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da il paese nuovo del 3/11/2012


La piazza e il sentire del bene comune

Adue anni dall’ultimo intervento sul caso “Piazza E. Ferrari” di Veglie la Pubblica Amministrazione del Comune salentino è rimasta drammaticamente inerte. Non solo, la situazione generale di degrado del bene pubblico – sempre che la P.A. in questione abbia mai considerato la piazza come bene della collettività – è drasticamente peggiorata tenuto conto che oltre all’annoso problema del graffitismo, estesosi per l’intera lunghezza della parete antistante, vi è ora anche l’aberrante fenomeno di incuria dell’arredo che s’aggiunge ad una situazione già ex se compromessa.

Per chi segue per la prima volta la vicenda del bene pubblico di piazza E. Ferrari potrebbero occorrere adeguati strumenti conoscitivi per valutare oggettivamente la vicenda, dunque sono doverosi alcuni rimandi ai fatti pregressi che ne hanno segnato la storia ed in particolare ad uno di questi: ci si riferisce alla sequela di graffiti comparsi a partire dal 2009 e continuati pressoché sino ad oggi, tutti raffiguranti persone che, in vario modo, perdevano la vita in altrettanti incidenti stradali; mentre alcuni writers solevano raffigurare i loro amici mediante vignette simboliche altri ricorrevano a veri e propri “necrologi” interpretando, in entrambi i casi, surrettiziamente il concetto di luogo pubblico comune. A ciò si aggiungeva un inconcepibile “non intervento” delle istituzioni che silenziosamente prendevano di fatto una posizione di “accettazione” dell’accaduto, schierandosi così a favore dei pochi. A completare il quadro, vi è da aggiungere che i fatti di graffitismo sopra riportati,

costituivano reato e pertanto sic et simpliciter perseguibili. Tuttavia gli appelli rivolti in varie circostanze agli organi esecutivi, nonché politici, dell’ente comunale sono rimasti silenti, generando semmai una reazione diametralmente opposta: sembra che acuti interessi di parte abbiano scandito l’inerzia burocratica così se da una parte non si è mai intervenuti dall’altra si fa strada l’idea di un’omissione dolosa a voler rimediare, ripristinando i luoghi – la piazza – nella sua originaria destinazione. Vi è, infatti, da dire che la P.A. di Veglie non ha mai tenuto conto del fenomeno sociale che il suo atteggiamento ha prodotto: ci si riferisce a quell’imparzialità e buon andamento cui le amministrazioni devono “tendere” affinché non si generino nefande compressioni di eguaglianza, anche nella pietas dei defunti come succederebbe in casi consimili a quello qui analizzato. Ed è proprio in ciò, più che nel graffitismo, che si ravvisa il degrado della Piazza Ferrari:lasciare che vengano commemorate in un luogo pubblico destinato ai giovani le vite spezzate sull’asfalto con un monito ulteriore: se non si vuole legittimamente cambiare la destinazione del bene, da luogo di ritrovo in luogo di ricordo delle vittime della strada, per lo meno il Sindaco ponga termine alla deprecabile presa di parte a favore di chi e perché possa essere commemorato e contempli la generalità di chi sulla strada perdeva la vita.

Domenico VESE*

*Università Cattolica

del Sacro Cuoe

donatovese@twitter




La piazza e il sentire del bene comune Il graffitismo e il ricordo delle vite spezzate
Il paese nuovo
14/11/2012