ottusi, dementi, o semplicemente poco stimolati?

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da: S. Lezzi, 14 ottobre 2002 * "Liberi Pensieri"

 

OTTUSI, DEMENTI, O SEMPLICEMENTE POCO STIMOLATI?

"…La cosa è questa: a me sembra che sia in corso un genocidio di cui pochi si stanno rendendo conto. A essere massacrate sono le intelligenze degli adolescenti, il bene più prezioso di ogni società che vuole distendersi verso il futuro. … Io sto notando qualcosa di molto grave, e cioè che gli adolescenti non capiscono più niente. … Veramente non capiscono nemmeno chi sono e cosa stanno facendo, spesso non sanno più incollare una parola all’altra, un pensierino a un altro pensierino. Sono perduti in una demenza progressiva e spaventosa. Crescono rintronati dalla televisione, dalla pubblicità e dai miti bugiardi, da una promessa di felicità a buon mercato, da mille sirene che cantano a squarciagola, e accanto a loro non c’è altro che riesca a farsi spazio. E così, poco alla volta, perdono ogni facoltà intellettiva, fino a diventare totalmente ottusi…".

Ho estrapolato alcuni righi dell’articolo scritto da Marco Lodoli "Il silenzio dei miei studenti che non sanno più ragionare", pubblicato il 04.10.2002 su "la Repubblica", per commentare questa presunta ottusità degli adolescenti.

A dir la verità ho provato un po’ di fastidio nel leggere quell’articolo. Lo stesso fastidio che provavo quando andavo a scuola io e noi ragazzi eravamo già un gradino più sotto rispetto ai nostri professori, studenti modello dei bei tempi passati. Oggi si parla di demenza e addirittura di ottusità. Mi sembra davvero molto. Magari ci sono ragazzi che non conoscono il significato degli aggettivi remunerativo e scevro o dell’espressione "nella fattispecie". Magari oggi i ragazzi sono più svogliati. Magari sono più illetterati. Ottusi spero proprio di no.

Se mi fermo un attimo a osservare di riflesso la realtà scolastica, percepisco una realtà in cui non esiste più la cultura dell’apprendimento ma del disimpegno, della discontinuità e della dimenticanza. Tuttavia percepisco anche un divario tra le aspettative degli adulti e le disponibilità dei ragazzi. Si perde tempo a sezionare la cultura in tanti segmenti e a insistere sulla assimilazione di aspetti del sapere che riteniamo fondamentali ( e che forse sono troppo datati e asettici), mentre i ragazzi vorrebbero sapere perché vale la pena investire tempo per imparare e perché dedicare attenzione a certe cose e non ad altre.

Ai ragazzi dovrebbe, forse, essere spiegato che nella società del tutto e subito, in cui anche la cultura sembra essere sottoposta alla logica del guadagno immediato, l’apprendimento rappresenta un investimento necessario per non dover fare poi i conti con una realtà che, al primo cenno di errore, pone degli ostacoli, affibbia delle etichette. E’ per questo motivo che gli insegnanti dovrebbero essere in grado di convincere i loro studenti a investire in qualcosa di così astratto come è la formazione culturale. Perché è facile rimproverare le nuove generazioni, più difficile comprendere perché alcuni professori non riescono più a motivare l’apprendimento e a stimolare la curiosità  dei loro ragazzi.

Che dire, poi, di quei professori che non riescono a guardare cosa c’è dietro alla maschera di chi, pecora nera, resta indietro nell’apprendimento della materia o preferisce trascorrere in bagno le ore di lezione? Non tutti hanno realmente voglia di guardare dietro quella maschera o per incapacità di affrontarla o per paura di non riuscire a comprenderla.

Alcuni hanno addirittura dimenticato che dietro alla sfrontatezza e alle forme di pseudo-onnipotenza che contraddistinguono spesso gli adolescenti, si nascondono ragazzi insicuri, proiettati in un contesto nel quale i modelli da imitare rasentano una perfezione difficilmente perseguibile.

Mi chiedo se la causa della scarsa brillantezza non debba essere ricercata proprio in quell’ansia da prestazione che subentra, forse, a tal punto da interferire con la corretta esecuzione dei compiti.

L’articolista ha parlato di ragazzi ottusi, chiusi in un silenzio da far paura. Io parlerei di ragazzi caratterizzati da una sorta di inadeguatezza di fronte alle richieste incalzanti di tutti, scuola, famiglia, società. Ragazzi che non capiscono, come me del resto, il perché di una scissione sempre più evidente tra il mondo della scuola e la realtà adolescenziale.

Un noto editorialista, nel commentare la notizia di qualche giorno fa del ragazzo punito con la sospensione per aver portato in classe dei preservativi ed essersene vantato, ha detto "…un preservativo in classe, nelle mani di un insegnante all’altezza della situazione, potrebbe essere spunto per un’ora di lezione di cui pochi allievi perderebbero una parola. …Partendo da un pezzetto di gomma si può dare una mano a sviluppare ciò che a tanti giovani sembra mancare: l’autoconsapevolezza, l’autocontrollo, la capacità di risolvere un conflitto, di cooperare…"

Non mi sembra di dover aggiungere altro se non che a molti di quegli adolescenti ottusi, forse, piacerebbe avere un professore all’altezza della situazione!
Sabrina Lezzi