si chiama federalismo e disintegra il belpaese

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dalla: Gazzetta del Mezzogiorno, del 15 agosto  2003 * "Gazzetta"

 

Veglionline propone questo articolo di prima pagina della Gazzetta del Mezzogiorno esprimendo la sua solidarietà con la posizione di G. De Tomaso.


Fabbrica fallimenti, ma tutti lo vogliono

Umberto Bossi, purtroppo, non va mai in ferie. Alla vigilia di Ferragosto ha già preannunciato che se non verrà approvata la famigerata devolution, la Lega lascerà il governo. E siccome il Guerriero Padano è un incontentabile, ha già fatto capire quale sarà il suo nuovo cavallo di battaglia: le pensioni su scala regionale. Altrimenti, di nuovo all'attacco in nome della secessione.
Purtroppo, per inseguire le sparate di questo autentico genio della politica, il centrosinistra prima ed il centrodestra poi si sono inoltrati in una materia - la riforma federale - che sta portando il Paese non alla secessione, ma a qualcosa di peggio: la disintegrazione nazionale.
I lettori ci perdonino. E' Ferragosto, il tema può risultare fuori luogo o fuori tempo. Il caldo asfissiante fa già la sua parte. Ma, una volta tanto, ci sia consentito (e perdonato) applicare la lezione del marketing bossiano: i temi importanti vanno discussi quando nessuno ne parla e tutti sono in vacanza. Avanti, dunque.
Il federalismo si è già rivelato un disastro per il Paese e soprattutto per il Sud. Ma siccome al peggio non c'è mai fine, prepariamoci all'arrivo di altri due capolavori di efficienza, cioè inefficienza: Stato centrale povero e ridicolo come Arlecchino; enti locali famelici e voraci (tasse, tasse fortissimamente tasse) come leoni dall'appetito inesauribile.
Con tutta la buona volontà non riusciamo a vedere nemmeno una (dicesi una) cosa buona partorita finora da misure federalistiche, sia dal punto di vista amministrativo che fiscale. Neppure Bossi sarebbe capace di citare un solo effetto positivo, anche se egli si trincera con la storia che la riforma federalistica va giudicata alla fine (mamma mia!).
Che lo smantellamento dello Stato centrale dovesse finire in un fallimento, lo si capì sùbito: il federalismo amministrativo progettato da Franco Bassanini (Ulivo) venne approvato a Costituzione invariata, mentre l'intera materia avrebbe meritato l'istituzione di un'assemblea costituente. Risultato: confusione generale, nessun calendario di tempi e percorsi d'attuazione, nessun collegamento con il cammino del federalismo fiscale, caotica sovrapposizione di competenze tra centro e periferia, aumento dei contenziosi tra cittadini e enti pubblici (oltre che tra Stato e Regioni). Nella migliore delle ipotesi il federalismo amministrativo ha trasferito le inefficienze da Roma a Regioni, Province e Comuni. E siccome nessun pasto è gratis, così insegna l'economista liberale Milton Friedman, il costo di cotanta spensieratezza ricade unicamente sui cittadini, specie su quelli che non possono destreggiarsi, come fa Alberto Tomba negli slalom, tra i tributi locali spuntati negli ultimi anni, che sono più numerosi dei corteggiatori di Manuela Arcuri. Dal 1995 il prelievo fiscale degli enti locali è salito in media del 270 per cento. Che cos'è tutto questo se non un esproprio istituzionalizzato? Vogliamo dirla fino in fondo? Anche se non ci fosse l'evasione fiscale e i cittadini onesti pagassero il doppio di quanto pagano, ai divoratori e dissipatori di ricchezze da cui dipendono le scelte pubbliche la cifra non basterebbe mai: s'inventerebbero altri capitoli di spesa, altri staff, altri gemellaggi con località amene, altri viaggi a carico del contribuente, altri divieti stradali generatori di multe e via dicendo. Basti pensare all'Ici: oggi quasi tutti i Comuni applicano l'aliquota massima. Se potessero, l'aumenterebbero ancora, perché la vera libidine di molte autorità locali non è amministrare bene, ma spendere molto con i soldi degli altri, tanto si fa bella figura, si accontentano gli amici e fermiamoci qui. (Verrebbe da chiedere: farebbero così con i soldi loro?).
Ci siamo limitati a elencare i disastri del decentramento amministrativo, che pure sta al federalismo fiscale come un'aspirina ad un trapianto di cuore. Figuriamoci cosa ci attenderà al termine di questa, ormai decennale, stagione di follia federalistica: 21 sistemi sanitari diversi (sì perchè l'Alto Adige è più «Regione» che Provincia); 21 statuti regionali diversi, così per la scuola, la sicurezza, il lavoro e (Bossi dixit) anche la previdenza.
Per ora concentriamoci sulle risultanze, diciamo così, più comiche e costose prodotte finora: sanità, agricoltura e turismo sono settori su cui decidono le Regioni, ma i trasferimenti simultanei di competenze, funzioni, risorse e personale non li ha visti nessuno. Se c'è una cosa, non c'è l'altra, ma solo sperperi e ritardi.
Stop, anche se al tema federalismo non daremo tregua e riserveremo altre puntate. Il bello, cioè il brutto, sarà il federalismo fiscale integrale (non solidale), quello disegnato da Bossi e nordisti, cui non bastano i privilegi che riserva al Nord il decreto legislativo 56, contro cui si è scatenata la Regione Puglia. Ha proprio ragione l'assessore pugliese al bilancio Rocco Palese, il Nesta che fa muro contro il partito della spesa: la secessione deve pretenderla il Sud, altro che. Buon Ferragosto.
GIUSEPPE DE TOMASO