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TUTTO QUANTO E’ NOIA…

27 dicembre 1996
In alto, su di un cavalcavia dell’autostrada Torino-Piacenza, sosta un gruppo di ragazzi: guardano un’auto arrivare da lontano, prendono la mira e lanciano un masso che colpisce, sgretolando il parabrezza… Dall’alto qualcuno grida “Ho fatto centro”, mentre dall’auto bloccata s’elevano le grida impotenti e disperate dell’uomo che era alla guida: la donna che viaggiava al suo fianco, Maria Letizia Berdini, sua moglie da sei mesi,  muore, così, a soli  31 anni.

Il gruppo verrà individuato, si tratta di  ragazzi normali, neanche più tanto giovani, che avevano trovato un diversivo per ammazzare la noia. Hanno ammazzato, invece, una giovane donna.  L’appellativo di cretini non basta più, cambia, si fa oscuro, pesante, orribile, in un attimo si trasforma in ”assassini”. Saranno condannati per omicidio. Come dare torto al padre della vittima che li ha definiti “mostri”? Chi, se non mostro, può rubare per gioco una vita?

Ma quella definizione  è stata respinta dall’allora Presidente della Camera. Luciano Violante che  il 17 febbraio del ’97, in un teatro di  Roma, rispondendo a una critica disse fra l’altro: “La figura del mostro non aiuta a capire le cause di questi crimini, che vanno oltre le responsabilità individuali, e quindi non ci aiuta a prevenirne il ripetersi nel futuro”. 

Ecco l’altra faccia della medaglia: tra le parole di Violante possiamo “leggere” la chiamata in causa della società… ne consegue che, Maria Letizia Berdini l’abbiamo uccisa tutti noi.

APRILE 2009
“I componenti della banda del cavalcavia, trascorreranno ai domiciliari i quattro ultimi mesi di condanna, poi torneranno in libertà.”
Il padre di Maria Letizia Berdini inorridisce; in un’intervista afferma: “Provo lo stesso dolore di quando mia figlia è stata uccisa” e aggiunge: “Mi era stato promesso che i colpevoli avrebbero scontato in carcere tutta la pena”.

Per chiarirci un poco, facciamo una breve ricerca:
I giovani della Cavallosa, per l’omicidio di Maria Letizia Berdini, in primo grado sono stati condannati a 27 anni e 6 mesi; col rito abbreviato, si son visti ridurre la pena di un terzo, quindi condanna a 18 anni e 4 mesi,  confermata dalla Cassazione. In seguito otterranno di sconto, 3 anni per indulto e ulteriori 3 anni (risultati dal conteggio di 45 giorni per ogni 6 mesi), per buona condotta. In questi giorni, dal carcere, sono passati agli arresti domiciliari e vi resteranno fino all’inizio di giugno, dopodiché torneranno ad essere  liberi cittadini a tutti gli effetti.
 
C’è da perdersi nei conteggi fra detenzione in carcere e arresti domiciliari, certo è che, a fine pena, non saranno passati 12 anni dalla tragica sera.
Comunque, conteggi giusti o sbagliati, si deve tener conto che non vi sono state evasioni né fughe all’estero e che per il reato commesso, col mese di giugno queste persone avranno  pagato tutto quello che la legge ha loro richiesto. Che poi le leggi siano sbagliate… se poi si siano ravveduti… è tutto un altro discorso.

Piergiorgio Vittorini, l’avvocato che ha assistito il marito di Maria Letizia Bordini, ha così commentato la concessione dei domiciliari: “Non c’è meraviglia, la loro condanna sta per finire. Mi auguro che questi anni di carcere siano serviti a qualcosa ed escano delle persone migliori di quelle che erano entrate. Quelli erano giovani senza futuro, spero che adesso sapranno costruirsene uno” .

Poiché la pena è stata scontata, poiché il carcere deve servire a redimere e rieducare, non possiamo che augurarcelo tutti quanti. Ma, torniamo alle parole, alquanto significative, di Luciano Violante: capire per prevenire.

“Capire le cause di questi crimini” Qui ci aiuta la Pubblica Accusa: gli imputati  della Cavallosa hanno agito per NOIA. 

“Che vanno oltre le responsabilità individuali” Questo lascia quantomeno perplessi. Qui non si tratta di bambini e neppure di minorenni lasciati a se stessi: la banda della Cavallosa è composta da elementi che andavano dai 18 ai 25 anni, età cui ognuno, se non affetto da infermità mentale, è responsabile delle proprie azioni. Un’età in cui si ottiene la maturità scolastica, il diritto al  voto, la patente di guida, la facoltà di emanciparsi dalla famiglia originaria, di fidanzarsi, sposarsi e generare  figli.
Se nonostante tutto ciò questi  vanno sul cavalcavia a tirare sassi, dobbiamo  sentirci  responsabili noi? Noi  che la noia non l’abbiamo conosciuta mai, perché abbiamo dovuto rimboccarci le maniche fin da piccoli? Noi che avevamo un unico pensiero fisso: quello di collaborare in famiglia per mettere insieme il pranzo con la cena? Noi che la scuola abbiamo dovuto lasciarla troppo presto, per poi rincorrerla al serale o in quelle poche  altre opportunità che ci son state concesse?

Va bene, la società è unica, quindi i figli sono tutti nostri. Va bene, ammettiamolo: abbiamo sbagliato. Abbiamo sbagliato sì, per pareggiare il conto con quello che non abbiamo avuto noi, ci siamo fatti in quattro e ai nostri figli abbiamo dato troppo e loro, avendo avuto tutto gratuitamente,  non sono stati capaci di trasmettere alla generazione successiva quei valori che noi, per il troppo daffare, abbiamo posto in secondo piano. Ma se sbagliare è umano,  battiamoci il petto sì,  ma poiché è il  perseverare che è diabolico, non fermiamoci  a quello.

“Per prevenire il ripetersi nel futuro”. D’accordo,  non si dovevano chiamare mostri i ragazzi della Cavallosa.  D’accordo, si dovevano ricercare e  capire le cause per prevenire il ripetersi di tragedie simili. Appurato che la causa è stata individuata nella NOIA, chiediamocelo, e chiediamolo a chi ci governa, che cosa si è fatto nel corso di questi dodici anni per combatterla e prevenire altri crimini?

Poco o niente, vien da dire. Se tutti i giorni la cronaca racconta di gruppi di ragazzi che per scacciare la NOIA malmenano, quando non cospargono di benzina per poi trasformarli in torce umane, poveri malcapitati che riposano nelle panchine dei parchi o delle stazioni…

Se si viene a conoscenza che gruppi di minorenni invadono i binari con materiali ferrosi e altro, per causare il deragliamento del treno, tanto per vedere che effetto fa…

Se si verificano frequenti casi  di  efferati stupri di gruppo, anche di minorenni su minorenni, così, tanto per passare il tempo…

E se poi si sente ancora di tanti, tanti altri, che  per noia si impasticcano e  bevono fino ad ubriacarsi  e poi, col cervello annebbiato, si mettono alla guida di auto veloci e investono e uccidono, scappando poi via, senza prestare soccorso...

Sì, chiediamocelo, noi genitori  e chiediamolo ai politici:  che cosa è stato fatto per prevenire tutto questo, e tutto il tragico resto di cui danno notizie i media?

Ci vogliono condanne esemplari; ci vuole la certezza della pena: così s’invoca, giustamente, da tutte le parti. Ma quant’è desolante dover rilevare che quando arriva la pena, per quanto certa, per quanto severa, è perché la disgrazia si è già irrimediabilmente  consumata!

Prevenire, è l’unica voce che può ancora  dare speranza. 
La noia nasce dall’ozio. E allora, mandiamoli a lavorare questi ragazzi, in ogni scampolo di tempo dopo la scuola.  Non si tratta di favorire e  giustificare lo sfruttamento minorile, si tratta di mandarli a bottega, da maestri artigiani, a cogliere interessi, “a rubare”come si diceva una volta, un qualsiasi mestiere, per la soddisfazione personale e  senza lo spauracchio del voto o della bocciatura.
Va scomparendo  l’artigianato  perché la mano d’opera costa cara, ma soprattutto, perché nessuno è più incentivato a imparare un mestiere per passione  Meglio stare in ozio a pensare a quale diavoleria compiere  per ammazzare la noia.

Non esiste che un contadino, non possa condurre con sé  nel campo, tenendolo d’occhio e nel contempo insegnandogli il mestiere, un figlio minore di 14 anni;  non esiste che una sarta non possa invitare in laboratorio la  figlia ragazzina  e le sue amiche ad imparare a  cucire un orlo o attaccare una cerniera. Perché se lo fanno, son fuori regola e passibili  di  denuncia per sfruttamento di minore.  E allora, figli in giro ad oziare sì, figli a compiere piccoli compiti, o piccole commissioni accanto ai genitori, o chi per essi, no. C’è qualcosa che non quadra nelle nostre leggi. 

Pur scrivendolo a caratteri cubitali, e poi sottolineandolo ancora,  che esistono tanti  giovani che s’impegnano in molteplici  attività per rendersi utili alle famiglie e rendere migliore il mondo, dobbiamo rilevare che una  parte delle nuove leve  s’impantana  e si annulla nella noia,   mentre noi,  invece di agevolare i modi per dar loro una regolata, ci  preoccupiamo soltanto  che, per la  Guardia di Finanza, abbiano i libretti di lavoro in regola…  Mentre a tutto il resto ci pensa lei, sempre lei, la stramaledetta noia.

dania

29 aprile 2009


Tutto quanto è noia...
dania
29/04/2009