C'ERA UNA VOLTA...
la scuola elementare

Dania * 27 marzo 2006 *  Torna indietro - Puoi premere ALT+I e INVIO  Chiudi la pagina web - Puoi premere ALT+X e INVIO(pensieri)* Caratteri grandi-medi-normali * Accessibilità


C’ERA UNA VOLTA…(e guardate che non erano poi i tempi di Carlo Cudega!)

C’era una volta la scuola elementare, già scuola dell’obbligo: prima e seconda classe, poi esame per passare al triennio che portava alla licenza elementare. Da qui, l’esame d’ammissione per la scuola media, presidio dei figli dei ricchi, che in seguito avrebbero sicuramente proseguito negli studi. Per alcuni ragazzi, intellettualmente meritevoli, si aprivano le porte della scuola commerciale, (steno, dattilo, computisteria e cultura generale) che dopo tre anni rilasciava l’attestato col quale avrebbero potuto aspirare ad un impiego.
 
Per tutti gli altri – salvo quelli che venivano invogliati ad inventarsi la vocazione sacerdotale, per entrare in seminario ed iniziare così un percorso culturale – si prospettava il mondo della manovalanza.

Pochi, pochissimi i figli di operai che avevano l’onore di accedere alla scuola media e poi a quella superiore. Un onore condito d’immani sacrifici e umiliazioni, perché se tanta era l’intelligenza e  massima l’attenzione alle lezioni dei professori, pochi erano i libri di testo che potevano concedersi, per cui riuscire a studiare le lezioni ed eseguire i compiti con diligenza,  risultava sempre una dura impresa: dovevano approfittare del prima e del dopo delle lezioni e di ogni momento di pausa per poter usufruire dei libri dei compagni disponibili al prestito.
Tuttavia, qualcuno  riusciva persino a frequentare l’università, ma il loro successo era visto da tanti, non come il risultato di un’ottima intelligenza abbinata ad un’encomiabile forza di volontà, ma come intrusione indebita in un mondo riservato ai ricchi: “La crisi della medicina nasce dal fatto che tuo nonno, tuo padre, come il mio, facevano già i medici! Oggi tu vedi il figlio di un salumiere o di un meccanico che si iscrive a medicina!” (“La Malacarità”)

Sì, c’erano  una volta la scuola media e  quella superiore,  e ci sono ancora adesso, con la differenza che non sono più riservate a pochi fortunati. Oggi in Italia, ricchi o disagiati che siano, tutti i ragazzi  non solo possono, ma devono frequentarla, perché è divenuta scuola dell’obbligo.

Il punto è questo: si ha ancora la consapevolezza che il poterla frequentare è frutto di una importante conquista? Oppure anche la scuola, come tutte le cose agognate e che poi diventano comuni, ha perso il suo luccichio?

Troppo spesso si legge di ragazzi che frequentano la scuola con insofferenza e che, durante il tragitto casa-scuola e nelle pause tra una lezione e l’altra, trovano il tempo per “rilassarsi e divertirsi” compiendo atti di bullismo e di vandalismo. Senz’altro più volte è stato chiesto loro, come a tutti gli altri svogliati, d’immaginarsi parte di quel mondo in cui, per guadagnarsi il privilegio di sedere su di un banco di scuola, ci si doveva sottoporre a enormi sacrifici.
Purtroppo è risaputo che entrare con l’immaginazione nel passato remoto ed addentrarsi in luoghi  fantastici, per combattere contro draghi e fantasmi, può essere facile, ma entrare nel passato prossimo, quello vissuto dai propri genitori, risulta assai difficile se non impossibile. Ognuno vive con la realtà e le difficoltà del proprio tempo… Come capire il rammarico di chi non ha potuto frequentare una scuola, quando il doverlo fare quotidianamente è estremamente pesante e impegnativo?

Forse potrebbe servire loro la lettura di  racconti di vita vera, come “Alla scola à scire!” che Lucia Verdesca ha presentato al concorso dialettale vegliese “Lithratti ti Eie” (promosso nel dicembre 2004 dagli Amici della fotografia e dal sito Veglienews, nel quale lo si trova pubblicato).

O anche rintracciare quella rappresentanza di cittadini vegliesi, utenti della scuola serale nell’anno 1952/1953, la cui foto di gruppo è stata inserita nel volume “Compagni di Scuola” dall’autore Enzo De Benedittis: senz’altro risulterebbe molto interessante conoscere il perché, il percome e tutte le difficoltà di quella scelta scolastica.     

La scuola, una grande risorsa per il collettivo e l’individuale  vantaggio…
Alla domanda, “che scuola hai frequentato”? capita spesso di sentirsi rispondere: “L’università della vita”. Come se fosse reputata più importante l’esperienza lavorativa, piuttosto che l’esperienza scolastica.
E’ indubbio, chiunque può trasformarsi in autodidatta per migliorare la propria cultura. Ma ci deve essere una buona base scolastica, per sapersi destreggiare tra metodi e strumenti di ricerca. Sempre che ci si riesca, bisogna tenere conto che all’autodidatta manca una cosa importantissima: il confronto con gli altri. Una cultura, per quanto ricca di nozioni, resta monca se priva di scambi e di confronti. Comunque, resta il problema degli  attestati, dei diplomi e delle  lauree: se nella vita privata se ne può fare a meno, nel mondo del lavoro sono indispensabili, prima per poter accedere ai vari concorsi per essere assunti, poi per evitare le cocenti delusioni di vedersi sorpassare per promozioni e/o cariche direttive da elementi di minor capacità, ma in possesso dei requisiti cartacei. Lo stesso vale per chi intende aprire un’attività in proprio.

C’è stato un tempo in cui la scuola restava per tanti un miraggio, mentre  per pochi altri diveniva un’alta vetta da scalare tra mille avversità ed anche tra mille aspettative di chi stava intorno: il rispettoso ” tu che hai studiato…” se lo  sentivano  pronunciare  all’infinito.
Oggi che la frequenza è diventata una normalità, è certamente giusto che venga  vissuta con serenità e che ognuno possa scegliere, tra le mille opportunità, quella più consona alla propria indole. Ma non deve mancare la coscienza che l’acquisito diritto allo studio resterà lettera morta, tempo perso, se non sarà accompagnato da un serio adempimento dei doveri propri di ogni studente.
  
La scuola, questo tesoro d’incommensurabile valore, tra il susseguirsi di governi e di ministri, veleggia in un mare di riforme e controriforme. Auguriamoci che, per il bene di tutti, venga sempre tenuta aggiornata, al passo coi tempi, e strettamente collegata al mondo del lavoro.

dania