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da: Lorenzo Milanese, 1 maggio 2002 * "Politica"
La
sanguinosa guerra civile che segnò l'Italia tra il , '43 ed
il ' 45, lasciò delle cicatrici che nonostante siano
trascorsi più di cinquant' anni faticano a ricomporsi. È
ben noto che in quel periodo, e negli anni immediatamente
successivi, numerosi fatti di sangue hanno macchiato anche
il vercellese, -tanto per fare un esempio- lasciando un
indelebile ricordo, da una parte quanto dall' altra, di
atrocità e di violenze. Uno di questi fatti, riguarda
la strage avvenuta tra il 12 ed il 13 Maggio del 1945, a
guerra conclusa, all' ex-ospedale psichiatrico di Vercelli
ed al ponte sul canale Cavour di Greggio.Nel Maggio del 1945
una settantina di prigionieri Fascisti, prelevati tra
tremila internati allo stadio di Novara in attesa di
giudizio, furono trasportati a Vercelli: 24 di questi furono
condotti a Torino -e ciò fu la loro salvezza -, mentre gli
altri 51 vennero invece condotti all' ex-ospedale
psichiatrico di Vercelli in Via Trino dove allora era sito
il comando partigiano. In uno dei casermoni all'interno del
complesso,si consumò una prima parte della tragedia: almeno
venti dei prigionieri infatti, vennero atrocemente
trucidati, e uno di questi fu addirittura impalato vivo su
di una baionetta tra indicibili strazi. L'orrore però non
terminò qui: i corpi dei venti malcapitati vennero infatti
portati sul piazzale antistante l'ospedale, dove furono
ripetutamente schiacciati da una camionetta condotta da uno
dei partigiani comunisti, che ridusse il tutto ad uno
spettacolo macabro e rivoltante.Poco più in là, sempre in
quel giorno, verso la frazione di Larizzate, altre dieci
persone furono fucilate. E venne la sera; gli ultimi venti
repubblicani vennero quindi trasportati a Greggio, tra loro
Giuseppe Scarantina di 16 anni, Aldo Secchi e Giuseppe
Goldin di 19. In Italia i partigiani comunisti si macchiarono di infinite nefandezze, tante e tali da essere vasto oggetto di un serio studio non ancora avvenuto in quanto sul quale una cappa d' omertà e di paura si è estesa per decenni. In Friuli -e sempre ad esempio- il 23 Marzo del 1944, dodici carabinieri furono torturati e massacrati orribilmente da una banda di partigiani comunisti filotitini: i carabinieri non erano né fascisti, né nazisti bensì soltanto ventenni che costituivano il presidio a difesa della centrale idroelettrica di Bretto. "Furono avvelenati con un bastone a base di soda caustica e sale nero (...), l' agonia si protrasse per ore (...), costretti a marciare su sentieri di montagna. Il povero sottufficiale Perpignano fu spogliato e malmenato. Poi i carnefici gli conficcarono un legno ad uncino nel tendine d' Achille, dietro al calcagno, e quindi lo impiccarono a testa in giù legato a una trave. Tutti i suoi compagni furono invece incaprettati e colpiti a colpi di piccone. A qualcuno furono asportati i genitali e conficcati in bocca. Ad altri fu aperto a picconate il cuore e furono frantumati gli occhi. A Primo Amenici venne infilata nel cuore la fotografia dei suoi cinque figli, mentre Dino Perpignano, appeso a testa in giù, venne finito a calci in faccia e in testa. Un' autentica mattanza con i corpi martoriati dei militari legati con del filo di ferro e trascinati come animali sotto un masso e abbandonati. Alcuni dei responsabili di questo eccidio, come è sovente accaduto anche in altri casi, sono stati identificati. Sui delitti del comunismo esiste una letteratura tanto vasta quanto poco praticata, mentre purtroppo sui comunisti italiani e sulle loro responsabilità invece troppo poco è ancora stato fatto, tanto che ancora molti si riconoscono in questa albero dai frutti noti. Il capitolo foibe è stato rimosso per decenni, solo ora finalmente le prime ricerche storiche hanno messo in luce gli orrori compiuti dagli slavi nei confronti degli italiani, soprattutto a quelli che nulla avevano mai avuto a che fare con la politica, men che meno fascisti o nazisti, bensì soltanto colpevoli di essere italiani: alla atavica naturale ferocia di questi popoli, si aggiunse la " cultura"comunista dell' odio di classe. Alle loro vittime, spesso infoibate vive, spezzarono le ossa, strapparono i genitali, le crocefissero,cavarono gli occhi, o le gettarono in mare legate a grossi sassi: per gli istriani di origine veneta fu il terrore, un terrore comunista di cui ancora troppo poco si parla e si conosce. A Moncucco nell'astigiano, sono stati rinvenuti nelle cave di gesso i poveri resti delle innumerevoli vittime della Resistenza, quelle ovviamente " segrete" ; quando le ruspe hanno aperto la strada, decine di ossa, calzature militari e civili, mandibole, tronchi senza cranio riemergevano da diciotto metri di profondità. I corpi venivano legati a pietre per impedirne l' affioramento, tanto che effettivamente furono ritrovati cadaveri attorcigliati da fili di ferro: su questi aberranti e occultati per anni ritrovamenti sia L'Istituto storico della Resistenza che Rifondazione Comunista hanno nicchiato e minimizzato. Sull' anomalia italiana Stephane Courtois è comunque lapidario: "L'Italia come la Francia, ha avuto uno dei più grandi partiti comunisti che non sono andati al governo, perché incastrati in regimi democratici: così non hanno potuto dare sfogo alle loro " ansie" rivoluzionarie e, se li si paragona ai veri massacri dei regimi comunisti, il loro peso, a livello di comparazione storica, è irrilevante. Altra cosa sono le esperienze sovietiche, cinesi, cambogiane, coreane". Continua... Lorenzo Milanese |