bush e iraq. Quale VERITA'

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da: Claudio Penna, 12 luglio 2003 *  "Liberi Pensieri"

 

Dalla lettura degli articoli sottostanti, solo alcuni dei tanti articoli che circolano in questi giorni sui maggiori quotidiani mondiali, si potrebbero fare moltissime riflessioni sotto diversi punti di vista. La mia è una brevissima riflessione.

Io, uno di quelli che per primo ha appeso la bandiera della pace (e che da allora non ha mai smesso di sventolare dal mio balcone), resto dell'idea che la guerra è solo distruzione, ha alle spalle solo motivi politici e - spessissimo - un mucchio di bugie propinate a tutti. Il sottosegretario Mantovano in una sua miniconferenza diceva che Bush ha dichiarato guerra all'Iraq per diversi motivi che a noi non è dato sapere completamente, per diverse prove che noi non possiamo vagliare... ma quali sono queste prove? Quali sono questi motivi? Chi è il vero dittatore che può decidere quello che è giusto e quello che non è giusto? Per tanto tempo è stata proclamato che Saddam avesse acquistato dell'Uranio dal Niger, da tanto tempo si è anche appreso che questa notizia era falsa, ma finora nessuno questo lo ha rivelato.

Adesso che tutto sembra chiaro si scopre - parole del segretario alla Difesa Donald Rumsfeld - "che l’attacco all’Iraq non scattò perché gli Stati Uniti avevano avuto nuove prove “clamorose” sulle armi di distruzione di massa irachene". Questi governatori sembra che ci prendano solo in giro... ed i nostri? L'Italia è stato uno dei primi stati a correre subito in soccorso di Bush per la guerra di liberazione! Non solo, ha vietato le bandiere della pace sugli edifici di enti pubblici e tantissimi edifici pubblici (scuole, comuni) si sono detti a favore della pace (compreso il nostro comune) ma ha subito eliminato le bandiere della pace dal campanile dell'orologio.

Il bello è che l'assessore alla cultura organizza "Un pensiero per la pace", il Consiglio Comunale nella seduta del 4 aprile u.s. dichiara "Veglie: città per la pace", contemporaneamente invita qualcuno a difendere gli ideali della guerra ed a continuare a dirci che la guerra in Iraq era giusta... tutto questo alla faccia di migliaia di morti passati e attuali (indipendentemente se siano civili o militari!).

La coerenza non è sempre una nostra virtù.


Articoli :Bugie sulle armi in Iraq. Su Bush ora è bufera.
              Usa: i democratici attaccano Bush.
              Bush: documenti falsi ma in Iraq c'erano armi letali
 

Bugie sulle armi in Iraq. Su Bush ora è bufera. (da: http://italy.indymedia.org/news/2003/07/329289.php)

Washington. Si può ancora credere a George Bush? Nemmeno i suoi collaboratori prendevano sul serio la storia dell’uranio che Saddam Hussein avrebbe cercato di comprare in Africa per produrre una bomba atomica. Il presidente americano aveva lanciato l’accusa nel gennaio scorso, nel discorso “sullo stato dell’Unione” davanti alle camere in seduta congiunta. “Il governo britannico – aveva dichiarato - ha appreso che Saddam Hussein recentemente ha cercato di acquistare quantità significative di uranio in Africa”. L’occasione era solenne e ogni parola del presidente era stata valutata da uno stuolo di consiglieri. Ora si scopre come alla Casa Bianca alcuni sapessero anche allora che i documenti sul presunto acquisto di uranio erano falsi. Un esperto mandato in Africa per indagare aveva avvertito che si trattava di voci infondate, e la Cia aveva girato l’avvertimento alla Casa Bianca sin dal marzo 2002, quasi un anno prima del discorso di Bush. Qualcuno doveva pure ricordarsene e infatti, una settimana dopo le dichiarazioni del presidente al congresso, il dipartimento di stato aveva ammesso la loro scarsa credibilità in una lettera all’agenzia atomica internazionale.

Oggi come allora, George Bush non dà ascolto alle obiezioni. Lo scandalo dell’uranio inesistente lo ha inseguito in Africa, in una conferenza stampa a Pretoria. Crede ancora, è stato domandato, che Saddam Hussein avesse cercato di comprare materiale radioattivo? Come sempre Bush ha risposto in tono di sfida. “Una cosa è certa – ha detto – Saddam non cerca di comprare niente adesso. Se è vivo, sta scappando”. Ma non bastano le battute per placare l’opposizione che chiede un’inchiesta. “E’ abbastanza grave – ha sostenuto il senatore Edward Kennedy – che una bufala così sfacciata sia stata citata dal presidente tra i motivi per la guerra, ma sarebbe ancora più grave se si trattasse di una menzogna cosciente”.

Fonti dei servizi segreti hanno rivelato all’Unità che le false voci sull’uranio africano circolavano da più di dieci anni e gli addetti ai lavori le avevano messe in ridicolo. Sin dall’origine c’era un risvolto italiano. Nel 1990, prima che l’esercito di Saddam Hussein invadesse il Kuwait, un informatore del Sismi, lo spionaggio militare italiano, aveva segnalato che gli iracheni cercavano in Mauritania un poligono di prova per un missile di gittata troppo lunga per essere sperimentato nel loro paese. In questo contesto, si era diffusa la voce che Saddam cercasse di comprare uranio in Niger per una testata atomica.
Dopo la guerra nel 1991, gli ispettori dell’Onu e agenti di vari paesi avevano controllato questa voce: non risultava che fosse vera, e in ogni caso le sanzioni contro l’Iraq avevano reso quasi impossibile la produzione di armi nucleari. Nel 1999, dopo l’espulsione degli ispettori dall’Iraq, si era rinnovato il sospetto di una trattativa con il Niger per l’acquisto di uranio. Dopo l’11 settembre 2001 gli Stati Uniti, alla ricerca di prove contro Saddam, avevano ricevuto dai servizi segreti britannici documenti che parevano confermare i sospetti. L’ex ambasciatore americano Joseph William, inviato nel Niger per indagare, concluse che il materiale non era credibile. Il suo rapporto, avallato dagli esperti della Cia, venne trasmesso alla Casa Bianca nel marzo 2002. Al governo “non risulta” che sia stato letto dal presidente.

La Casa Bianca si comportò come se l’ambasciatore Williams non fosse mai stato in Africa. Nell’ottobre 2002 segnalò all’agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) che gli inviati Saddam cercavano uranio in Niger. L’agenzia chiese le prove e per sei settimane non ottenne risposta. Soltanto il 4 febbraio, una settimana dopo il discorso di Bush al congresso, il dipartimento di stato americano trasmise all’Aiea i documenti ottenuti dallo spionaggio britannico, con una strana lettera di accompagnamento. “Non possiamo confermare questo materiale – avvertiva la lettera – e noi stessi abbiamo dubbi su alcuni punti specifici di quanto viene asserito”. Gli ispettori dell’Aiea smascherarono subito il falso.

Letta con il senno del poi, la frase di Bush al congresso è rivelatrice: sembra sottolineare che le voci sull’acquisto di uranio in Niger vengono da Londra e non da Washington. Ma si suppone che il presidente degli Stati Uniti non dovrebbe parlare a vanvera quando si rivolge alle camere in seduta congiunta e alla nazione. Un controllo sarebbe stato semplice. Bastava interpellare il governo francese, che ha una rete capillare di informatori in Niger come in tutta l’Africa francofona. In quel momento però Bush aveva interesse a sostenere che Saddam era pericoloso, e non tollerava le obiezioni della Francia.

“In Iraq – ha spiegato ieri il ministro della difesa Ronald Rumsfeld – non abbiamo agito alla luce di nuove prove sulle armi di sterminio. L’attentato dell’11 settembre ci ha mostrato le prove in una luce diversa”. George Bush non ha dubbi. “Sono assolutamente certo – ha dichiarato in Sudafrica – di avere fatto la cosa giusta rimuovendo Saddam dal potere. Il mondo chiedeva il suo disarmo e noi abbiamo deciso di disarmarlo”. Per la verità il mondo, tramite le Nazioni Unite, si opponeva all’invasione dell’Iraq. Dal punto di vista del presidente americano la vera giustificazione della guerra è la vittoria, ottenuta a prezzo della vita di seimila civili iracheni e 143 militari americani. Sono già 73 i soldati morti dopo che Bush ha proclamato la fine dei combattimenti. Il numero aumenta quasi ogni giorno, e la popolarità del presidente diminuisce.

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Usa: i democratici attaccano Bush. (http://www.cnnitalia.it/2003/MONDO/07/11/1143democratici/)
Ultimo aggiornamento 11 luglio 2003, 12:18 ora italiana (10:18 GMT)

WASHINGTON (CNN) -- Mentre aumentano ogni giorno di più le critiche della comunità internazionale sull'operato dell'amministrazione americana in Iraq, il presidente George W. Bush deve fronteggiare anche le crescenti proteste in patria. Ad attaccarlo è principalmente l'opposizione dei democratici, ma giungono strali anche da alcuni alleati repubblicani.

"E' giunto il momento che il presidente si faccia avanti e dica la verità, e cioè che la guerra sta continuando, e che i morti non sono finiti" tuona il senatore del Massachusets John Kerry, uno dei nove candidati alle primarie dei democratici per le elezioni del 2004.

Kerry, che supportò la politica di Bush per l'entrata in guerra, ora critica aspramente la gestione e la pianificazione del dopo Saddam.

"Il presidente deve dire la verità, e cioè che non abbiamo le forze sufficienti per gestire la ricostruzione dell'Iraq e poi ritirarci entro un periodo ragionevole".

Simili accuse sono ormai all'ordine del giorno a Washington. Persino tra i repubblicani si annidano non allineati come Eliot Engel, deputato dello Stato di New York.

"Ho votato a favore della guerra in Iraq - dice Engel - e non intendo fare nulla che possa mettere in difficoltà il nostro presidente. Ma non posso restare seduto a guardare gli Stati Uniti trascinati in una guerriglia che causa sempre più vittime tra le nostre truppe ogni giorno".

Bush, dal canto suo, respinge le critiche e ribadisce il suo atto di fede, ovvero che, armi o non armi, il regime di Saddam Hussein era "una minaccia per il mondo intero", una minaccia che andava eliminata ad ogni costo.

Gli americani, dice il presidente nel suo ultimo discorso del tour africano, devono avere pazienza, "perché la coalizione sta facendo ottimi progressi" nella stabilizzazione dell'Iraq.

Ma i democratici, intanto, sono passati al contrattacco: sul sito ufficiale del partito è comparso un volantino virtuale che attacca pesantemente il discorso di Bush sullo stato dell'Unione, nel quale aveva annunciato che il governo britannico aveva appreso che Saddam cercava di acquistare uranio in Africa.

Un rapporto rivelatosi poi infondato e da cui la Casa Bianca ha preso in seguito le distanze.

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Bush: documenti falsi ma in Iraq c'erano armi letali (http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,183753,00.html)
(9 LUGLIO 2003; ORE 19:50)

Il presidente americano si dice certo del possesso di armi letali da parte del regime di Saddam. E si difende dalle accuse di aver fatto la guerra sulla base di dossier falsi.

WASHINGTON – A distanza di quattro mesi dall’attacco contro il regime iracheno di Saddam Hussein, George W. Bush torna a difendere la sua scelta di guerra preventiva e si dice certo della presenza di armi di distruzione di massa in Iraq.

Il presidente Usa, impegnato in un viaggio in Africa, non può fare a meno di difendersi dalle accuse che da mesi piombano addosso all’amministrazione americana e al governo britannico. Forti sono state infatti le contestazioni contro la politica anglo-americana, sulla base del fatto che mai sono state rinvenute armi letali, né prima, né durante, né dopo la guerra. Ieri è arrivata poi la rivelazione di fonti della casa Bianca: i documenti sui quali si basava l’affermazione che l’Iraq avesse comprato uranio in Africa erano falsi. Sulla vicenda torna oggi il  presidente Usa: anche se quei dossier non erano veri – ha precisato Bush -  “non ci sono dubbi nella mia mente che Saddam fosse una minaccia per la pace nel mondo”. Poi ha puntato il dito contro chi “cerca di riscrivere la storia”.

A fargli eco è il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, che precisa: l’attacco all’Iraq non scattò perché gli Stati Uniti avevano avuto nuove prove “clamorose” sulle armi di distruzione di massa irachene. Un modo per dire insomma che la guerra sarebbe partita lo stesso.

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