Veglionline propone questo articolo di prima pagina della Gazzetta del
Mezzogiorno esprimendo la sua solidarietà con la posizione di G. De
Tomaso.
Fabbrica fallimenti, ma tutti lo vogliono
Umberto Bossi, purtroppo,
non va mai in ferie. Alla vigilia di Ferragosto ha già preannunciato che
se non verrà approvata la famigerata devolution, la Lega lascerà
il governo. E siccome il Guerriero Padano è un incontentabile, ha già
fatto capire quale sarà il suo nuovo cavallo di battaglia: le pensioni su
scala regionale. Altrimenti, di nuovo all'attacco in nome della
secessione.
Purtroppo, per inseguire le sparate di questo autentico genio della
politica, il centrosinistra prima ed il centrodestra poi si sono inoltrati
in una materia - la riforma federale - che sta portando il Paese non alla
secessione, ma a qualcosa di peggio: la disintegrazione nazionale.
I lettori ci perdonino. E' Ferragosto, il tema può risultare fuori luogo o
fuori tempo. Il caldo asfissiante fa già la sua parte. Ma, una volta
tanto, ci sia consentito (e perdonato) applicare la lezione del
marketing bossiano: i temi importanti vanno discussi quando nessuno
ne parla e tutti sono in vacanza. Avanti, dunque.
Il federalismo si è già rivelato un disastro per il Paese e soprattutto
per il Sud. Ma siccome al peggio non c'è mai fine, prepariamoci all'arrivo
di altri due capolavori di efficienza, cioè inefficienza: Stato centrale
povero e ridicolo come Arlecchino; enti locali famelici e voraci (tasse,
tasse fortissimamente tasse) come leoni dall'appetito inesauribile.
Con tutta la buona volontà non riusciamo a vedere nemmeno una (dicesi una)
cosa buona partorita finora da misure federalistiche, sia dal punto di
vista amministrativo che fiscale. Neppure Bossi sarebbe capace di citare
un solo effetto positivo, anche se egli si trincera con la storia che la
riforma federalistica va giudicata alla fine (mamma mia!).
Che lo smantellamento dello Stato centrale dovesse finire in un
fallimento, lo si capì sùbito: il federalismo amministrativo progettato da
Franco Bassanini (Ulivo) venne approvato a Costituzione invariata, mentre
l'intera materia avrebbe meritato l'istituzione di un'assemblea
costituente. Risultato: confusione generale, nessun calendario di tempi e
percorsi d'attuazione, nessun collegamento con il cammino del federalismo
fiscale, caotica sovrapposizione di competenze tra centro e periferia,
aumento dei contenziosi tra cittadini e enti pubblici (oltre che tra Stato
e Regioni). Nella migliore delle ipotesi il federalismo amministrativo ha
trasferito le inefficienze da Roma a Regioni, Province e Comuni. E siccome
nessun pasto è gratis, così insegna l'economista liberale Milton
Friedman, il costo di cotanta spensieratezza ricade unicamente sui
cittadini, specie su quelli che non possono destreggiarsi, come fa Alberto
Tomba negli slalom, tra i tributi locali spuntati negli ultimi anni, che
sono più numerosi dei corteggiatori di Manuela Arcuri. Dal 1995 il
prelievo fiscale degli enti locali è salito in media del 270 per cento.
Che cos'è tutto questo se non un esproprio istituzionalizzato? Vogliamo
dirla fino in fondo? Anche se non ci fosse l'evasione fiscale e i
cittadini onesti pagassero il doppio di quanto pagano, ai divoratori e
dissipatori di ricchezze da cui dipendono le scelte pubbliche la cifra non
basterebbe mai: s'inventerebbero altri capitoli di spesa, altri staff,
altri gemellaggi con località amene, altri viaggi a carico del
contribuente, altri divieti stradali generatori di multe e via dicendo.
Basti pensare all'Ici: oggi quasi tutti i Comuni applicano l'aliquota
massima. Se potessero, l'aumenterebbero ancora, perché la vera libidine di
molte autorità locali non è amministrare bene, ma spendere molto con i
soldi degli altri, tanto si fa bella figura, si accontentano gli amici e
fermiamoci qui. (Verrebbe da chiedere: farebbero così con i soldi loro?).
Ci siamo limitati a elencare i disastri del decentramento amministrativo,
che pure sta al federalismo fiscale come un'aspirina ad un trapianto di
cuore. Figuriamoci cosa ci attenderà al termine di questa, ormai
decennale, stagione di follia federalistica: 21 sistemi sanitari diversi
(sì perchè l'Alto Adige è più «Regione» che Provincia); 21 statuti
regionali diversi, così per la scuola, la sicurezza, il lavoro e (Bossi
dixit) anche la previdenza.
Per ora concentriamoci sulle risultanze, diciamo così, più comiche e
costose prodotte finora: sanità, agricoltura e turismo sono settori su cui
decidono le Regioni, ma i trasferimenti simultanei di competenze,
funzioni, risorse e personale non li ha visti nessuno. Se c'è una cosa,
non c'è l'altra, ma solo sperperi e ritardi.
Stop, anche se al tema federalismo non daremo tregua e riserveremo altre
puntate. Il bello, cioè il brutto, sarà il federalismo fiscale integrale
(non solidale), quello disegnato da Bossi e nordisti, cui non bastano i
privilegi che riserva al Nord il decreto legislativo 56, contro cui si è
scatenata la Regione Puglia. Ha proprio ragione l'assessore pugliese al
bilancio Rocco Palese, il Nesta che fa muro contro il partito della spesa:
la secessione deve pretenderla il Sud, altro che. Buon Ferragosto.
GIUSEPPE DE TOMASO |