Alba nel deserto (Desert Dawn)

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da: Claudio Penna, 9 novembre 2002 * "Libri"

 

Waris Dirie: "Alba nel deserto"ALBA NEL DESERTO (Desert Dawn)
di WARIS DIRIE con Jeanne D'Haem 
–Garzanti Libri s.p.a., 2002-

Il racconto del viaggio della famosa modella Waris Dirie alla ricerca della propria famiglia e, soprattutto, delle proprie radici. Dirie è somala, si sente somala, la vita a Londra e a New York non è riuscita a trasformare il suo intimo,  la sua anima; nonostante le notizie alquanto allarmanti provenienti dalla Somalia, intraprende un lungo e rischioso viaggio alla ricerca della sua famiglia, della forza interiore di sua madre; dell'orgoglio terribile/amabile di suo padre. Rispettosa delle sue tradizioni, degli insegnamenti del suo Aba (padre) e di sua madre si schiera comunque coraggiosamente contro alcuni aspetti negativi della cultura somala, primo fra tutti quello dell'infibulazione: una pratica non riportata in alcun Corano ma fortemente praticata alle donne del popolo somalo. Dal 1997 è stata nominata ambasciatrice delle Nazioni Unite per i diritti delle donne africane, nell'ambito dell'impegno dell'ONU per l'abolizione della pratica della mutilazione genitale femminile.

Un tabù, questo come tanti altri ancora, del quale i componenti delle famiglie somale - famosi per la loro loquacità - non parlano affatto. Waris dimostra una sensibilità incredibile, trova  il coraggio di schierarsi contro queste terribili tradizioni non solo in Occidente, dove lei stessa afferma che è facile parlare, ma anche direttamente tra il suo popolo somalo. 

"Ha anche fondato l'associazione Desert Dawn, un'organizzazione non a scopo di lucro la cui semplice ma profonda missione è quella di garantire ai bambini somali una migliore assistenza medica e istruzione, nonché maggiori opportunità. Desert Dawn si impegnerà a livello di base per aiutare chiunque condivida la speranza di Waris in una Somalia nuova, in cui la carestia, le epidemie e la violenza non minaccino più di distruggere le vite e i sogni dei bambini".

La madre di Waris, una donna che possedeva solo il vestito che aveva addosso, una capanna realizzata con pelli cucite con fili di erba e coperta con lamiere trovate per strada per evitare che l'acqua bagnasse tutto (acqua che ovviamente e comunque bagnava tutto l'interno) ed una sola stuoia per lettino dice a Waris che vuole portarla con sé a New York: «Waris, sono troppo vecchia per affrontare quei paesi. Ho detestato Abu Dhabi quando ci sono rimasta per tua sorella. Ho visto quintali di gioielli d'oro e un grosso albero tutto d'oro. Poi guardi per strada e vedi bambini piccoli rosicchiare ossa e morire di fame, malati e senza cure. Non posso vivere in posti del genere [...] Non mi è piaciuta Abu Dhabi, che è per molti versi simile a qui. Lì fa caldo come in Africa, la gente prega cinque volte al giorno, anche se non lo fa con il cuore. Come farebbero, sennò, a passare davanti a quei bambini affamati, senza nemmeno accorgersene?»

Come facciamo noi?

Penna Claudio

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