LA TOMBA DEL BAMBINO
R. Mazzotta  * 
24 maggio 2005 *  
 
 
(liberi pensieri-cultura)* Caratteri grandi-medi-normali * 
 
Accessibilità
La tomba del bambino 
Da una chiacchierata avuta con l’amico Dott. Nicola Gennachi, colgo l’occasione 
per rendere pubblico e riferire la mia testimonianza diretta circa il 
ritrovamento, avvenuto dieci anni or sono, di un’altra tomba, probabilmente di 
origine messapica, ubicata a pochi metri da quella scoperta cinquant’anni fa 
nella nostra cittadina. Varie e frammentarie sono le notizie riguardanti le 
origini di Veglie. Per parlare di origini, ossia di periodi storici molto 
antichi si possono solo effettuare delle ipotesi. Le ipotesi devono, comunque, 
essere avvalorate da indizi o testimonianze certe o documentate.
E' già risaputo che nel 1957 a Veglie fu portata alla luce da Ermete Morleo, 
nonno materno di mia moglie, una tomba messapica con, all’interno, le 
suppellettili risalenti a circa 2400 anni fa (IV sec. a.C.) ed attualmente 
conservate ed esposte nel Museo Provinciale di Lecce “Sigismondo Castromediano”. 
La scoperta avvenuta durante i lavori di scavo eseguiti nel podere di mio 
suocero Franco Patera, pur costituendo la testimonianza antica tra le più 
importanti della nostra cittadina, non documenta, ufficialmente, le origini 
messapiche di Veglie. Ho cercato di informarmi chiedendo a mia suocera Lina 
Morleo notizie riguardo quella scoperta. Mi ha risposto ricordandosi che il 
nonno, dopo il ritrovamento, portò a casa quei preziosi reperti e che fu proprio 
lei incaricata ad occuparsi della pulizia del cratere apulo, del piatto in 
terracotta, dello skiphos, dello strigile in bronzo e della piccola oinochoe a 
vernice nera. 
Mi raccontò della gioia in famiglia per quella scoperta. Il nonno Ermete 
proveniva da una famiglia molto stimata di muratori, scalpellini e scultori 
originari di Erchie (Ta) e nutriva un grande amore per l’arte, in tutte le sue 
espressioni. 
L’informazione più importante di mia suocera Lina, molto interessante, era la 
conferma che la tomba non era l’unica del luogo. 
Morleo Ermete, durante la continuazione dei lavori per la costruzione della 
casa, individuò un’altra presunta tomba posta anch’essa alla stessa profondità 
di m.1,80 rispetto al livello della strada di via Novoli e ad una distanza di 
circa cinque metri dall’ubicazione dell’altra tomba. Il nonno decise di non 
aprirla poggiando sulla lastra orizzontale i pezzi di tufo che costituivano la 
continuazione del basamento dell’abitazione.
Una mattina del 1995 durante i lavori di ampliamento e consolidamento della 
medesima casa di mio suocero Franco, mentre mi trovavo a Lecce, ricevetti una 
telefonata da parte di mia moglie che mi riferiva un probabile ritrovamento, in 
casa dei propri genitori, di un’altra tomba, esortandomi a ritornare quanto 
prima. La ditta Giovannino Saponaro, incaricata per la realizzazione dei lavori 
in muratura, durante lo scavo per l’edificazione di un palo in cemento armato, 
alla distanza di circa cinque metri dalla collocazione della tomba del ’57, 
aveva rinvenuto delle lastre con le stesse caratteristiche morfologiche e alla 
medesima profondità del precedente ritrovamento (m.3.00 dal livello della casa e 
m.1.80 dal livello della strada esterna).
Quando arrivai, in tarda mattinata, era troppo tardi: i muratori avevano già 
aperto la tomba. 
Chiesi a mia suocera se avessero scoperto qualche suppellettile o altro. La 
risposta fu negativa. I muratori avevano agito indisturbati anche perché mio 
suocero era assente e mia moglie era arrivata quando ormai tutto era stato 
compiuto.
Pensai che non era possibile che in una tomba messapica oltre ai resti del 
defunto non ci fosse qualche altro segno di quell’atavica civiltà!
Presi velocemente la scala in legno e scesi nel cunicolo lardo 70 cm.
La tomba era stata letteralmente profanata. Vidi un cranio, di piccole 
dimensioni, rotto in più parti ed altre ossa sparse, tutte rimosse dall’interno 
delle lastre. Molto probabilmente appartenevano ad un bambino/a di circa dieci 
anni. 
Con l’aiuto di mia moglie rimettemmo le ossa nel sepolcro.
Più volte chiesi a Saponaro se avesse trovato qualche suppellettile. Le risposte 
furono sempre negative.
Dopo il rinvenimento di quella tomba intervenne la Soprintendenza alle Belle 
Arti che accertò esclusivamente la mancanza di ritrovamenti di vasellame o 
quant’altro.
La scoperta della “tomba del bambino”, in ogni modo, costituisce a mio avviso un 
importante tassello per confermare la presenza di un agglomerato messapico a 
Veglie, tesi che si potrebbe ancor di più avvalorare se, in accordo con il 
Comune, l’Università, la Sovrintendenza, i proprietari privati, si portasse alla 
luce la terza tomba di cui conosciamo con certezza le coordinate. 
Un cordiale saluto 
Veglie, 11/05/2005 Prof. Realino Mazzotta