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Arcidiocesi Brindisi-Ostuni
Ufficio Stampa
COMUNICATO STAMPA
Caso di Eluana Englaro. Intervento dell’Arcivescovo Talucci In merito agli sviluppi sul caso di Eluana Englaro, vicenda sulla quale nei giorni scorsi la giustizia italiana si è espressa in maniera definitiva attraverso una sentenza della Corte di Cassazione, S.E. l’Arcivescovo, Mons. Rocco Talucci, mentre invita i singoli e le comunità alla preghiera, propone le seguenti riflessioni:
Nell’epoca di ampio dibattito sul riconoscimento dei diritti, tra i più vari, della persona, appare quanto mai strano che si continui a discutere del diritto base, quello alla vita senza il quale gli altri mancherebbero di fondamento.
Ogni vivente è soggetto di diritti: un diritto primordiale è quello al nutrimento, qualunque sia lo stato di vita, sia esso forte e stabile, di chi cioè sa nutrirsi da solo, sia esso più debole e infermo, di chi cioè per mangiare e bere ha bisogno dell’aiuto dell’altro. Per quest’ultimo può risultare faticoso curare l’infermo che non parla, non risponde, non chiede, non ringrazia.
Non per questo l’infermo perde il diritto e il sano può voltargli le spalle!
Quale uomo può sentenziare che si può sospendere la nutrizione? Quale uomo può negare all’altro questo diritto fondamentale?
Chi si trova nel bisogno chiede aiuto: è il grido di ogni povero, anche di colui che preferirebbe morire piuttosto che essere povero. Nel momento in cui un uomo è incapace di provvedere a se stesso grida il suo bisogno a chi è capace di sostenerlo!
Eppure gridiamo contro la pena di morte! Ed è giusto perchè la vita vale più del crimine eventualmente commesso. Eppure “condanniamo” a morte i deboli che non sono capaci nemmeno di guardare negli occhi coloro che gli stanno facendo del male.
La sofferenza toglie forse la dignità? Colui che soffre gravemente, è forse meno uomo degli altri?
Ecco allora il vero momento della solidarietà umana, quella cioè di chi non lascia da sola una famiglia incapace di offrire sostegno a chi è nel bisogno.
Lasciar morire, o peggio ordinarlo, è l’incapacità di amare, è la manifestazione della debolezza del diritto, è il rifiuto della pazienza e dell’attesa, è la rassegnazione della politica, il trionfo dell’egoismo, è la “non-cultura” della morte, è l’offesa della vita di ogni uomo.
Vorrei ascoltare un Dio che si fa uomo e un uomo che vive secondo il Dio della vita. Gesù diceva: “Avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete e mi hai dato da bere. Quello che hai fatto al prossimo l’hai fatto a me!”. È così che parla chi ama la vita. Anzi, è questa la vita!
Il mio pensiero va a quelle migliaia familiari di uomini e donne che da anni vivono in coma, ma che sanno guardare, amare, assistere, sperare e condividere; sanno contemplare una vita che si spegne, ma non sarebbero mai capaci di spegnere quanto è ancora da vivere. Eppure con le lacrime sanno sorridere e cantare per offrire col cibo e la bevanda la musica della vita.
Permettere la morte, non comprendo con quale legge e con quale autorità, è una offesa all’enorme schiera di persone che, nel silenzio e nell’amore, preferiscono soffrire pur di rispettare la vita.
Il tempo dei diritti è anche tempo di solidarietà. In questo tempo bello non è possibile distruggere il diritto e negare la solidarietà.
Chi è giudice della vita? L’uomo è tale fino all’ultimo respiro che prima o dopo avverrà. A nessuno è lecito intervenire con violenza al penultimo o al terz’ultimo respiro in cui ancora pulsa la vita.
Brindisi, 17 novembre 2008 + Rocco Talucci
Arcivescovo Caso di Eluana Englaro. Intervento dell’Arcivescovo Talucci Mons. Rocco Talucci 19/11/2008 |