Il
Codice da Vinci,Thriller
di Dan Brown. Ed. Mondadori Omnibus, 2003, 532 pagine.
Da qualche giorno ho terminatola lettura
del Codice da Vinci, di D. Brown. Si tratta di un giallo, un
thriller americano, che è riuscito a trovare l'argomento giusto per far
parlare di sè: la religione cristiana. Il resto degli argomenti presenti
nel testo sono arcinoti (Leonardo da Vinci, la ricerca del Graal o del
Gradale - come lo chiama U. Eco nel suo Baudolino-, gli scritti
apocrifi, la simbologia precristiana,... insomma ha creato un miscuglio
completo di tutto ciò che è leggenda-storia-mistero-falsità.
Il problema
di fondo è che gioca sull'ignoranza di molte persone su questi
argomenti, tanto da mettere in crisi chi non ha un po' di basi. Non
occorre molta cultura per capire che ci troviamo di fronte ad un
semplice giallo dagli improvvisi colpi di scena (anche se alla fine
questi colpi di scena cominciano ad essere alquanto prevedibili). Dalla sua ha che parte da personaggi e
da situazioni realmente esistite o esistenti (come l'Opus Dei, anche se
lui parla di un'altra Opus Dei, i
templari, le crociate, ecc...) sulle quali costruisce la sua storia
fantastica (nel letterale senso della parola).
Si sono scomodati in molti a perorare la causa del cristianesimo contro
questo testo, forse in modo anche esagerato, perché - lo ripeto - non
occorre molta cultura per rendersi conto di diversi errori voluti o
ignorati, e anche di diverse affermazioni a dir poco ridicole.
Da sempre, chi ha voluto "scandalizzare" o far parlare di sè, ha messo
sul piatto argomenti religiosi, se a questo aggiungiamo che se ne sta
per fare un film diretto da Ron Haward (quindi la pubblicità sul libro
serve ancora di più), se aggiungiamo che Repubblica lo ha "bruciato" a
pochi euro (meno di 6 euro insieme a Repubblica), lo scenario si fa
ancora più chiaro.
Io voglio aggiungere
solo qualcosa a quanto già ha affermato addirittura
Massimo Introvigne, uno dei massimi esponenti, a livello mondiale,
delle religioni, il quale ha anche messo in linea delle FAQ proprio sul
Codice da Vinci.
La mia opinione è che l'autore, si aspettasse tutto questo, ma... la
fama sembra non avere prezzo: l'importante, come spesso accade
ultimamente, è che se ne parli, in bene o in male, ma che se ne parli.
Anche al costo di favorire un mucchio di sciocchezze o di falsità
storiche e religiose; è il famoso fine che giustifica i mezzi.
Uno dei maggiori
falsi è l'affermazione che i Cristiani hanno riconosciuto Gesù come Dio
soltanto dopo il Concilio di Nicea, del 325, voluto da Constantino. E'
vero che quel Concilio, come tutti i primi 7 grandi concili ecumenici,
sono stati presieduti da imperatori (ma questo ha a che fare con il
concetto che avevano gli imperatori orientali nei riguardi della
religione, non dimentichiamo che erano chiamati Pontefici Massimi!). Ma
non è vero che Gesù Cristo è riconosciuto come Dio dal 325 in poi.
Addirittura, la testimonianza di questo non la troviamo solo negli
scritti cristiani del Nuovo Testamento, ma anche in documenti non
cristiani.
Siamo in piene persecuzioni romane contro i cristiani,
ordinate da Nerone nel 64 d.C. Plinio il Giovane (63-113 circa d.C.), è
il governatore romano della Bitinia (Asia Minore), scrive all'imperatore
Traiano chiedendogli consiglio su come comportarsi verso i cristiani
quando questi vengono portati davanti ai tribunali. Nella lettera c'è un
passo interessante: "Erano soliti [i cristiani] radunarsi in un
giorno stabilito, all'alba, per inneggiare a Cristo che essi
consideravano come loro Dio..." (Plinio il Giovane, Epistola X,
96).
Brown parla della
Bibbia, e del Nuovo Testamento in particolare, come di un "falso
storico". Conviene leggere queste parole di F.F. BRUCE in "Documento
del Nuovo Testamento": "Forse possiamo meglio apprezzare la
ricchezza dei manoscritti neotestamentari che abbiamo, paragonandoli a
quelli di altre opere antiche. Per il De bello gallico di Cesare,
composto tra il 58 ed il 50 a.C., abbiamo parecchi manoscritti, ma solo
nove o dieci sono buoni e il più antico fu copiato novecento anni dopo
Cesare!
Dei 142 libri della Storia di Roma di Tito Livio (59 a.C. - 17
d.C.) ce ne restano trentacinque, in venti manoscritti di qualche
valore, uno solo dei quali (con frammenti dei libri 3-6) risale al
secolo IV.
Dei quattordici libri delle Storie di Tacito (verso il 100 d.C.)
ci sono giunti solo quattro libri e mezzo; dei sedici libri dei suoi
Annali ne restano dieci e qualche brano di altri due. Il testo di
queste due grandi opere storiche dipende interamente da due manoscritti,
uno del secolo IX, l'altro dell'XI. I manoscritti di altre sue opere
minori (Dialogo degli oratori, Agricola, Germania) derivano tutti
da un codice del secolo X.
Le Storie di Tucidite (circa 460-400 a.C.) ci è giunta in otto
manoscritte, il più antico dei quali risale al secolo X, e in alcuni
frammenti di papiro che appartengono all'inizio dell'èra cristiana.
Lo stesso vale per le Storie di Erodoto (circa 488-428 a.C.).
Eppure nessuno studioso di letteratura classica si permetterebbe di
mettere in dubbio l'autenticità di Erodoto o di Tucidite solo perché i
manoscritti delle loro opere che ci possono interessare furono scritti
1300 anni dopo gli originali (quindi il confronto non può assolutamente
avvenire con gli originali, ma con copie successive di 1300 anni, ndr.)
Sotto questo aspetto è infinitamente migliore la situazione del Nuovo
Testamento. Oltre ai due eccellenti manoscritti del IV secolo - i più
antichi dei moltissimi che conosciamo - ci restano frammenti
notevoli di copie di papiro di libri del Nuovo Testamento che risalgono
a cento o duecento anni prima. I papiri Chester Beatty, la cui esistenza
fu resa pubblica nel 1931, sono costituiti da frammenti di undici codici
di papiro, tre dei quali contengono la maggior parte degli scritti
neotestamentari. Uno di questi codici, con i quattro Vangeli e gli Atti,
appartiene alla prima metà del III secolo (non dimentichiamo che i
Vangeli sono stati scritti alla fine del I secolo, ndr!). Un altro, con
le lettere di Paolo e la lettera agli Ebrei, fu copiato all'inizio del
III secolo; il terzo, che contiene l'Apocalisse, appartiene alla seconda
metà dello stesso secolo. Ancora più antico è il frammento di un codice
di papiro che contiene Giovanni 18, 31-33.37ss, custodito nella
biblioteca John Rylands di Manchester; in base a prove paleografiche si
può farlo risalire al 130 d.C.".
Aggiungo io, che il
Nuovo Testamento si trova comunque in codici molto vicini a quando sono
stati redatti. Non dimentichiamo che i Vangeli e le Lettere di san Paolo
e quelle canoniche di altri apostoli, sono state redatte quando ancora
erano vivi molti testimoni oculari degli avvenimenti che essi
raccontano!
Abbiamo moltissimi manoscritti per studiare il Nuovo Testamento nel
testo greco originale. Un elenco recente enumera circa 90 papiri (sono
quindi, di solito, gli scritti più antichi), 260 manoscritti unciali
(scritti in lettere greche maiuscole, di solito su pelle); più di 2700
manoscritti minuscoli (con lettere greche corsive, di solito posteriori
agli unciali). Ci sono inoltre più di 2200 lezionari manoscritti. La
maggior parte di essi risale al massimo all'VIII secolo. Il manoscritto
più famoso è il Codice Sinaitico, che risale al IV secolo; dello stesso
periodo è il Codice Vaticano, privo però di alcune pagine alla fine del
Nuovo Testamento.
Concludendo, possiamo dire che la Bibbia, e il Nuovo Testamento in
particolare, sia uno dei libri che meno di tutti può definirsi un falso
storico.
N.B. Con codice si
intende una specie di libro simile ai nostri, ottenuto rilegando insieme
le pagine. Il Codice Sinaitico, per esempio, è scritto su pergamena,
cioè su pelle di pecora o capra, seccata e lucidata con pietra pomice.
Per preservare questi preziosi manoscritti si usano tecniche raffinate.
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