«Quegli assassini ancora in libertà»

A poco meno di una settimana dalla notizia della chiusura dell'inchiesta sulla strage della Grottella, i cittadini di Veglie, paese natale dei tre vigilantes barbaramente assassinati, sono visibilmente scossi. Come il maggiore Giovanni Palma, comandante della Velialpol.

Comandante, come avete reagito alla chiusura delle indagini?

«Una reazione di sconcerto era indubbia. Sapere che almeno altri otto/dieci componenti di quel commando criminale sono ancora fuori ad agire indisturbati, non ci fa certo stare tranquilli. Il loro posto non è per strada, tra la gente comune, è altrove. Ma nessuno dei miei uomini ha avuto, nemmeno per un attimo, un ripensamento in merito al lavoro che svolge».

Perché crede che le indagini siano terminate?

«Episodi di tale gravita possono trovare soluzione in 48 ore come in moltissimo tempo. Spero che gli inquirenti si impegnino al meglio, finora l'hanno fatto con incisività, forse è mancato quel pizzico di fortuna che aiuta. Non dimentichiamo che esiste un'altra giustizia, quella divina».

La collaborazione della gente comune potrebbe coadiuvare gli inquirenti, eppure pare sia assente. Perché?

«Chi può aver visto o sentito qualcosa ha paura di mettersi contro questa gente senza scrupoli. Non credo si tratti di omertà. I cittadini dovrebbero solo avere maggiore fiducia nella macchina della giustizia».

I familiari delle tre vittime, gridano vendetta più che giustizia...

«Una reazione giustificabile. Nessuna giustizia potrà restituire loro i propri cari. Ma sapere quei malviventi dietro le sbarre li avrebbe, almeno in parte, tranquillizzati. Quelle famiglie hanno perso dei padri, dei figli, dei mariti, ma non possiamo metterci al pari dei loro assassini. È il sentimento di giustizia a dover prevalere».

Ci sono stragi sulle quali si continua a lavorare da decenni. C'è una giustizia di serie A, e una di serie B?

«C'è una sola giustizia ed è uguale per tutti. Chi l'amministra è dotato di seria professionalità, ma è attrezzato per far fronte al possibile, non all'impossibile».

Dov'era lei la mattina del 6 dicembre quando ha ricevuto la notizia della stra­ge?

«Ricordo perfettamente di essere uscito di casa alle 7 in punto. Pochi minuti dopo il mio arrivo alla Velialpol fui avvisato via radio. Il collega non risparmiò i dettagli. Raggiunsi immediatamente il luogo della strage, dove già si trovavano due nostre pattuglie. Impossibile dimenticare...».

L'ombra di quell'episodio aleggerà sempre sul vostro lavoro?

«Quell'ombra vivrà soprattutto dentro di noi. Come comandante della Velialpol e come uomo mi impegnerò sempre a tener vivo il ricordo del sacrificio dei miei tre uomini. Quanto al nostro lavoro, cercherò di sensibilizzare le istituzioni sulla necessità di riconoscere uno status giuridico alle guardie speciali giurate. Ringrazio l'impegno profuso, da quel 6 dicembre, dalle forze dell'ordine come dalla Prefettura e dalla Questura. Spero che l'impegno assunto dai nostri politici porti ad una soluzione. Non si può lavorare con una legge ormai superata».

All'entrata dell'istituto della Velialpol è affissa al muro una preghiera delle guardie giurate: «...ricordati di coloro che hanno pagato alto il prezzo degli ideali alla giustizia con il sacrificio del loro sangue e delle loro vite. Chi cade osservando la legge non può essere distrutto...».                    F.P.

Da Il Quotidiano di Lecce, 12 ottobre 2000.