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Non lascia né spazio né tempo a moralisti, benpensanti, stomaci deboli e puzza sotto il naso questo romanzo in cui la fa da padrona la realtà più cruda e disperata, che non concede a nessuno di volgere lo sguardo dall'altra parte per fingere di non sapere della sua esistenza. Questa volta non è possibile ignorarla: il racconto prende, afferra, scuotendo anche le pieghe più recondite dell'animo e si fa leggere fino in fondo. E il lettore scoprirà che - come in certe radure rese desertiche dalla natura o dalla stupidità umana, rigermoglia, per esplodere poi in magnificenti fioriture, l'asfodelus albus (fiore dedicato ai morti dagli antichi Greci e Romani) - anche da situazioni di degrado, ai margini della legalità, possono scaturire episodi esemplari di rispetto verso le persone e le loro diversità, di tolleranza e di solidarietà. Dell'opera di Romain Gary, subito premiata dalla critica letteraria, quella che abbiamo sottomano è la ristampa del 2007, avvenuta a trent'anni dalla prima edizione, eppure non accusa minimamente i segni del tempo. E' Momò, ossia Mohammed, "un ragazzo molto intelligente, molto sensibile, addirittura troppo sensibile" il protagonista principale di questo romanzo, ed è proprio lui che, in prima persona, con un linguaggio immediato e crudo, adeguato ai personaggi, al luogo e alle situazioni, narra la sua storia e, insieme, quella di Madame Rosa, un'anziana ebrea sopravvissuta ad Auschwitz. La vicenda è ambientata a Belleville, nella periferia parigina dove Mohammed era stato condotto quando aveva appena tre anni e affidato a Madame Rosa, gerente di una sorta di rifugio per bambini "nati per sbaglio", per lo più da prostitute. Si è attivata in quei giorni la sua fervida memoria, dalla quale trae ora ogni episodio, attento a non tralasciare nulla e nessuno. E' un resoconto verbale, senza interruzioni e privo di autocensure, quello che il ragazzo fa alle persone che lo stanno ad ascoltare, ma lo ha promesso: un giorno, quando sarà "attrezzato per questo" scriverà "un libro vero, con dentro tutto", come ha fatto Victor Hugo con "I Miserabili" il libro che il Signor Hamil, il vecchio venditore di tappeti, porta sempre con sé insieme al Corano. Racconta Momò, del velo di mistero che ha avvolto la sua esistenza; chiede se si può nascere per sbaglio e poi vivere senza qualcuno che ti ami, o da amare. Ricorda tutte le persone che ha incontrato, mettendo in evidenza i lati positivi, senza scandalizzarsi del tipo di vita che conducono, ben sapendo che, se fosse stato possibile scegliere, avrebbero percorso strade ben diverse. Evidenzia il poco rispetto che la società perbene dedica ai vecchi, soprattutto a quelli che vivono nelle soffitte, dei quali torna memoria soltanto quando il fetore della morte si espande nella tromba delle scale. Confessa di non essere mai stato capace di raccapezzarsi nell'intricata matassa delle leggi che, benché emanate per regolamentare la vita delle persone, risultano così incoerenti da complicarla alle meno fortunate. Pone quesiti: perché è legale che si possa abortire un "giovane", mentre si nega ad un vecchio sofferente la libertà di "farsi abortire"? E ancora: "Perché viene tolta la patria potestà alle prostitute registrate, mentre le altre, quelle che si danno gratuitamente, "non sono perseguitate dalla polizia" e possono allevarsi i figli? Torna più volte, Mohammed, sulle vicissitudini che hanno fatto sì che lui e Madame Rosa fossero tutto ciò che, reciprocamente, avevano al mondo. Momò ricorda come Madame Rosa temesse l'accanimento terapeutico, ritenendolo, dopo il campo di prigionia, un'ulteriore tortura: "C'è un limite anche per gli ebrei", diceva al riguardo. E anche che, per il suo personale rapporto con Dio, rinnegava per se stessa la sepoltura religiosa: "Sono una vecchia ebrea, cui hanno fatto tutto quello che si può fare a un mensch (uomo); "Dopo Auschwitz non ho avuto che fastidi"; "Adesso è troppo tardi, quel che è fatto è fatto e Lui non deve più venire a chiedermi scusa". Momò per rassicurarla aveva giurato d'impegnarsi affinché fosse rispettato ogni suo dettame testamentario, e non ha mancato alla promessa. E' stato vicino a lei, che l'ha cresciuto rispettando la sua sensibilità e anche la sua appartenenza alla religione musulmana, a suggerire le parole d'una preghiera ebraica in quello che Madame Rosa ha invocato come "Blumentag", cioè, "il giorno dei fiori". dania
La vita davanti a se' di Romain Gary dania 3/09/2009 |