coliformi nel camping di sant'isidoro?

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da: Gazzetta del Mezzogiorno, 28 agosto 2002 * "Gazzetta"

 

Risultati preoccupanti dagli ulteriori prelievi effettuati dal Presidio multizonale nel camping di Sant'Isidoro. In vertiginoso aumento la presenza di coliformi
A rischio l'acqua della falda: inquinamento alle stelle
Atteso per oggi l'esito delle rilevazioni su altre due strutture ricettive a nord di Porto Cesareo

Si aggrava l'inquinamento delle acque del sottosuolo lungo le coste del Salento. Le autorità sanitarie invitano a non fare allarmismo, ma l'utilizzo dell'acqua in alcuni insediamenti turistici dello Jonio continua a riservare rischi per i villeggianti. Prelievi effettuati a distanza di qualche giorno nel camping di Sant'Isidoro (dove una cinquantina di turisti sono rimasti vittima di un'intossicazione) hanno fatto registrare un notevole aumento della presenza di coliformi: dai 350 in cento centimetri cubi di acqua del primo campionamento sono saliti a circa 900.
E ieri, al Presidio multizonale di prevenzione di Lecce, sono iniziate le analisi di altri campioni d'acqua prelevati in due strutture ricettive a nord di Porto Cesareo. Oggi se ne dovrebbero conoscere i risultati. I tecnici non escludono nessuna ipotesi, compresa la presenza di salmonella che, data la sua incostanza - fanno sapere - potrebbe comparire senza preavviso. Normali controlli, per definire - è stato sottolineato - una mappatura di eventuali aree inquinate. Sotto accusa i pozzi per gli usi domestici dei numerosi insediamenti stagionali lungo le coste salentine. «Ci sentiamo di escludere l'origine virale di eventuali presenze nell'acqua - dicono i tecnici - e si può stare tranquilli anche per l'epatite A; potrebbe invece trattarsi di ceppi patogeni dell'"escherichia coli", ancora peggiori di quelli rilevati nel camping di Sant'Isidoro».
Il meccanismo perverso è sempre lo stesso: dalle fosse biologiche, al servizio delle numerose abitazioni civili sorte quasi tutte abusivamente, fuoriescono liquami a forte carica inquinante, che si disperdono nel terreno, si convogliano in piccoli rivoli e raggiungono la falda. In questo modo l'acqua inquinata va a finire nei pozzi da dove viene prelevata per i diversi usi. Nel Salento esistono circa 170mila pozzi, dei quali il Genio civile ne ha censiti non più di 25mila. «La maggior parte delle comunicazioni dell'esistenza dei pozzi sono giunte dopo la legge regionale dell'85, che ne consentiva la realizzazione per usi domestici - spiegano i tecnici del Genio civile di Lecce - senza precisare però, né il quantitativo di acqua che si poteva prelevare, né l'uso a cui era destinata. Non si pagava alcun canone, purché utilizzata per innaffiare gli ortaggi. La legge prevede però - precisano i tecnici - che l'acqua non può essere destinata al consumo umano o per uso igienico-sanitario». Una distinzione importante, che non ammette ignoranza da parte degli utilizzatori. Nel '99 un'altra legge regionale dichiara che le acque del sottosuolo sono pubbliche e introduce un canone annuo. Fino a sette ettari di terreno irriguo si pagano 2,5 euro (cinquemila lire); per estensioni superiori si pagano 640 lire per ettaro da coltivare. Nel '93 un decreto legislativo impone a tutti di denunciare al Genio civile e alla Provincia, cui spettano i controlli, gli aspetti tecnici, la detenzione dei pozzi, a qualsiasi titolo, anche se non utilizzati.
Un «flop» completo. Una serie di proroghe dal '93 al '95 suggerisce di riaprire i termini nel '98, fino al giugno del 2002, quando i tempi per le denunce sembrano definitivamente chiusi. «All'ufficio sono pervenute poco meno di 25mila denunce - riferiscono dal Genio civile - compresi quei pozzi che erano già autorizzati prima del '93». E si arriva al decreto 152 del '99 che fissa al giugno del 2002 il termine ultimo per la richiesta di concessione all'emungimento di acqua. Per monitorare lo stato della falda, sempre più compromesso dall'immissione di reflui, il decreto prevede la realizzazione, nelle vicinanze del pozzo, di un altro pozzetto-spia, incamiciato a tenuta, dal quale si prelevano campioni da analizzare, a diverse profondità. In pratica, il decreto 152, manda in pensione i vecchi pozzi di assorbimento dei reflui. Adesso è vietato immettere in falda qualsiasi tipo di liquido. Recentemente, i comuni di Ugento e di Presicce, dopo i noti fatti di inquinamento doloso, hanno pensato di dotarsi di pozzi di monitoraggio. Le sanzioni sono pesanti: due milioni di lire per il proprietario e cinque milioni per il trivellatore. Nonostante tutto, nella zona di Porto Cesareo, per esempio, con tre milioni alla consegna, si realizzano pozzi «chiavi in mano».
Manca un puntuale monitoraggio, che dovrebbe essere effettuato - ha sollecitato il sindaco di Porto Cesareo, Luigi Fanizza - dalla Provincia. «Noi abbiamo solo un controllo amministrativo sugli atti che pervengono - fanno sapere dall'Ufficio ambiente di via Miglietta - ma il primo controllo, sul territorio, deve essere effettuato dai vigili urbani e dagli organi tecnici del Comune. Non a caso la legge individua - si precisa - il Genio civile e il Comune fra le istituzioni destinatarie delle comunicazioni».
Intanto nel Salento si procede nell'emergenza ambientale gestita dal commissario straordinario Raffaele Fitto. Almeno il 40 per cento dei 97 comuni salentini non dispone di rete fognante dinamica e il restante 60 per cento non riesce a servire tutto il proprio territorio. A luglio scorso il presidente Fitto ha autorizzato allo scarico in falda i comuni di Castrignano del Capo, Gallipoli, Morciano e Supersano. Numerosi altri comuni invece, operano in regime di proroga. Alezio, Aradeo, Campi, Cannole, Cursi, Cutrofiano, Galatina, Matino, Novoli e altri, sono autorizzati a scaricare in falda fino al 16 giugno del 2004. Deroga anche per i vecchi impianti dell'Acquedotto pugliese, che possono versare in falda i reflui degli insediamenti civili, purchè i parametri inquinanti rientrino nella tabella 4. Poggiardo e Squinzano e Maglie sono gli unici che possono scaricare nel canale Asso, dichiarato di portata torrentizia significativa (per la presenza di acqua per più di 120 giorni l'anno). Il decreto che vieta di scaricare in falda i reflui provenienti dagli insediamenti urbani ha di fatto «bloccato» la realizzazione della rete fognante di molti comuni. Per il depuratore di Porto Cesareo per esempio, in via di costruzione nella zona della Strea, si pone il problema del recapito finale in mare, dal momento che dal '97 il tratto di costa da Torre Inserraglio a Punta Prosciutto, rientra nel Parco marino.
Cosa fare? Si tratta di problemi complessi, ma che non si risolvono sicuramente voltandosi dall'altra parte o giocando allo scricabarile sui controlli. Perché se si continua così, i villeggianti costretti a ricorrere alle cure del medico saranno sempre più numerosi e i turisti che scelgono il Salento sempre di meno.

Cesare Mazzotta