DA GENOVA

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da: Giancarlo Posi, 09 novembre 2001 * "Liberi pensieri"

Caro poliziotto,

negli ormai tristemente famosi giorni di Genova ci siamo incontrati, ci siamo guardati in modo strano.

Tu avevi armi per offendere.

Io neanche le protezioni per difendermi.

Tu sei stato addestrato per il pericolo.

Io non credevo ce ne fosse bisogno.

Tu sei pagato e premiato per il comportamento.

Io ci rimetto quel poco che ho.

Tu sei protetto dallo Stato di cui faccio parte.

Ma tu non proteggi me.

Chissà, forse anche tu sei un contestatore globale però indossi una divisa che ti impedisce di esserlo.

Per questo non vorrei trovarmi nei tuoi panni.

Posso comprenderti umanamente.

Ma non posso giustificarti.

Non posso comprendere, invece, chi ti ha mandato.

Chi ti ha comandato e manipolato, a tutti i livelli.

Le forze dell’ordine fanno il loro lavoro: difendono l’ordine pubblico, anche se è falso, perché è l’ordine dei potenti, dei grandi che vigilano affinché nessuno possa violarlo.

Caro fratello, noi giochiamo una partita, l’uno contro l’altro, ma ad armi impari.

Se la partita non fosse truccata, potrei anche vincere.

Penso, comunque, che io non abbia bisogno di armi per affermare le mie ragioni e soprattutto, che un giorno non abbia più bisogno di te che mi impedisci di contestare questo mondo che non rispetta entrambi.

Fratello, tu devi fare il tuo dovere che è quello di ricevere ordini.

Io, l’unico dovere che devo e voglio fare è quello di dar voce alla mia coscienza, dalla parte di chi non ha niente da perdere.

Sempre. Fino alla vittoria. Saluti.

 

giancarlo posi

 

 

(1) Il semaforo in questione è