Intervento/
Antonio Malerba su Identità e territorio
«Un modello di sviluppo per il Nord Salento partendo dall'Europa»
La creazione di un
modello di sviluppo per l'area del Nord Salento deve partire da un
processo di analisi delle norme europee, ossia le peculiarità che
caratterizzano l'agire stessa della Ue nei confronti di tutti i soggetti
che la costituiscono localmente. Queste norme vengono percepite dai
cittadini come un prodotto della burocrazia di Bruxelles invece che
dalla azione comune dei governi democratici e del Parlamento Europeo.
Pertanto occorre una rivoluzione Copernicana che apra un pubblico
dibattito inserendosi in modo ascendente nel processo decisionale
europeo in modo da formulare attraverso un confronto tra aree omogenee
siano consorzi di comuni e provincie, subregioni o regioni o altro
ancora, soggetti istituzionali e non, di concerto con la politica
nazionale, per formare una rete di collegamenti che possa essere momento
di autopropulsione e rispetto della istanze dei singoli cittadini.
I famosi tre pilastri, insomma occorre realizzarli partendo dal basso ,
coinvolgendo tutti gli attori sociali ed economici comprese le autorità
nazionali regionali locali e le parti sociali assumendosi appieno le
proprie responsabilità nell'ambito del rispettivo campo di attività.
Si vuole quindi creare una regione di regione per il Salento? La sub
regione come concetto è il frutto della politica di sviluppo regionale
comunitaria che pragmaticamente individua le aree omogenee con criteri
socio economici oltre che con quelli amministrativi. Ma questi criteri,
questi modelli regolativi locali, come qualcuno li definisce possono
operare in un piano complesso e complessivo di riordino costituzionale
che parta anche da un federalismo a costituzione invariata, ma
sicuramente non si risolva solo in questo processo. Non sono pochi
coloro che già parlano di regione di regioni per descrivere il Salento.
Il Nord Salento è area omogenea che corre un serio rischio, quella di
venire completamente cancellata culturalmente ed economicamente .
Per impedire ciò occorre rimarcare l'identità culturale e geografica
attraverso tutto una serie di accordi di natura giuridica pubblica e
privata che tengano ad esaltare un idem sentire sociale.
Quello più grave è quello di chi volesse, ponendosi fuori di un'ottica
europea, coltivare il proprio "orticello", utilizzando il
forte strumento degli aiuti comunitari solo per faraonici progetti
scopiazzati, magari, da qualche regione montana pur di attivare qualche
opera pubblica.
Costoro privi di qualunque progettualità ricalcano il modo becero un
vecchi modo di fare politica, in cui il miracolo era riuscire a fare
"qualcosa", qualunque cosa sperperando risorse comunitarie e
locali facendo pagare per decenni le loro scelte scellerate prive di
ogni collegamento con realtà, e con le realtà circostanti. Il sud ha
diversi problemi, sicuramente tra i più gravi la mancanza di
infrastrutture e di opere necessarie per consentire di rendere simili il
Nord Europa ai vari sud. Costruire opere solo per un comune o per una
limitata realtà non solo è sperpero che va perseguito nelle opportune
sedi, ma anche quando il progetto "fattibile" come si dice in
gergo tecnico occorre valutare se sia politicamente e socialmente
sostenibile e per fare questo si necessita di un confronto con altri
progetti simili che vengono realizzate nelle macroaree. Per questo è
quanto mai necessario creare un " cenacolo", in cui tutti
indipendentemente da ogni riferimento partitico possono essere accolti e
contribuire con le proprie idee e progetti a modificare in senso
collettivo, magari sganciati da un'ottica prettamente burocratico
istituzionale, l'intero assetto sociale ed economico. L'apertura non
deve essere solo orizzontale, tra comuni o altri enti territoriali, ma
anche verticale, deve coinvolgere le associazioni tutte, espressioni del
territorio, le banche che voglio privilegiare uno sviluppo locale, le
università ove presenti, le imprese, fino al singolo cittadino. Solo in
quest'ottica infatti, ci si può sviluppare senza attendere che
dall'alto, chissà poi chi, agisca per noi. Questo, ma anche molti altri
problemi saranno dibattuti nell'aula consigliare di Trepuzzi il 12, 13
aprile con un coordinamento da parte della Gazzetta del Mezzogiorno di
Lecce insieme a radio fax. Il progetto è importante non solo per il
coinvolgimento di 18 comuni, almeno in fase iniziale, ma perché si
comincia a prodursi quella cultura europea che sarà alla base dello
sviluppo socio economico del Salento. Parlare di partenza sbagliata è
un grosso errore di natura politica, vuol dire non saper cogliere la
novità che è propria ed insita delle reti associative. Qui non bisogna
inventarsi un'identità come qualcuno sostiene ma occorre riscoprirla,
ribadirla sostenerla questo è il compito di tutti le istituzioni, delle
semplici associazioni e dei cittadini tutti. L'obbiettivo non è andare
oltre lo Stato e oltre il mercato, ma oltre gli schematismi culturali e
personali per la formazione di un cittadino europeo conscio delle sue
origini e tradizioni, proiettato verso un futuro e ben cosciente della
sua identità.
Antonio Malerba
(presidente Centro Studi Europeo «Antonio de Viti De Marco»
di Veglie; cse.a.devitidemarco@libero.it)
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