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Sansificio di Veglie, il  Consiglio Stato chiude la questione: non si realizzerà

La sesta sezione del Consiglio di Stato ha respinto, ritenendolo inammissibile, il ricorso presentato dal "Consorzio agrario Salento agricolo" nel tentativo di revocare un precedente pronunciamento. Contro quel progetto di un opificio per nocciolino, diversi Comuni e imprenditori agricoli.


 

ROMA – Il sansificio a Veglie non si farà. Una sentenza della sesta sezione del Consiglio di Stato (presidente ed estensore, Stefano Baccarini) respinge, ritenendolo inammissibile, il ricorso presentato dal “Consorzio agrario Salento agricolo” nel tentativo di revocare un precedente pronunciamento della quarta sezione che, di fatto, dando ragione ai giudici del Tar di Lecce, riteneva sacrosante le rimostranze di un gran numero di enti pubblici, associazioni e aziende private, contro la realizzazione dell’opera per la produzione di nocciolino.

Di fatto, il pronunciamento di oggi sancisce un “no” definitivo alla creazione della struttura, che sarebbe dovuta nascere in un immobile ormai dismesso, preso in affitto dall’Oil Salento. Si chiude quindi una questione a dir poco annosa.

Contro quel progetto si era creato un vero e proprio sbarramento, formato dai Comuni di Veglie, Porto Cesareo San Donaci, San Pancrazio Salentino, ma anche camera del lavoro della Cgil, Cia, Legambiente regionale e una serie di aziende agricole, tutti concordi nel ritenerlo svantaggioso per un’ampia porzione di territorio, a cavallo fra le province di Lecce e Brindisi.

L’istanza originaria riguardava il permesso di costruire in sanatoria per un impianto di trattamento di sansa vergine in un vecchio pomodorificio da riconvertire all’uopo. Qui si sarebbe dovuto realizzare e commercializzare il nocciolino, ricavato dal sottoprodotto delle olive. Il tutto, in un’area qualificata sul piano urbanistico di Veglie come agricola e inserita nel“Parco del Negramaro”.

Il “Consorzio agrario Salento agricolo” riteneva fondato il progetto, sulla base del presupposto che l’impianto sarebbe sorto in zona classificata E2, dove, cioè, si possono insediare, oltre alle attività d’agricoltura in senso stretto, anche quelle in qualche modo assimilabili, compresi opifici, “purché strettamente connessi con la trasformazione dei prodotti agricoli e con la zootecnica”.

Gli enti che si erano opposti, Comune di Veglie in testa, avevano fatto notare però, già nelle prime battute del procedimento, che in precedenza i titoli edilizi dell’Oil Salento erano stati annullati in sede giurisdizionale date le notevoli dimensioni dell’impianto e le sue “eccezionali capacità produttive” e, in sede d’appello, anche per incompatibilità con la disciplina in zona, dato che l’impianto non avrebbe presentato connessione reale con l’attività agricola.

Tutte eccezioni che si sono poi riversate anche sul Consorzio, poiché la sansa vergine è stata qualificata, se non proprio come rifiuto, come sottoprodotto di lavorazione, ponendo l’impianto come “attività industriale di secondo livello” senza connessione con la “chiusura del ciclo produttivo agricolo”.

Ricorrendo contro quel giudizio, il Consorzio ha ritenuto (fra le varie contestazioni) che vi fosse stato un errore di fondo. A suo avviso, la materia sarebbe dovuta essere argomento da rinviare alla Corte di giustizia europea. E questo facendo leva in particolare sull’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (principio di libertà d’impresa) e sull’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea in merito alla discriminazione basata sulla territorialità.

Dunque, avrebbe dovuto l’Europa in primis sancire l’esatta qualificazione della sansa (che è poi uno dei nodi della questione) e se la dimensione dell’impianto potesse essere o no elemento tale da snaturare il carattere agricolo dell’attività, e i giudici nazionali tenere conto di quelle indicazioni.

La sesta sezione, però, nel contestare tutti i punti, ha in particolare ribadito quello che si può definire un caposaldo della giurisprudenza: nella sessione precedente, il Consiglio di stato aveva ormai formato una decisione definitiva. E, dunque, non si può riaprire il procedimento, tramite revocazione, sostenendo che quella sentenza fosse in contrasto con il diritto comunitario. Il principio sacro del giudicato, dunque, prevale anche rispetto all’eventualità (tutta comunque da dimostrare) che quel diritto sia stato violato. 


Il “Consorzio agrario Salento agricolo” era difeso dagli avvocati Gianluigi Pellegrino e Angelo Clarizia. Enti e privati dagli avvocati Pietro Quinto, Adriano Tolomeo, Saverio Sticchi Damiani e Angelo Vantaggiato. 

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sentenza integrale Consiglio di Stato del 23 giugno 2014  http://www.veglieonline.it/leggimi.asp?id=1110


 


Sansificio di Veglie, il Consiglio Stato chiude la questione: non si realizzerà.
lecceprima
26/06/2014