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AZZURRO, TROPPO AZZURRO di Paolo Di Stefano, Feltrinelli, 1996 E’ complesso questo romanzo di Paolo Di Stefano e richiede una lettura attenta. Inutile correre all’ultima pagina per vedere come finisce la storia, quello lo si può dedurre fin dall’inizio. Contano invece il susseguirsi degli avvenimenti, lo svolgersi dei fatti e gli interrogativi che non trovano risposta. Tutto è già stato compiuto. “ E’ successo e basta, nessuno saprà mai perché”. Il protagonista, prima dell’atto finale, prima che venga calato il sipario, vuole ricordare anche i minimi dettagli. Il copione, che pareva scordato è, invece, indelebilmente impresso nella sua mente. In un’alternanza fra l’attimo presente e le sequenze di vita riprodotte dalla memoria, pian piano tutto si ricompone. E in quel tutto trovano posto anche il dolore e le lacrime che parevano esauriti da tempo – o forse mai esistiti – riconducendo la tragedia verso una dimensione umana. Anche nell’uomo, visto come meccanismo perfetto, quando si inceppa un solo elemento ne viene stravolto tutto l’insieme. Inesorabilmente, quello che dovrebbe essere comportamento naturale non lo è più; il male, che mai dovrebbe essere concepito, viene compiuto come a comando. L’ultimo barlume di lucidità, per porre fine a questo giro perverso, conduce all’auto annientamento. “Cercar di capire”: non può che essere stato questo l’input dello scrittore davanti al fatto di cronaca. Cercar di capire un minimo di quell’enorme misterioso magma che si agita nella mente umana, lo spirito che tiene il lettore incollato a questo romanzo dal principio alla fine. Rizzo, ragazzo taciturno e triste, emigra dalla Sicilia per prendere residenza a Milano. Cerca e trova lavoro ma, insofferente alla subordinazione, ogni volta abbandona il posto, senza preavviso. Il suo incontro con Roberta non riuscirà a renderlo felice, ma contento sì; quando questa, stanca dei suoi silenzi lo lascia, lui tornerà, solo, a catalogare articoli di cronaca nera e a rivangare i pensieri che, prendendo le sembianze delle persone che conosce, si tramuteranno in manie, ossessioni ed incubi, infine in tremenda carneficina. Azzurro, troppo azzurro: Romanzo raccontato in terza persona, (ad esclusione delle lettere inviate da Roberta a Rizzo) dove l’autore fa sì che personaggi, luoghi, ambienti, sensazioni e sentimenti, vengano minuziosamente scandagliati, senza pretendere di spiegare l’inspiegabile: alcune incognite rimarranno tali, invogliando i lettori a intraprendere personali percorsi investigativi. Si conoscerà, per esempio, il vissuto di Rizzo con la probabile origine della sua tristezza; ma non verrà diradata del tutto la nebbia che s’é portata via Roberta, la giovane con la quale l’uomo pareva aver raggiunto una certa stabilità. Nel corso della lettura si conosceranno, Bonomi, Cipponi, Paolina e la sua famiglia, tutti personaggi che hanno avuto la disgrazia d’incrociare Rizzo sulla loro strada.
E’ ricorrente, nelle opere di Paolo di Stefano, il capovolgimento del ruolo genitoriale. Anche qui, contrario al consueto stereotipo familiare, ad essere più presente, confidenziale e solerte nella vita della piccola Paolina, è il proprio padre. dania Gennaio 2009 AZZURRO, TROPPO AZZURRO DI PAOLO DI STEFANO dania 1/01/2009 |