STRAGE DELLA GROTTELLA: LA FERITA RESTA APERTA
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da: Il Vegliese Anonimo, 10 aprile 2001
Assenti
le mogli delle vittime: non avrebbero sopportato il dolore
Un'opera in pietra
donata dai sopravissuti
VEGLIE - La strage un anno dopo: lo stesso dolore in una giornata luminosa, proprio come quella di un anno fa, quando quel maledetto sei dicembre furono massacrati senza pietà tre onesti padri di famiglia, sulla strada del lavoro. La cornice è quella delle grandi occasioni. Fra le migliaia di studenti e di cittadini, fra le decine di gonfaloni dei Comuni e della Provincia, un unico sentimento accompagna il dolore di una città colpita ma non rassegnata alla sconfitta: la voglia di giustizia. Lo ripetono in tanti, come se il tempo si fosse fermato a quel tragico giorno di un anno fa. Una bambina di terza elementare ed ancora i colleghi di
Luigi Pulli, Rodolfo Patera e Raffaele Arnesano. Le autorità e i politici, la gente comune e i sindaci. La voglia di credere, da parte della gente, in una giustizia che comunque "è impegnata al massimo delle sue energie per catturare gli assassini" - sottolinea il Prefetto di Lecce,
Giovanni D'Onofrio, è più forte di qualsiasi polemica sull'operato della Magistratura o degli organi di Governo. La manifestazione inizia alle 10. I primi ad arrivare in piazza Costituzione, allestita con un palco per le autorità e l'altare per la messa, sono proprio gli studenti. Sono in tanti. Dai bambini delle materne ai ragazzi della scuola media.
Insieme a loro prendono posto i sindaci e i loro gonfaloni. Numerosi, ma meno del previsto, i rappresentanti dei Comuni. Anzi la maggior parte arrivano dal Sud Salento. Fra loro vi è anche
Sharon Leuzzi, una dolcissima baby sindaco di Veglie di 11 anni: "Speriamo - dice - di impegnarci tutti per migliorare il nostro futuro". Assieme alle associazioni delle varie armi ci sono le massime rappresentanze militari. Arriva il prefetto D'Onofrio e il Questore di Lecce,
Vincenzo Caso. Per la Regione è presente il vice presidente della Giunta regionale
Giuseppe Brienza. La Provincia è rappresentata dal vice presidente Giuseppe
Taurino. Fra le autorità anche il Procuratore generale Alessandro Stasi e il Procuratore della Repubblica
Rosario Colonna. Presenti anche il comandante provinciale dell'Arma dei Carabinieri, colonnello
Francesco Benedetto, e il colonnello della Guardia di Finanza Giorgio
Bartoletti. Non ci sono invece, Antonietta, Maria Carmela e Romina, le mogli dei tre vigilantes. Il dolore ha impedito loro di partecipare. Gli altri familiari sono presenti, ad eccezione dei parenti di Raffaele Arnesano, il più giovane delle tre vittime. "Solo il dolore le ha fermate - afferma il padre di Rodolfo Patera - e niente altro". Il riferimento è su una assenza da qualcuno vista come segno di protesta. Prima della messa, il sindaco di Veglie,
Roberto Carlà, ricorda, in un momento di grande commozione, i caduti "perché altre collettività non vivano la nostra stessa tragedia".
"E' importante che la gente stia accanto alle Istituzioni - aggiunge il sindaco - ma anche le Istituzioni devono essere accanto alla gente. E' il momento del silenzio - conclude - perché il silenzio oggi è più forte di qualsiasi parola".
La messa, con il coro che intona "Shalon", pace per tutti, fa dire all'arcivescovo di Brindisi, monsignor
Rocco Talucci che "La morte non vince mai la vita" e che al posto delle parole "Bisogna credere alla Parola, cioè a quel Gesù di dolore e di gioia, di conforto e di pace. I tre vigilantes - ha affermato il presule - sono morti dando il loro sacrificio di carità sociale per colpa di chi all'onestà povera preferisce la ricchezza disonesta e portatrice di dolore.
Chi sceglie il delitto - ha concluso - può essere ricco solo di soldi ma non di pace". Subito dopo la cerimonia religiosa, un collega delle vittime ha recitato una preghiera: "Signore aiutaci a procedere nella grazia e nella giustizia. Chi cade osservando la legge non potrà mai essere distrutto". Poi la tromba militare intona il silenzio e si procede all'inaugurazione della statua bronzea raffigurante una guardia giurata che, mentre cade, guarda il cielo e si protende verso esso.
A mezzogiorno la manifestazione si sposta sulla provinciale Copertino-S. Donato. I tre colleghi sopravissuti al massacro,
Giuseppe Quarta, Flavio Matino e Giovanni Palma, attendono per l'inaugurazione del cippo in pietra leccese da loro donato alla memoria dei colleghi caduti. Sull'effige, raffigurante la Vergine con il Figlio morto, è scritto: "L'eterno amore del Padre Celeste che vi ha accolto saprà lenire il dolore causato dal dramma di cui foste vittime in questo luogo il 6dicembre 1999".
Mino Rollo.
Un'opera in pietra donata dai sopravissuti - inizio
Sono ritornati di prima mattina sul luogo della strage per donare ai loro tre colleghi e amici caduti
un'opera che, più che monumento alla memoria, è segno visibile e perenne del loro dolore. Potevano esserci anche loro, fra i commemorati di oggi.
Giuseppe Quarta, Flavio Matino e Giovanni Palma non hanno dimenticato e non potranno mai più dimenticare.
Ora guardano con grande commozione quella roccia in pietra leccese nella quale l'artigiano vegliese
Maurizio Spano ha voluto simboleggiare, con l'immagine della pietà, il sacrificio delle tre guardie giurate.
I tre colleghi hanno voluto tenacemente realizzare quest'opera e inaugurarla nell'anniversario della strage, anche se, fino ad una settimana fa, sembrava un'impresa impossibile. "Abbiamo lottato con tutte le nostre forze - afferma Flavio Matino - non possiamo dimenticare ciò che è successo qui un anno fa. Io ero seduto sul mezzo anteriore, insieme a Luigi
Pulli. Poi il camion che ci veniva addosso e poi il buio. Oggi di quel maledetto giorno mi è rimasto il dolore e tanta rabbia nei confronti di quegli assassini". "Siamo a disposizione delle famiglie - affermano Giovanni Palma e Giuseppe Quarta; quest'ultimo ha riportato gravi danni all'udito per lo scoppio dell'ordigno collocato sotto il secondo furgone - Sono morto anch'io un anno fa".
Gazzetta di Lecce, 07.12.2000