DISAFFEZIONE...NON PIÙ PARTECIPAZIONE

stampa - torna - chiudi...

di don Arcangelo Martina, 10 aprile 2001

A VEGLIE COME IN ITALIA  

Osservando la vita sociale e politica di Veglie, si può concludere che le cose, più o meno, vanno come in tutta Italia!

Se dal tempo delle grandi guerre la parola d'ordine era partecipazione, dalla fine degli anni '70 è disaffezione, riflusso nel privato, indifferenza! Ciò verso tutti i campi della vita, in special modo verso il sociale, il mondiale, il politico.

Il riscontro dei dati è abbondante e sconfortante: il genere di programmi televisivi guardati, quello che viene letto, la scarsa partecipazione ad iniziative culturali, umanitarie, solidali e le adesioni a strutture e progetti di impegno sociale o politico o mondiale, il calo sempre più consistente della frequenza alle urne in occasione delle elezioni di qualsiasi genere (alle elezioni europee del 13 giugno 1999, nella maggior parte dei paesi membri, la percentuale dei votanti è oscillata tra il 23 ed il 50 per cento; in Italia intorno al 70 per cento), per non dire poi quando si presenta quell’irrinunciabile possibilità di partecipazione diretta qual è il referendum, l'astensione e il disinteresse sono qualcosa di tremendo.

In qualche modo la disaffezione si riscontra nella vita e nella missione delle comunità ecclesiali: qui la percentuale della partecipazione oscilla tra il 5 % ed il 20 %. Neanche il discreto quadro italiano sul volontariato può dare illusioni. 
Infatti, mentre molti il volontariato ce l'hanno sempre sulla bocca, ma non l'hanno mai praticato e forse non lo praticheranno mai, i dati del Secondo Rapporto sul volontariato sociale della Fivol, che considera solo le associazioni con almeno cinque volontari, operanti con continuità da più di un anno e con un minimo di struttura interna, indicano 13.000 organizzazioni, per un totale di 450.000 volontari. 
Non abbastanza pensando ai 58 milioni di abitanti che ci sono in Italia e pensando pure che non è detto che il fenomeno volontariato sarà in crescita, anzi alla luce del quadro generale odierno, compresi certi cambiamenti istituzionali e legislativi (si pensi al terzo settore e alle connessioni con la creazione di posti di lavoro, alle trasformazioni attuali del servizio di leva e civile, ecc.) potrà subire un decremento.

Tutti dobbiamo prendere atto della drammatica e sconfortante situazione e affrontarla recuperando antiche e nuove responsabilità educative, nella comunità civile e in quella ecclesiale, innervandosi nella complessa multistrumentale e pluriforme rete della comunicazione odierna. 
In questo quadro generale con cui dobbiamo interagire, molto importanti sono le figure degli "operatori di strada", da promuovere e da incrementare. Si tratta di persone disponibili e generose, che sanno incontrare le generazioni giovani e porsi al loro fianco per sostenerne la crescita lì dove si trovano (strade, ville, pub, club, sale giochi, birrerie, discoteche, stadi, concerti, ecc.), spesso a tarda sera e di notte!

Ma in questo mondo chiuso e insensibile, ci saranno abbastanza persone tali da essere i moderni pionieri e trascinatori dell'educazione della strada? E ai soliti interessi economici, quanti riusciranno ad anteporre scopi e valori prettamente umanitari, sociali ed educativi?