AMMINISTRAZIONE A CONDUZIONE FAMILIARE...!

Un perspicace cittadino * 21 luglio *  Torna indietro - Puoi premere ALT+I e INVIO  Chiudi la pagina web - Puoi premere ALT+X e INVIO (pensieri)* Caratteri grandi-medi-normali * Accessibilità


Chi ha frequentato la scuola media a Veglie, durante gli anni sessanta e settanta, avrà avuto modo d’incontrare una figura energica e determinata, rimasta impressa nella memoria di molti, per il suo attaccamento al servizio. “Il Generale”, così chiamato per il suo aspetto autoritario e per ignoti meriti bellici, non era solo un bidello, l’intero funzionamento della struttura dipendeva da lui. Possedeva le chiavi pertanto apriva e chiudeva la scuola, recuperava vecchi banchi, sistemava infissi cadenti, andava in posta a ritirare la corrispondenza, preparava il caffé agli insegnanti e faceva rispettare lo svolgimento ordinato dell’intervallo. Agli occhi del paese rappresentava la parte popolare della scuola. Non so in quanti , tra coloro che lo ricordano con affetto, abbiano mai saputo che, quello che esercitava con diligenza e impegno di fatto non era il suo lavoro. Antonio non era mai stato assunto da nessuno per svolgere le funzioni di bidello. La bidella era la moglie, lui con il consenso di tutti, la sostituiva. Questa storia, persa nell’oblio del tempo, mi è tornata alla mente in seguito alla sentenza del Tribunale Amministrativo di Lecce. La sentenza, infatti, obbliga la maggioranza politica, alla guida del Paese, ad inserire una donna in giunta. Si racconta che le difficoltà, ad ottemperare alle prescrizioni del TAR, non riguardano tanto l’inclusione di una donna nell’esecutivo, quanto chi dovrà abbandonare l’incarico di assessore per fare posto alla presenza femminile. La storia del bidello potrebbe risolvere le difficoltà in cui l’attuale maggioranza, di sua spontanea volontà, si è andata a cacciare.
Si potrebbe, allora, pensare di nominare la moglie di un assessore, la quale continuerebbe a fare quello che ha sempre fatto, permettendo al marito assessore di continuare a fare quello che ha sempre fatto. A quel punto la forma sarebbe salva, le prescrizioni del TAR rispettate, le donne garantite, i rapporti familiari rinsaldati. Successivamente le mogli degli altri assessori potrebbero chiedere a metà legislatura l’avvicendamento con i rispettivi mariti. In seguito, anche qualche figlia potrebbe aspirare in una presenza trimestrale in giunta, tanto per inserirla nel proprio curriculum. Tale possibilità non potrebbe essere negata alla sorella o alla cognata in cerca di sistemazione, e per un breve periodo anche lei farebbe sfoggio della carica.
A guadagnarci sarebbe la partecipazione di familiari ed affini alla vita pubblica, che si arricchirebbe di un coinvolgimento tra consanguinei inedito e ancora tutto da percorrere. Mogli, figlie, cognate e sorelle chiamate a sostenere l’Amministrazione. Veglie diventerebbe un modello di gestione amministrativa da imitare.
L’esperienza vegliese conquisterebbe le pagine di cronaca dei giornali locali e nazionali così come è avvenuto per la statua dell’Arcuri. Le assessoresse intervistate da Cristina Parodi fornirebbero ricette per il pranzo da realizzare il giorno del Consiglio Comunale, o per il sorbetto da servire durante le crisi di maggioranza. Dopo le sorelle Lecciso, sarebbe la volta delle assessoresse di Veglie. La ricaduta sul turismo e su tutte le attività collegate, agricoltura e artigianato compreso non si farebbe attendere. La via vegliese alla ripresa verrebbe inserita nei manuali di economia, come: “la teoria delle arti muliebri in politica”. A quel punto si potrebbero ringraziare persino quelli dell’opposizione, che con il loro benemerito ricorso sono riusciti ad attivare una serie di iniziative utili allo sviluppo del paese. Ma questo è solo un percorso possibile di questa incredibile storia.
Ma non mettiamo limiti alla fantasia e buona fortuna. E i problemi del paese? Possono attendere.

Un perspicace cittadino

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