STRAGE DELLA GROTTELLA: SI DEL TAR AI DANNI

Gazzetta  * 30 gennaio 2005 * __Chiudimi_|x|__


Strage, sì del Tar ai danni

Le famiglie delle vittime potranno accedere ai fondi del Ministero



COPERTINO L'azione criminale del commando di sei uomini capeggiato dal boss pentito Vito Di Emidio, che il 6 dicembre del '99 trucidò le tre guardie giurate della Velialpol durante l'assalto ai due furgoni portavalori, è da ritenersi di matrice mafiosa, e per questo le famiglie delle vittime possono a buon diritto accedere alle previdenze previste dal Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati appunto di tipo mafioso. La ha stabilito la sezione di Lecce del Tar, il Tribunale amministrativo regionale, presidente Aldo Ravalli, componente Ettore Manca, relatore Carlo Dibello. In virtù del pronunciamento ed a meno di un ricorso da parte del ministero dell'Interno al Consiglio di Stato, i familiari delle vittime di quella che è ormai nota come «Strage della Grottella», potranno ora ripresentare la domanda di accesso al Fondi di cui s'è detto, già bocciata dalla Commissione addetta, perché il reato in questione, in sede di sentenze penali, era stato classificato come non mafioso. E tanto nonostante che lo stesso capo bastone Di Emidio, avesse tra l'altro affermato nel corso delle sue rivelazioni ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia, che parte del provento della sanguinosa rapina, era destinato a sostenere le famiglie degli affiliati della Sacra corona detenuti nelle carceri dell'intero Paese. E che lui stesso, prima della strage, era stato condannato proprio perché appartenente alla Scu. La mattina del 6 dicembre di sei anni anni, persero la vita Raffaele Arnesano, Rodoldo Patera e Luigi Pulli, ed altre tre guardie giurate restarono ferite. Per l'accesso al Fondo di solidarietà, presentarono domanda al Ministero i loro familiari, Romina Iacovelli, Luigi Arnesano, Teresa Parisi, Marco Arnesano, Genoveffa Patera, Mauro Patera, Marita Conte, e Sara e Gabriele Patera. Ma come detto, in prima istanza, le richieste vennero tutte respinte. Decisi a far valere i propri diritti, attraverso gli avvocati Gaetano Gorgoni ed Ennio Cioffi, i parenti delle vittime si sono rivolti al Tar, che ha dato loro ragione, condannando anche il Ministero al pagamento delle spese processuali per la somma di tremila euro.