CONTROLLI AMMINISTRATIVI E PARI OPPORTUNITA'

Gazzetta * 03 marzo 2006 *  Torna indietro - Puoi premere ALT+I e INVIO  Chiudi la pagina web - Puoi premere ALT+X e INVIO(gazzetta-politica)* Caratteri grandi-medi-normali * Accessibilità


 

A proposito delle due ordinanze del TAR e del Consiglio di Stato
CONTROLLI AMMINISTRATIVI E PARI OPPORTUNITA’

Non solo senza idee ma anche senza controlli: la scommessa, avviata dalla legge 81/1993, di rendere i comuni protagonisti per lo sviluppo locale è persa. Sono chiamati “nuovi” ma i municipi hanno perso il significato originario (munia capere=assumere doveri) perché molti amministratori hanno due chiodi fissi in testa: più potere e più soldi da intercettare. Senza dare conto a nessuno.
Un esempio dalla mia esperienza di consigliere comunale, a Veglie: la nomina della Giunta, tutta maschile, del Sindaco Fai.
Nessuno, nemmeno il Sindaco Fai, ha messo in dubbio che il suo provvedimento è contro il rinnovato art. 51 della Costituzione; é contro l’art. 6 del Testo Unico n. 267/2000; ed è contro l’art. 32 dello Statuto del Comune (“Nella composizione della Giunta è garantita la presenza dei rappresentanti di entrambi i sessi”).
Molto, invece, si è discusso sulla possibilità, per i consiglieri di minoranza, di ricorrere, pagando di tasca propria, al controllo esterno del Tar di Lecce e di resistere al controricorso al Consiglio di Stato proposto dal Sindaco Fai, con motivazioni discutibili e con i soldi della collettività. Le risposte, ancora provvisorie, perché in sede cautelare, dei due collegi,  sono state opposte e contrastanti. Il Tar di Lecce ha ritenuto legittimo l’intervento “a tutela di interessi che, altrimenti, sarebbero in concreto privi di protezione in sede processuale”; il Consiglio di Stato, invece, ha sostenuto che “la materia trattata (trova soluzione) sul piano della dialettica “maggioranza-minoranza”.
Comunque finisca la partita giuridica è certo che, sul piano politico, la mancanza di controlli interni ed esterni lascia molti interessi pubblici privi di protezione e di difesa.
La situazione in moltissimi Comuni.
Da cinque anni la vita amministrativa soffre di un vuoto spaventoso in materia di controlli. Se escludiamo il controllo penale, lo spazio delle illegittimità  che non sono reato è enorme.
I controlli interni previsti dal T.U.E.L. (interpellanze, mozioni, petizioni…) sono quasi sempre inefficaci: “Tu parla e scrivi, io decido”. La Commissione di garanzia delle minoranze e controllo consiliare è sempre prevista dallo Statuto ma mai messa in atto. Il parere preventivo di legittimità di un atto da parte del segretario, sempre più direttore generale, non c’è più. Il difensore civico, nei pochissimi casi in cui è stato nominato, è figura anfibia e con poteri molto limitati. Né la minoranza può utilizzare la mozione di sfiducia o le dimissioni contestuali per esercitare il controllo. Nel Comune di Veglie, ad esempio, solo per presentare la prima occorrono otto firme, per sfiduciare un Sindaco che viola la legge, ne occorrono almeno 11; ma il sistema elettorale assegna alla minoranza solo 7 consiglieri su 21. Anche se i voti dei sette consiglieri, assommati, rappresentano il 60% degli elettori votanti.
Con l’abolizione dell’art. 130 della Costituzione, conseguenza logica della modifica del precedente art. 114, non vi sono più controlli esterni. Preciso subito che non sono tra i nostalgici del Co.re.co.. La forte valorizzazione delle Autonomie locali che ha ispirato la riforma costituzionale del 2001, sviluppando il principio fondamentale dell’art. 5 Cost., ha determinato due conseguenze: il riconoscimento del potere di autorganizzazione di ciascun ente locale (lo statuto comunale diventa “la piccola costituzione” del comune) e il superamento del tradizionale regime dei controlli esterni sugli atti del Comune, con un sostegno alla tesi che di un’amministrazione occorre valutare la gestione e non i singoli atti. E per la gestione basta il controllo dei cittadini, al momento del voto.
Le prospettive delle modifiche istituzionali.
Ma anche il legislatore si è accorto che il controllo degli atti è importante e che un tale vuoto, dopo cinque anni, non può più reggere. Con la Legge n. 131/03 ha delegato il Governo a risolvere il problema. Il 2/12/2005 il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, uno schema di Decreto legislativo in cui, per i controlli, l’elemento cardine è ancora l’orizzonte interno di ciascun Comune. Ma non ha escluso che possano essere previsti dei supporti esterni per agevolare e assicurare l’esercizio di forme efficaci di autocontrollo. La prospettiva indicata è dar vita ad un sistema integrato (interno-esterno) per ciascun ente locale, la cui garanzia di funzionamento è assicurata dal nuovo volto della Corte dei Conti.
Ma queste sono solo prospettive e, tra referendum sulle modifiche costituzionali e elezioni politiche, la soluzione appare nebulosa e lontana.
Intanto, stando ai fatti, una certa cultura politico-amministrativa si rafforza ed assume, con l’esclusione delle minoranze, la veste della tirannide della maggioranza. Dove, invece, c’è l’inclusione delle minoranze, quasi sempre c’è l’esclusione dei cittadini. Perché senza i controlli la tentazione del consociativismo è pressante. E la trasparenza, in una cultura consociativa, non serve né a maggioranza né a minoranza.
A Veglie la minoranza, nel controllo del Sindaco Fai, ha raggiunto un obiettivo: ora una donna in Giunta c’è. Ma non è riuscita a spiegare ai più che la questione non era marginale (“Veglie non ha altri problemi?”), non era strumentale (“volete destrutturare la maggioranza”), non era solo di genere (“se sono capaci, conquistino da sole il posto in giunta”).
La soddisfazione per l’obiettivo raggiunto non nasconde la preoccupazione che occorre produrre gli stessi sforzi, se non maggiori, per tutelare altri interessi continuamente saccheggiati e per difendere i cittadini dalle continue irregolarità perpetrate in tanti altri settori della vita amministrativa (Tributi, Lavori Pubblici, Urbanistica…).
La democrazia comunale è in agonia. Oggi chiunque guidi un Comune, anche se è minoranza rispetto alla maggioranza dei votanti, è legittimato a privatizzare la cosa pubblica e a gestirla come una s.r.l.. Il responsabile di essa, forse, è tenuto a dare conto solo alla banda dei soci.
                               

Prof. Antonio Greco
Consigliere comunale e già sindaco di Veglie


                          

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