SEGNALI ALLARMANTI torna...
del prof. Antonio Greco
Sabato 21 ottobre 2000
"La nave è in mano al cuoco di bordo
e ciò che trasmette il megafono del comandante
non è più la rotta,
ma ciò che mangeremo domani".
(dal Diario di S. Kierkegaard)
Le dimissioni del Sig. Lucio Mello da consigliere comunale di maggioranza non
meriterebbero attenzione se non fosse per alcune circostanze che impongono una lettura
che vada oltre una legittima scelta individuale.
Non capiremmo molto del caso se ci fermassimo a notare i cambiamenti dei rapporti di geografia personale all'interno della maggioranza
(più vicino a uno o più lontano da un altro) né se volessimo spiegare le dimissioni con le tensioni caratteriali
che pure ci sono all'interno della maggioranza ma che non mancano in ogni gruppo
umano.
Il tempo, il motivo ufficiale e quello sussurrato ci aiutano a dare una lettura
più ampia e più politica delle dimissioni.
Il sei ottobre non è lontano nemmeno sei mesi dal 16 aprile 2000 in cui il sig.
Mello è stato eletto con 239 voti. 239 persone che delegano i loro diritti a una persona
che era stata già candidata nel 1993, che conosce bene la macchina amministrativa,
locale e non, per le frequentazioni quasi quotidiane con esse. Ha fatto una campagna
elettorale con entusiasmo, con dispendio di energie e di non poco denaro. Con promesse, promesse, promesse....! Cosa
è potuto cambiare in così poco tempo, cosa ha visto, sperimentato, saputo che non si aspettava o che non sapeva? Lo sapranno mai i
suoi elettori?
"La vita amministrativa non si addice a chi ha un'azienda e a chi lavora in proprio". E' il motivo ufficiale.
Solo un lavoratore dipendente o un disoccupato può fare vita amministrativa? In molti
c'è questa convinzione, ma non ho dubbi nel dire che non è una convinzione fondata,
soprattutto per chi deve svolgere solo il ruolo di consigliere. E ciò sia perché con la
legge 265/99 il legislatore ha rivisitato notevolmente la normativa sulle
indennità degli amministratori, sia perché non mancano esperienze anche positive di consiglieri
comunali che sono lavoratori autonomi e impresari di notevole impegno.
Nel nostro caso e a Veglie il problema non si pone nei suddetti termini generali
ma nasce da una convinzione radicata in molti rappresentanti della piccola, media o
grande industria locale: paga di più il controllo indiretto delle istituzioni
anziché quello diretto; in quest'ultimo caso bisogna esporsi alla prova del voto degli elettori,
all'impegno diretto per chi ti ha votato, al servizio anche di chi ti può votare. Per molti
industrialotti locali paga di più, nel rapporto con l'istituzione-Comune, far firmar a
qualche altro, anche con pressioni di qualsiasi genere, che esporsi in prima persona.
"Non ne posso più di richieste di lavoro, lavoro, lavoro, posti di lavoro nella mia
azienda". E' il motivo sussurrato delle dimissioni.
Veglie è un paese, come tanti del sud, con una modernizzazione squilibrata, e quindi
con tanti problemi soprattutto in tema di occupazione. Ma anche con la tendenza a voler
raggiungere un buon grado di autonomia nella soluzione di essi senza protezioni clientelari, promesse fantasiose o attese miracolistiche. Nella dinamica di questo
sviluppo moderno tra dipendenza ed autonomia sono emerse due relazioni cruciali:
quella con la legge e quella con il denaro. Per molti vegliesi la legge e le regole sono
vincoli impropri da cui liberarsi o da saltare a piè pari; il denaro (come la "roba" dei
Malavoglia verghiani) è da considerare non più frutto del proprio giusto lavoro ma
frutto di rapina, appropriazione privata di beni pubblici, evasione o sommerso.
Le votazioni del 16 aprile 2000 sono piombate come un macigno nel bel mezzo di questo processo e hanno reso visibile un conflitto tra i tanti vegliesi che spingono verso
l'autonomia e i tanti vegliesi che spingono verso la dipendenza.
Il consigliere Mello è stato tra coloro che ha spinto verso la dipendenza,
perché lui stesso dipendente! E' il primo caduto sotto il peso delle sue stesse promesse e delle sue
stesse protezioni.
Non so se il ragionamento si può estendere a tutta la maggioranza e cioè non so
dire se questa maggioranza sta lavorando per portare il paese all'autonomia o sempre di
più alla dipendenza esterna e/o di chi detiene le leve del potere locale. Sei mesi sono
pochi ma i segnali sono allarmanti e preoccupanti. Né si intravedono orizzonti nitidi
anche se lontani. Mi sovviene una frase di Soren Kierkegaard, scritta nel suo Diario
più di un secolo fa per fotografare, meglio di tante mie parole, la nostra situazione
amministrativa:
"La nave è in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante
non è più la rotta, ma ciò che mangeremo domani".