosi, grida assordanti. E finisce per lo più in un baratro di rovina dal cui fondo sale immancabilmente un'eco che continua a rimbombare in modo cupo. Invece il bene, come sta scritto, «non fa rumore». E' silenzioso, il bene. Discreto, gentile. Ci sfiora con un tocco che è vita, e lo è perfino nella morte, come dimostra il gesto di don Stefano, anche se noi solo raramente ce ne rendiamo conto.
Questo spiega fra l'altro perché il male sia il grande beniamino dei media, e il bene molto meno. Del resto, inutile nasconderselo: ad attrarci e anzi a incatenare la nostra attenzione è la violenza, è l'orrore, o anche solo l'altrui sventura, mentre le azioni che attestano la dignità dell'essere umano ci lasciano indifferenti e talvolta addirittura sospettosi. Come se il male fosse cosa nostra. Il bene, no.
Invece è vero il contrario. Intendiamoci: non che l'uomo non sia una creatura con un inestirpabile fondo di malvagità e di pazzia, e comunque portata a compiere le azioni peggiori. Ma di queste azioni può soltanto vergognarsi. A dimostrazione del fatto che noi abbiamo la nostra stella polare nel bene e non nel male. Ciò che è accaduto sulla spiaggia di Termoli ne è la riprova più eloquente.

tratto da «WWW.ILMESSAGGERO.IT» di Giovedì 31 luglio 2003