"LA FEBBRE" PARLANO I SALENTINI AUTORI DELLE MUSICHE
DEL FILM E LO SCENEGGIATORE BARESE
 

Gazzetta  * 31 marzo 2005 * __Chiudimi_|x|__


I Negroamaro: un'esperienza unica
Per Gennaro Nunziante "è un invito a rimettersi in gioco con coraggio"
 

«Il lavoro con D'Alatri è stato «una sorpresa continua: a film quasi terminato continuava ad inserire nostre canzoni ascoltate per caso».
Così commentavano il lavoro appena concluso per La Febbre i Negramaro in un pranzo per la stampa a margine di un Festival di Sanremo che ha sancito il successo della giovane band salentina (tutti cresciuti fra Veglie e Copertino e Salve sono prodotti da Caterina Caselli) stella nascente del mediterranean-rock di nuova generazione.
«D'Alatri - afferma Giuliano Sangiorgi, frontman del gruppo, autore anche per Andrea Bocelli - ha inserito ben 9 nostri brani di cui 6 dal nuovo album. Il film si apre con Solo per te in versione pianoforte e con la tromba di Paolo Fresu; sui titoli di coda Mentre tutto scorre, il pezzo di Sanremo, che parte acustico per poi trasformarsi nella radio-edit che tutti conoscono».
D'Alatri ha anche girato il video del pezzo, in un giorno solo, con una telecamera fra la gente, per le strade di Roma. «Lui è una persona profonda ed intensa - continua Giuliano - e Fabio Volo interpreta alla grande le tensioni del film».
I pezzi sono stati eseguiti direttamente sul set. «Non abbiamo realizzato a posteriori, ma contemporaneamente al film, e questo ha dato una grande immediatezza all'esecuzione».
Riscatto, difficoltà nel mondo del lavoro, mobbing. Perché i Negramaro per questo film? Una band generazionale per un film generazionale? «Penso di sì- II film è uno specchio del tempo: amarezza, dolcezza, felicità, malinconia. Viviamo un tempo dì contrasti forti e noi siamo proprio così. Per questo ci siamo trovati in sintonia con il regista. La Febbre è un inno ad avere coraggio».
Gennaro Nunziante, barese, è il co-sceneggiatore insieme a Domenico Starnone ed al regista stesso per cui aveva già lavorato alla stesura di Casomai. Era il sacerdote che chiude il film con un magistrale monologo sulla felicità. «Il film - commenta - è un invito a rimettersi in gioco, a fare il lavoro che si ama, ad alzarsi ed a prendere decisioni con coraggio». Una chiara critica alla pigrizia imperante. «Oggi tutto il sistema, dalla politica all'arte, è pervaso dalla mediocrità. Il mediocre in televisione fa comodo: chi lo vede non prova nessuno stimolo a migliorare e questo innesca un circolo vizioso che fa sprofondare il livello culturale di una intera nazione. L'arte deve essere libera: troppi pseudo-artisti invece di scrivere cose belle pensano a come avere soldi dallo Stato. La mediocrità è come le tinte di tessuto che vanno bene su tutto: basta guardare quello che si produce oggi nel nostro Paese. La pigrizia sta uccidendo il made in Italy. Non c'è bisogno di avere soldi dallo Stato c'è invece bisogno di libertà di espressione perché (per dirla con Benedetto Croce) non c'è arte senza libertà. Per questo servono inviti forti a rimettersi in gioco come quello contenuto nel film».