Vorrei dialogare con Observator

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da: Dania, 16 gennaio 2002 * "Liberi Pensieri"

 

Vorrei Dialogare con Observator

Il Tribunale ha dato ragione all'Amministrazione Comunale: la ruota panoramica funzionante a Parigi dal capodanno 2000, in Place De La Concorde, dovrà essere smantellata.

Speravano i suoi proprietari potesse questa seguire il destino della Tour Eiffel, eretta in occasione della Esposizione Mondiale del lontano 1889, rimasta là, forte e imponente, al suo posto, divenendo uno dei simboli della città stessa. Invece, niente: la ruota dovrà andarsene in fretta, previa una bella multa in euro per ogni giorno di ritardo.

A parte i proprietari, nessuno piangerà.  Non piangeranno i turisti, sempre numerosi a Parigi, perché, per godersi la città dall'alto, non dovranno far altro che dirigersi verso il Campo di Marte e salire sulla Tour Eiffel, oppure portarsi a Montmartre, fino in cima, ove sorge la basilica del Sacré-Coeur.  Grazie all'efficiente e capillare rete metropolitana, coadiuvata da scale mobili e tappeti scorrevoli, spostarsi da una parte all'altra della città, per questi non sarà che un gioco.

Non piangeranno i cittadini di Parigi, che potranno rivedere libera, nella sua severa vastità, la storica piazza, ove svetta l'Obelisco di Luxor. La ruota verrà smantellata e il giorno dopo neppure la ricorderanno, visto che la città vanta ben altre comodità, bellezze ed attrattive, di cui sono proprio loro i  primi a goderne.

Non piangerà certo l'Amministrazione Comunale: il flusso dei turisti non diminuirà per questo, varierà solamente l'itinerario, portando comunque valuta pregiata e introiti fiscali alle casse.

Ma tutto questo accade a Parigi, mentre noi, è di Veglie che vogliamo parlare.

Mi fai pensare. Mi fanno pensare con un misto di paura e di tristezza i tuoi interventi, egregio signor "Observator", non certo perché eserciti il tuo diritto alla critica, diritto sacrosanto che non mi stancherò mai di difendere, e neppure per i vocaboli che usi per manifestarlo. Mi spaventa il registro da te usato, il tono che, anche se non mi crederai, poiché ti appelli alla non violenza, suona alquanto tassativo ed arrogante.

Mi ricordi un viandante che stanco di tanto errare, ammalato di nostalgia, fa ritorno a casa, al paese natio. Ma che, dopo la gioia del ritorno, questo paese pur tanto amato gli sta stretto, così stretto da impegnarsi ad osservarlo nei particolari per cercare di trasformarlo, di modificarlo a somiglianza di altre città più importanti, da lui abitate.

Mi spaventa il tuo continuo riferimento all'immagine, all'apparenza, piuttosto che al miglioramento della qualità della vita, per tutti i cittadini, grandi e piccoli.

Salvare l'immagine, e per chi? Per i forestieri di passaggio, per i turisti occasionali? Sai cosa faranno questi turisti?

Si presenteranno nei negozi di macelleria e chiederanno d'acquistare solo tagli nobili dell'animale, filetto per esempio, come se i "poveri paesani" non conoscessero i prodotti "scelti" o non potessero permetterseli mai.

Entreranno in abitazioni rurali, modeste, e adocchieranno la vecchia cassapanca o il cassettone della nonna e cercheranno di farselo vendere per due soldi.

Andranno dai contadini con l'espressione beata di chi si sta godendo appieno l'aria pulita e serena del posto e cercheranno con interiezioni come -Oh, che bello! Oh, che pace! Oh, qui siamo in paradiso!- accompagnate da accattivanti espressioni artefatte, di farsi regalare i prodotti della terra, quelli coltivati biologicamente, che a casa loro sono costretti a guardare attraverso le vetrine perché troppo cari.

Si recheranno dall'artista del posto e qui, sì, l'acquisteranno un dipinto, o comunque un  oggetto artistico, tirando sul prezzo all'inverosimile, promettendo il ritorno con altri possibili e generosi cultori dell'arte.

Una volta tornati in città, questi forestieri di passaggio, godranno di quanto ottenuto a poco prezzo. E poi?

Poi prenderanno i loro figli e, a viva forza, li iscriveranno alla palestra, al maneggio, alla piscina, al club del tennis, alla squadra di calcio e a quella di minibasket. Li porteranno al cinema, a teatro, al luna park e allo zoo safari.  E che non manchi mai la settimana bianca!

A scuola li iscriveranno a tempo pieno per poter usufruire di tutti i corsi facoltativi: lingue straniere, pittura, scultura, musica, collage, informatica, mimica, scacchi e chi più ne ha più ne metta.

E tu? Se tutto ti andrà bene, avrai ottenuto una bella piazza da cartolina, ma, soprattutto, avrai privato i piccoli cittadini del tuo paese anche di quella semplice giostrina, che sarà un po' d'ingombro, farà un po' colore, ma senz'altro non schifo. Perché lo schifo è tutta un'altra cosa.

Pensi io abbia fatto d'ogni erba un fascio? No, ho fatto solo un fascio. So che esistono turisti d'altro genere, ma questi passeggeranno per la cittadina in lungo e in largo;  visiteranno chiese e sosteranno davanti ai monumenti; chiederanno vengano loro raccontate le affascinanti abitudini dei tempi andati, come  quelle de' "la pezza ti lu casu"  o della fiera dell'Iconella; chiederanno se "lu Sanna sta per "osanna a Dio per scampato pericolo"; vorranno veder ballare la pizzica e s'informeranno sulle sue origini;  cercheranno testimonianze sulle fatiche dei braccianti della terra d'Arneo. Si recheranno dai contadini per chiedere buoni prodotti, ma li pagheranno senza tirare sul prezzo, aggiungendo anche un : " Grazie, sappiamo che coltivarli costa fatica"!

E, in quanto alla giostrina,  diranno: "Oh, che bella! Proprio uguale a quella che avevamo noi da ragazzini!" E ci faranno salire pure i loro figli.

E Noi? Avremo forse perso qualcosa in immagine ma senz'altro guadagnato molto in umanità.

Un bel chiosco al posto dei giochi, dicevi?

Sì, un bel chiosco, con qualche tavolino all'ombra, dove tranquilli nonnini possano beatamente consumare una bevanda e poi, sì, sì, riunirsi in terzetti o quartetti e farsi portare un mazzo di carte per ammazzare tempo giocando a tresette o scopone scientifico. Che pace ne deriverebbe alla piazza! Che silenzio! Fino allo smistamento delle carte, poi... sarà auspicabile che in quel chiosco siano posti in vendita confezioni di tappi di cera per orecchi, da distribuire ai pargoli che giocano là vicino, affinché non possano sentire gli insulti, gli epiteti e gli sproloqui che, solitamente, si gridano l'un l'altro, a turno, i giocatori della mano perdente.

Che strani i fatti della vita, Observator!  Tu hai invitato i cittadini a schierarsi contro il posizionamento, proprio vicino al parco giochi, di un rumoroso pungiball, che definisci incitamento alla violenza.

Alcune  mamme della mia città si sono impegnate a sorvegliare il gioco dei loro figli ai giardinetti solo perché è stato sentito un individuo fare psss psss psss mentre s'aggirava nei pressi. Che esagerate queste donne: cosa avrebbero mai organizzato contro i  ben più rumorosi colpi sferzati sul pungiball?

Sicuro, Observator,  che misurare la propria forza su di un gioco chiamato pungiball o con una sfida a braccio di ferro equivalga ad incitamento alla violenza? Sicuro che la consapevolezza della propria forza fisica,  di per sé, possa essere una tentazione in tal senso?

Renzo non la pensava così, e ci era arrivato da solo! Era il bambino più alto, più robusto e più forte fra i piccoli utenti della Scuola Materna.

Avrebbe potuto sottometterli tutti e alla grande i suoi compagni, invece, conscio di questa sua "superiorità", ogni mattina sedeva sulle panchine del salone accanto a Renzino, il più piccolo, il più esile fra tutti, affinché nessuno osasse disturbarlo o fargli del male.

Renzone non era che un  bambino  di cinque  anni,  ma,  avendo  coscienza della  sua forza, senza litigi e senza clamore, aveva deciso di porla al servizio del più debole, che avrebbe potuto avere bisogno di lui.

(Da grande si diede al pugilato, ottenendo un buon successo).

Sono l'intolleranza, l'arroganza, la prepotenza i nostri "pungiball", quando non mettiamo in atto la benefica azione, obiettiva e calmierante, della buona memoria: Ricordare per capire, tollerare, non ripetere.

 Quel sottile filo di violenza che, subdolo, accompagna la nostra vita.

Non so da voi, ma nella mia città succede una cosa strana: come per tacito accordo, la gente entra nei negozi di generi alimentari, soprattutto nelle panetterie, tutta allo stesso orario, come se il fare la coda fosse un rito al quale non ci si può sottrarre. Ecco allora che le Marie e le Giovanne possono scambiare quattro chiacchiere e darsi appuntamento per un caffè, mentre i signori pensionati si dilettano a raccontare la barzelletta del giorno, paghi dell'ilarità che riescono a suscitare intorno.

Questo, naturalmente, senza rinunciare al proprio turno, senza perdere la precedenza.

Tutti parlano, ridono, ordinano tre o quattro etti di pane, sempre ben assortito: una michetta vuota, un francesino morbido, una biovetta ben cotta e -adesso che va di moda-  anche un pane arabo, lasciando più volte la commessa con la mano a mezz'aria ad attendere la conclusione della scelta.

Spesso, addossato al bancone, un esserino si alza sulle punte dei piedi, s'abbassa, si schiarisce la voce, solleva il braccio per mostrare il biglietto dove la mamma ha segnato gli articoli da acquistare. Nessuno guarda dalla sua parte, per lui non esiste precedenza: ci vorrà tempo prima che un'anima pia dia forza, voce e diritto a quel piccolo cittadino. 

Come chiamare questa sopraffazione se non "sottile violenza"?

Non so da voi, ma nella mia città, ad orari precisi, tram, autobus e filobus, vengono presi d'assalto da vocianti ed allegri studenti. I sedili posteriori sono i più ambiti, perché concedono il raggruppamento di piccole combriccole che non finiscono mai di raccontarsela.

Proprio in quegli orari -e chi glielo farà mai fare, ma evviva la libertà- circolano sui mezzi pubblici anche persone anziane: queste  neppure fanno in tempo ad appoggiare i piedi sull'ultimo gradino che già inveiscono contro i "maleducati giovani dei giorni nostri, che non conoscono il rispetto per i vecchi, né il dovere di cedere loro il posto a sedere, che non si sa bene cosa vadano a scuola a fare, tanto, per quel che imparano, da loro non ci si potrà aspettare mai nulla di buono, ecc, ecc..."

I ragazzini fanno gli gnorri. Dare il posto a chi li insulta gratuitamente, a chi non ha per loro il minimo rispetto? E perché, poi? Loro il biglietto lo hanno pagato e cederlo deve essere lasciato al loro libero arbitrio. Sarebbero contenti di compiere una buona azione, ma così, chi glielo fa fare?

Se ne restano seduti al loro posto, anzi, si sistemano in modo da evitare l'eventualità che per una qualche brusca frenata qualcuno di quei "simpatici vecchietti" scivoli proprio tra le loro braccia.

Sicuri di potergli dare torto? Tutti hanno diritto al rispetto: bimbi, giovani, anziani. Tutti hanno il dovere di esercitarlo: bimbi, giovani, anziani!

Quanto è felice la bambina se la mamma le concede l'onore di aiutarla nelle grandi pulizie, quando  si spalancano le vetrinette o le cristalliere e tutti quegli affascinanti oggetti, tesoro di famiglia,  si possono finalmente toccare con le mani! Come si sente grande! Come le brillano gli occhi!

Che catastrofe morale se uno di quegli oggetti scivola dalle sue manine per finire in cocci sul pavimento!  Che dolore lancinante quel balzo del cuore su su verso la gola! Che umiliazione l'aver deluso la madre che le aveva dato fiducia... Mamma!  Mamma mia! Mamma!

Rispondendo al richiamo disperato, eccola arrivare di corsa la sensibile mamma, capace di lenire con un abbraccio tanta sofferenza:

"Ma, che hai, le mani di merda?" E giù un sonoro ceffone su quel viso spaurito e tremante.

E i cocci si moltiplicano, all' infinito, in fondo all'anima....

Suor Anna Maria e Suor Gabriella, con un gruppo di consorelle, fanno rientro in Italia per un incontro-studio.  Sono missionarie che gestiscono in Svizzera una scuola di lingua italiana per bimbi di emigrati italiani. Approfittano di questo rientro per  visitare la città di Milano ed effettuare qualche acquisto, allegre come ragazzine in libera uscita. Salve Italia! Salve italiani! Vorrebbero scandire ad ogni incontro. Invece, al loro passaggio ogni gruppetto di giovani porta le mani verso le parti intime, per scaramanzia, contro la iella che, per superstizione, credono le suore possano portare.

Non ridono più Suor Anna Maria e Suor Gabriella. S'informano, invece, sull'orario dei treni per far ritorno all'estero,  alla loro scuola, dove continueranno  la missione di far mantenere ai figli degli italiani, con l'identità culturale, l'onore e l'orgoglio di appartenere alla Comunità Italiana.
Dania