"come fai a non farti male quando
ti hanno umiliato?": M. Pantani

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da: N. Gennachi, 19 febbraio 2004 * "Liberi Pensieri"

 

Ma può essere vera ed estremamente lucida questa affermazione? Pur premettendo che la vita va vissuta fino in fondo, può veramente un uomo normale decidere di farsi male da solo? E´ sensato tutto questo? Eppure se non ci fosse un nesso logico, certamente, non avremmo pianto la scomparsa di Marco Pantani con un coinvolgimento così esteso.

Non è stata la morte in sé per sé che ha determinato un coinvolgimento emotivo così esteso, quanto il modo in cui è avvenuta. Dopo averci dato tanti bei momenti, non spettava a lui dare anche la vita per farci capire che alcune regole vanno cambiate; spettava a qualcun altro dare le dimissioni, spettava a noi dare dei segnali di voler cambiare le regole per non umiliare ancora altri innocenti, e invece è stato ancora lui a dare la sua vita per richiamare la nostra attenzione sulla incongruenza di alcune regole di questa società.

Non riesco a vedere dietro la tensione spasmodica dei suoi muscoli, durante le salite in bicicletta, solo l´impegno egoistico di un campione che ha soltanto desiderio di gloria, ma vedo l´amore, la passione di un uomo che col suo dare tutto sé stesso risveglia negli altri sentimenti positivi di ammirazione, di emulazione di rispetto.

Chi non avrebbe voluto, per una sola volta, vincere il limite della propria forza muscolare pur di dare un po' gioia a una persona cara? E Pantani vinceva, non so quanto per sé stesso, ma certamente per dare delle forti emozioni e far pensare a tanti sportivi "si può fare, grazie Marco per avercene dato la prova". Si può fare qualcosa di insolito per gli altri e restare uomini in attesa che tutto quell´impegno ci venga ricambiato con un gesto di amore sincero.

Ho dato tanto per voi, ma le vostre regole, scritte o no, mi hanno dato solo dolore; hanno umiliato me e insieme anche il sentimento di affetto che io provavo per voi. E voi? Niente. Solo chiacchiere, neanche una proposta di cambiamento.

Doping, droga, psicofarmaci, non penso che abbiano niente a che vedere col sentimento umiliato di Pantani. Non hanno niente a che fare col dolore inimmaginabile che ha provato il Campione quando, dopo aver dato tutto ciò che aveva, è stato umiliato inesorabilmente. Droghe e psicofarmaci saranno serviti per lenire il dolore della solitudine, ma questo era troppo forte anche per i farmaci.

L´umiliazione. E´ questo il punto di partenza di una serie di reazioni a cascata il cui evento finale è sempre spiacevole, la solitudine; a volte, per fortuna raramente, è drammatico.

L´umiliazione è, oggi, una condizione che, con molta frequenza, nell´intimo della vita personale, visita le sue vittime, ignare di quanto sta per accadergli. L´umiliazione come causa di un dolore nei confronti del quale si cerca spasmodicamente un lenimento, un farmaco.

Prevenire è meglio che curare! E´ questo il messaggio nascosto che Marco Pantani ha voluto lasciarci. "Non mettete nessuno nelle condizioni di essere umiliato, non fategli soffrire le pene dell´inferno allo stesso modo in cui è successo a me", potremmo tradurre in questo invito il messaggio "come fai a non farti male quando ti hanno umiliato?".

Solo così avrebbe senso ricordare con affetto un uomo le cui gocce di sudore schizzano via dal suo volto e mentre dà tutto sé stesso voglia dirti:
"RAGAZZI SI PUO' VINCERE ANCHE QUESTA VOLTA".
Nicola Gennachi