Risultati
preoccupanti dagli ulteriori prelievi effettuati dal Presidio multizonale
nel camping di Sant'Isidoro. In vertiginoso aumento la presenza di
coliformi
A rischio
l'acqua della falda: inquinamento alle stelle
Atteso
per oggi l'esito delle rilevazioni su altre due strutture ricettive a nord
di Porto Cesareo
Si aggrava l'inquinamento delle acque del sottosuolo
lungo le coste del Salento. Le autorità sanitarie invitano a non fare
allarmismo, ma l'utilizzo dell'acqua in alcuni insediamenti turistici
dello Jonio continua a riservare rischi per i villeggianti. Prelievi
effettuati a distanza di qualche giorno nel camping di Sant'Isidoro (dove
una cinquantina di turisti sono rimasti vittima di un'intossicazione)
hanno fatto registrare un notevole aumento della presenza di coliformi:
dai 350 in cento centimetri cubi di acqua del primo campionamento sono
saliti a circa 900.
E ieri, al Presidio multizonale di prevenzione di Lecce, sono iniziate le
analisi di altri campioni d'acqua prelevati in due strutture ricettive a
nord di Porto Cesareo. Oggi se ne dovrebbero conoscere i risultati. I
tecnici non escludono nessuna ipotesi, compresa la presenza di salmonella
che, data la sua incostanza - fanno sapere - potrebbe comparire senza
preavviso. Normali controlli, per definire - è stato sottolineato - una
mappatura di eventuali aree inquinate. Sotto accusa i pozzi per gli usi
domestici dei numerosi insediamenti stagionali lungo le coste salentine.
«Ci sentiamo di escludere l'origine virale di eventuali presenze
nell'acqua - dicono i tecnici - e si può stare tranquilli anche per
l'epatite A; potrebbe invece trattarsi di ceppi patogeni dell'"escherichia
coli", ancora peggiori di quelli rilevati nel camping di Sant'Isidoro».
Il meccanismo perverso è sempre lo stesso: dalle fosse biologiche, al
servizio delle numerose abitazioni civili sorte quasi tutte abusivamente,
fuoriescono liquami a forte carica inquinante, che si disperdono nel
terreno, si convogliano in piccoli rivoli e raggiungono la falda. In
questo modo l'acqua inquinata va a finire nei pozzi da dove viene
prelevata per i diversi usi. Nel Salento esistono circa 170mila pozzi, dei
quali il Genio civile ne ha censiti non più di 25mila. «La maggior parte
delle comunicazioni dell'esistenza dei pozzi sono giunte dopo la legge
regionale dell'85, che ne consentiva la realizzazione per usi domestici -
spiegano i tecnici del Genio civile di Lecce - senza precisare però, né
il quantitativo di acqua che si poteva prelevare, né l'uso a cui era
destinata. Non si pagava alcun canone, purché utilizzata per innaffiare
gli ortaggi. La legge prevede però - precisano i tecnici - che l'acqua
non può essere destinata al consumo umano o per uso igienico-sanitario».
Una distinzione importante, che non ammette ignoranza da parte degli
utilizzatori. Nel '99 un'altra legge regionale dichiara che le acque del
sottosuolo sono pubbliche e introduce un canone annuo. Fino a sette ettari
di terreno irriguo si pagano 2,5 euro (cinquemila lire); per estensioni
superiori si pagano 640 lire per ettaro da coltivare. Nel '93 un decreto
legislativo impone a tutti di denunciare al Genio civile e alla Provincia,
cui spettano i controlli, gli aspetti tecnici, la detenzione dei pozzi, a
qualsiasi titolo, anche se non utilizzati.
Un «flop» completo. Una serie di proroghe dal '93 al '95 suggerisce di
riaprire i termini nel '98, fino al giugno del 2002, quando i tempi per le
denunce sembrano definitivamente chiusi. «All'ufficio sono pervenute poco
meno di 25mila denunce - riferiscono dal Genio civile - compresi quei
pozzi che erano già autorizzati prima del '93». E si arriva al decreto
152 del '99 che fissa al giugno del 2002 il termine ultimo per la
richiesta di concessione all'emungimento di acqua. Per monitorare lo stato
della falda, sempre più compromesso dall'immissione di reflui, il decreto
prevede la realizzazione, nelle vicinanze del pozzo, di un altro
pozzetto-spia, incamiciato a tenuta, dal quale si prelevano campioni da
analizzare, a diverse profondità. In pratica, il decreto 152, manda in
pensione i vecchi pozzi di assorbimento dei reflui. Adesso è vietato
immettere in falda qualsiasi tipo di liquido. Recentemente, i comuni di
Ugento e di Presicce, dopo i noti fatti di inquinamento doloso, hanno
pensato di dotarsi di pozzi di monitoraggio. Le sanzioni sono pesanti: due
milioni di lire per il proprietario e cinque milioni per il trivellatore.
Nonostante tutto, nella zona di Porto Cesareo, per esempio, con tre
milioni alla consegna, si realizzano pozzi «chiavi in mano».
Manca un puntuale monitoraggio, che dovrebbe essere effettuato - ha
sollecitato il sindaco di Porto Cesareo, Luigi Fanizza - dalla Provincia.
«Noi abbiamo solo un controllo amministrativo sugli atti che pervengono -
fanno sapere dall'Ufficio ambiente di via Miglietta - ma il primo
controllo, sul territorio, deve essere effettuato dai vigili urbani e
dagli organi tecnici del Comune. Non a caso la legge individua - si
precisa - il Genio civile e il Comune fra le istituzioni destinatarie
delle comunicazioni».
Intanto nel Salento si procede nell'emergenza ambientale gestita dal
commissario straordinario Raffaele Fitto. Almeno il 40 per cento dei 97
comuni salentini non dispone di rete fognante dinamica e il restante 60
per cento non riesce a servire tutto il proprio territorio. A luglio
scorso il presidente Fitto ha autorizzato allo scarico in falda i comuni
di Castrignano del Capo, Gallipoli, Morciano e Supersano. Numerosi altri
comuni invece, operano in regime di proroga. Alezio, Aradeo, Campi,
Cannole, Cursi, Cutrofiano, Galatina, Matino, Novoli e altri, sono
autorizzati a scaricare in falda fino al 16 giugno del 2004. Deroga anche
per i vecchi impianti dell'Acquedotto pugliese, che possono versare in
falda i reflui degli insediamenti civili, purchè i parametri inquinanti
rientrino nella tabella 4. Poggiardo e Squinzano e Maglie sono gli unici
che possono scaricare nel canale Asso, dichiarato di portata torrentizia
significativa (per la presenza di acqua per più di 120 giorni l'anno). Il
decreto che vieta di scaricare in falda i reflui provenienti dagli
insediamenti urbani ha di fatto «bloccato» la realizzazione della rete
fognante di molti comuni. Per il depuratore di Porto Cesareo per esempio,
in via di costruzione nella zona della Strea, si pone il problema del
recapito finale in mare, dal momento che dal '97 il tratto di costa da
Torre Inserraglio a Punta Prosciutto, rientra nel Parco marino.
Cosa fare? Si tratta di problemi complessi, ma che non si risolvono
sicuramente voltandosi dall'altra parte o giocando allo scricabarile sui
controlli. Perché se si continua così, i villeggianti costretti a
ricorrere alle cure del medico saranno sempre più numerosi e i turisti
che scelgono il Salento sempre di meno.
Cesare Mazzotta
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