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Carissimo don Fernando,

indirizzo a Lei queste mie riflessioni nella speranza che, ritenendole utili, possa farle presenti a sua Eccellenza Mons. Rocco Talucci, arcivescovo di Brindisi ed Ostuni.

E' risaputo che, con quest'anno, si chiude il ciclo storico della tradizionale processione di Gesù morto, all'alba del Sabato Santo. Non ha senso parlare dell'importanza del fenomeno puramente locale, parrocchiale, quindi infinitesimale se inserito nell'immenso contesto dell'esperienza della “Ecclesia”.

Infinitesimale, trascurabile è il valore dato a questa tradizionale processione del Sabato Santo, tanto trascurabile che si è ritenuto opportuno sopprimerla.

Ho vissuto parte della mia vita giovanile all'ombra dei campanili parrocchiali di Veglie e, penso di essere stato permeato da qualche principio del Messaggio Evangelico. Non posso dirmi un cattolico fortemente professante ma sono convinto della indispensabilità del messaggio di Cristo agli uomini.

Si potrebbe dire che, a questo punto, non ho più diritto di parola su argomenti e scelte che riguardano la vita dei cattolici della mia comunità cittadina; se questo è vero voglio trasgredire questa buona consuetudine e dire la mia, riconoscendo il sostrato di imposizione del mio dire.

Non sono d'accordo nell'abolire la Processione di Gesù morto all’alba del Sabato Santo.

Il pensiero comune di molti dei presenti alla processione ruota intorno all'idea dell' “umanizzazione” della Divinità di Gesù; per i presenti è come accompagnare Gesù morto nel suo ultimo viaggio terreno verso il sepolcro, è come dare l'ultimo saluto prima di dare degna sepoltura a quel grande Uomo di Gesù. Io penso che sia la “Pietas” degli antichi greci a muovere i presenti a partecipare a questo nostrano rito. E' un sentimento di profondo riconoscimento della grandezza del Gesù morto che porta i presenti a rinunciare con gioia ad alcune ore di sonno, quelle più belle, quelle dell'alba. E' la presa di coscienza della grandezza dell'evento che muove i presenti.

Non so quanto tutto questo abbia che fare con la Religione ma, se non c'è la “Pietas”, una forma di religione primordiale, come posso pensare ad una forma di religiosità più evoluta dove “la Ragione illumina la Fede”?

Questo potrebbe avere poca importanza se astraggo il fenomeno dal contesto in cui si verifica, ma se le dico che oltre il 60% dei presenti ha un'età inferiore ai trent'anni e che moltissimi sono degli adolescenti, pensa che abbia importante porre attenzione a quel senso di “Religiosità primordiale, istintiva”, che questi giovani adolescenti manifestano?

Ma nell'Antigone di Sofocle (450 a.c.) la protagonista non pone in essere l'eterno dilemma se sia prioritario ubbidire alle leggi morali, che sono molto antiche e trascendono l'uomo o ubbidire alle leggi scritte dell'uomo?

Forse c'è un certo germe che risale a qualche esperienza tribale in questa processione, ma ho visto anche tanta libera partecipazione, tanto buon terreno su cui seminare il germe della speranza, un messaggio di pace di autentica ispirazione evangelica.

Andare verso l'ultimo, andare verso chi, pur sentendo una spinta di primitiva religione, aspetta la buona parola, non può essere modo per sentirsi strumento della chiamata Divina? Parlare il linguaggio che è proprio di chi ascolta, non è forse stata una delle grandi capacità di Giovanni Paolo II? Sono queste delle rifles

sioni che di anno in anno, ho visto nascere e crescere in conseguenza della mia partecipazione alla processione del Sabato Santo. Sono queste le riflessioni che, non penso io debba tenere solo per me.

Nella speranza che i toni non sia stati fortemente stridenti, voglia accettare i mie fraterni saluti nell'augurio di una Santa Pasqua.

Gennachi Nicola


LA PROCESSIONE ALL'ALBA DEL SABATO SANTO E' ORMAI STORIA?
GENNACHI NICOLA
07/04/2007