«Rosa
dei venti»
Si è costituito a mezzanotte Massimo
Catanzano, di Veglie
Già in carcere il
latitante
Solo professioni d'innocenza
dai primi interrogatori
E già dietro le
sbarre uno dei due latitanti dell'operazione «Rosa dei venti», messa a
segno l'altra mattina all'alba dai carabinieri della Compagnia di Campi
Salentina, con ventisei arresti (otto assegnati ai «domiciliari»)
per concorso nella detenzione a fine di spaccio di cocaina.
Massimo Catanzano, 23 anni, di Veglie,
accompagnato dal suo legale, l'avvocato Salvatore Musco,
ieri attorno alla mezzanotte si è costituito nella caserma del suo stesso
paese. Stando a quanto è dato di sapere, ai militari avrebbe dichiarato
di aver appreso solo al rientro a casa che i carabinieri lo cercavano.
Come che sia, sbrigate le formalità di rito, il giovane è stato
trasferito in una cella del carcere di Borgo San Nicola, dove forse oggi
stesso verrà interrogato dal giudice delle indagini preliminari, Ercole
Aprile.
Ieri intanto, nello stesso carcere, sono stati sentiti i quindici
ammanettati l'altra mattina (gli altri tre, Eliano Sabetta e
Cosimo Albano e Maria Rosy Swharz,
marito e moglie, verranno ascoltati per rogatoria in Veneto).
Stando a quanto è dato di sapere, quasi tutti avrebbero risposto alle
domande del giudice, ma solo per prendere le distanze dalle accuse
contenute nell'ordinanza realizzata sulla scorta del lavoro di indagine
coordinato dal sostituto procuratore Silvio Maria Piccinno.
Quanto a Francesco Campobasso, detto Franco, il leccese
residente a Surbo che avrebbe portato le prostitute ai «festini»
a base di cocaina e sesso tenuti a Lecce, Porto Cesareo e
Salice Salentino, avrebbe dichiarato di aver sì avuto a
che fare con ragazze italiane e straniere, ma solo per spettacoli
organizzati legalmente. Stessa risposta avrebbe fornito Salvatore
Nobile, di Lecce, che quei «festini» avrebbe organizzato,
portando la droga fornitagli dall'altro latitante, Cosimo Faggiano,
di Mesagne.
Altri come Luigi Quarta, di Arnesano (difeso
dall'avvocato Antonio Savoia), avrebbero invece risposto
di aver avuto a che fare con la cocaina solo per uso personale.
Da parte sua, invece, Mimmo Petrelli (assistito
dall'avvocato Paolo Spalluto), il titolare della sala
giochi Free bickers finita sotto sequestro, avrebbe affermato di
aver assistito, in qualche occasione, allo scambio di droga tra i giovani
che frequentavano il suo locale, compresi i tossicodipendenti che hanno
dato una mano alle indagini, ma di non aver mai spacciato.
Della facoltà di non rispondere, infine, si sarebbero avvalsi i due
presunti capi del gruppo, i fratelli Sandro e Tony
Saponaro, di Magliano , che sono invece difesi
dall'avvocato Luigi Piccinni.
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