Ricostruito l'assalto ai portavalori della Velialpol

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da: Gazzetta del Mezzogiorno  del 12 giugno 2001

 

Copertino
Ricostruito davanti a investigatori e inquirenti il terribile assalto ai portavalori della Velialpol, nel dicembre del '99
Di Emidio: «In sei nel commando della strage»
Il pentito tira in ballo il latitante sardo Marcello Ladu e due salentini

Né dodici né otto: sarebbero stati soltanto sei i componenti il commando armato di tutto punto, che la mattina del 6 dicembre di due anni fa, assaltò i due furgoni portavalori della «Velialpol», trucidando tre guardie giurate.
Tanto, almeno, avrebbe giurato agli inquirenti che lo stanno interrogando, Vito Di Emidio, l'ex super latitante della Sacra corona, arrestato solo pochi fa, e subito pentitosi.
Al procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia, Cataldo Motta, l'uomo avrebbe anche fatto i nomi dei componenti quel gruppo di fuoco, che agirono con fucili mitragliatori kalashnikov ed esplosivo, utilizzato per sventrare i due furgoni all'interno del quale erano contenuti tre miliardi in contanti, destinati alle banche della zona di Galatina.
Di Emidio si sarebbe dapprima accusato di aver organizzato la spettacolare quanto sanguinaria rapina, e di aver quindi guidato egli stesso l'assalto. Quanto ai complici, l'ex latitante sino a ieri inserito nell'elenco dei cento più pericolosi malviventi del Paese, avrebbe tirato in ballo il sardo trapiantato in una masseria di Nociglia, Marcello Ladu , 28 anni, latitante da due anni perché colpito da un ordine di carcerazione della Procura di Cagliari per associazione per delinquere finalizzata la traffico di droga, e poi gli altri isolani Gian Luigi De Pau e Pier Luigi Congiu, già sotto processo con l'accusa di concorso in omicidio plurimo.
Quanto agli altri due, si tratterebbe di un uomo residente in un paese poco distante da Casarano, e di un giovane residente invece in un paesino alle porte di Lecce. Di questi ultimi si sa che lo stesso Di Emidio avrebbe fatto i loro nomi in ordine ad altri eventi delittuosi verificatisi nel territorio comunale di Brindisi.
Oltre a fare i nomi, il nuovo collaboratore di giustizia, che da un momento all'altro dovrebbe beneficiare del programma di protezione che lo Stato riserva ai pentiti di mafia ed ai loro familiari, avrebbe anche spiegato a magistrato ed investigatori come venne organizzato il «colpo» che fruttò tre miliardi di lire, e le stesse modalità con cui venne messo a segno la mattina attorno alle ore 8 del 6 dicembre '99, sulla strada della «Grottella», che collega Copertino a San Donato.
Nomi e particolari dell'assalto sono coperti dal più stretto riserbo, ed a sentire gli inquirenti, anzi, Vito Di Emidio non solo non sarebbe ancora un collaboratore di giustizia ma starebbe per il momento riferendo soltanto episodi e circostanze ancora tutte da verificare.
Come tutte da verificare sarebbero le accuse nei confronti dei tre uomini indicati come gli assassini del tuturanese Giuseppe Scarcia, il cui cadavere Di Emidio ha fatto rinvenire ai carabinieri nelle campagne al confine con la provincia di Taranto. Si tratta dello stesso latitante Marcello Ladu, che nel Salento è per altro sospettato di aver partecipato ad alcune rapine, di Pasquale Tanisi, 40 anni, di Ruffano e di Antonio Tarantini, 28 anni, di Monteroni. A questi ultimi, assistiti rispettivamente dagli avvocati Alfredo Cardigliano e Massimo Bellini, sono stati notificati altrettanti «avvisi di garanzia», proprio in ordine al sequestro ed all'omidicio di Scarcia. E tanto al fine di rendere possibile l'autopsia, eseguita ieri.
E da verificare, ancora, sono le accuse rivolte contro i non meglio indicati assassini di Fernando D'Aquino e della moglie Barbara Toma, uccisi a Casarano il 5 marzo '98 e del padre e del fratello della donna, Cosimo e Fabrizio Toma, assassinati invece a Collepasso il 18 maggio dello scorso anno.