pugliesi sosteniamo i lucani

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da: Gazzetta del Mezzogiorno, 23 novembre 2003 * "Gazzetta"

 

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L'eidtoriale

Pugliesi sosteniamo i lucani

LINO PATRUNO

Mai come oggi i lucani scendono in piazza per evitare che Scanzano Jonico diventi la pattumiera dei rifiuti nucleari italiani. Non l'avessero fatto finora, non avrebbero ottenuto il primo risultato: lo stop a quella spazzatura che sarebbe potuta arrivare alla spicciolata nei dintorni di Scanzano, nell'altro deposito nucleare di Rotondella. E non avrebbero ottenuto che il governo prendesse un anno di tempo. Ma in Italia non c'è nulla di più definitivo del provvisorio. E finché lo sventurato decreto non sarà cancellato del tutto, i lucani non si fidano, e noi con loro. E tuttavia, prima ancora che nelle viscere della sacra terra lucana possa scendere il veleno, la Basilicata potrebbe già essere stata condannata. Se l'economia è anche psicologia, l'incubo è che nessuno voglia avere più a che fare con fragole, kiwi, albicocche sulle quali l'ombra del pericolo è soltanto aleggiata. Meno che mai i turisti, che comprano un sogno e non una inquietudine.
La Basilicata potrebbe essere ricacciata all'era dei «briganti o emigranti». Ricacciata da questa sciagurata vicenda di leggerezza e di indifferenza, se non di studiato disegno, verso un Sud che ha creato col suo sudore questa avanguardia di sviluppo. Una Basilicata che sarebbe di nuovo relegata ad un destino di abbandono. Una Basilicata del ritorno ai Sassi come scandalosa vergogna nazionale prima che li si scoprisse patrimonio culturale dell'umanità. E una Basilicata che invece di avere ferrovie, e strade, e difesa da frane e terremoti, avrebbe ciò che il Nord non vuole. Non per niente proprio oggi Bossi sfila con i suoi davanti alla centrale nucleare della nordica Caorso per impedire che i rifiuti restino lì. Un Bossi tanto affettuoso verso i meridionali.
Sono stati giorni di beneaugurata unità per una piccola regione non baciata né dalla natura né dalla storia né dai governi. E poteva essere questa malaugurata «guerra del nucleare» a far capire anche alla Puglia quanto conti che il Sud difenda unito i suoi interessi. Una Puglia e una Basilicata senza un «di qua» e un «di là» quando si ha in comune tutto il confine della Murgia. E quando la costa del Metapontino non differisce in nulla da quella tarantina. E anche la Calabria non è così lontana fin pure nelle incompiute dello Stato, con quella specie di strada non meno sventurata della Salerno-Reggio Calabria.
C'è anche un unico richiamo del mare meraviglioso sul quale si accese il faro della Magna Grecia. E c'è una continuità archeologica dall'inimmaginabile valore aggiunto se soltanto il travagliato museo nazionale di Taranto riuscisse a saldarsi con le Tavole Palatine e le altre vestigia lucane di un grande itinerario fino alla calabrese Sibari. E la medievale civiltà rupestre, il vivere in grotta, ha segnato una misconosciuta epopea comune, una civiltà che fu anche sapienza di conservazione dell'acqua con la stessa tecnica delle «miniere d'acqua» che fanno fiorire le oasi nel deserto.

È quell'acqua per la quale Puglia e Basilicata hanno litigato a lungo prima della pace utile ad entrambe. Ed è la stessa acqua di passaggio per la Puglia che potrebbe subire danni se la predestinata Scanzano diventasse il cimitero che ne vogliono fare. Un cimitero che era pronto anche per la Murgia pugliese, ancora una volta Sud. E cosa è il «triangolo del salotto» Santeramo-Altamura-Matera se non uno stile e una inventiva comune che hanno conquistato il mondo? E poi una sintonia invidiabile fra una regione di 600mila abitanti come la Basilicata e una di 4 milioni come la Puglia. E mai potrebbero meglio integrarsi, la Basilicata dei fiumi e montagne e foreste che la Puglia non ha e la Puglia dei chilometri di costa, del sole belva, dell'aria levante che la Basilicata non ha. E non è senza senso che siano stati pugliesi oltre la metà dei visitatori assetati di bellezza alle recenti grandi mostre potentine, da De Chirico a Pinna a Modigliani che ha riempito di stupore anche Bari.
Che Puglia e Basilicata capiscano gli interessi comuni e si muovano di conseguenza, non si può dire. Pesano gli schieramenti politici a destra e sinistra. E pesa l'atavica maledizione meridionale alla dispersione delle forze. E se in questa «guerra del nucleare» il presidente pugliese Fitto non ha esitato nel sostegno al «no» del collega Bubbico, non si può dire che ci sia stata una mobilitazione conseguente. Gli industriali, le province, i sindacati. Ma non il peso che i parlamentari potrebbero buttare sulla bilancia. Ma che possono ancora sfoderare nella imminente votazione. E soprattutto alle viste di un federalismo che non vuol dare una lira di più a chi meno ha, ma non avverte l'impudicizia di voler dare la spazzatura di tutti a chi dovrebbe essere sostenuto e non danneggiato. Possiamo contarci, signori pugliesi, possiamo?
linopatruno@libero.it