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L’ARA DEL MARMO di Ines Desideri, Carabba Editore, 2003 Fino a ieri, lento è stato lo scorrere del tempo. Poi, il progresso, e tutto ha preso a muoversi convulsamente, tanto che il passato, non appena divenuto remoto, chi lo ricorda più? Ines Desideri, col romanzo “L’Ara del Marmo”, attraverso le vicissitudini dei protagonisti Giulia e Rocco e delle rispettive famiglie, racconta come si svolgeva la vita di coloro che ci hanno preceduto di qualche generazione. Davanti ai lettori si apre uno spaccato di vita rurale ambientato nel Lazio, ma che potrebbe benissimo trovare collocazione anche in altre regioni italiane, dove la figliolanza numerosa era sempre accolta come benedizione, perché occorrevano braccia per strappare all’asperità della terra l’indispensabile sostentamento. Il bello contava poco, era la robustezza la principale qualità ricercata nelle persone, perché in campagna bisognava “battere”, sempre: nei campi prima, per spaccare le zolle e rendere il terreno fertile; nell’aia poi, per prelevare da baccelli, spighe e pannocchie, la totalità del prodotto. E ancora, in casa, dove il battere era l’unico metodo conosciuto per educare i figli, come fossero materia incandescente da forgiare per trarne veri galantuomini. Dice la voce narrante “quella mattina (Rocco) ne aveva prese talmente tante che lei (la madre) aveva dovuto smettere perché esausta”. E ancora: “Certo era toccato a lei (madre) drizzare le ossa ai figli”. Non c’era spazio, per parole o gesti teneri, ritenuti sinonimi di fiaccamento. Eppure non mancava, in mezzo a tanta rudezza, la solidarietà. Il parroco Don Beppe, dirà della madre di Rocco: “A vederla sembra indiavolata, ma ha un cuore grande come pochi…Non c’è una persona, una soltanto dico, che abbia bussato alla sua porta per un pezzo di pane e se lo sia sentito negare.” Nelle annate più avare di raccolti, alcuni dei tanti ragazzini venivano “accordati”, presso famiglie benestanti. Ne derivava uno sgravio ed anche un aiuto materiale alla famiglia d’origine. A volte la faccenda evolveva con la richiesta degli affidatari di trasformare l’accordo temporale in una sorta di adozione (“figlio d’anima”, si diceva nel Veneto”): un’ opportunità drammatica per i figli, divisi tra ”il prima e il dopo”, tra il fascino del benessere e la nostalgia delle proprie radici. Dice Giulia, vedendo per la prima volta il mare:“Se solo la mia famiglia potesse essere qui! Se solo i miei fratelli potessero giocare nell’acqua come tutti questi bambini! Oddio, se potessi dividere con loro, con loro soltanto, questo momento! Allora sì, che sarei davvero felice!” Ines Desideri, racconta con cognizione di causa. Non si ferma alla superficie dei fatti, ma affonda, mettendo in luce sentimenti e stati d’animo dei singoli personaggi. Descrive anche la guerra, con la devastazione ed i lutti. Infine, il tempo della maturità e dell’amore. Il suo linguaggio, semplice, ma curato, non manca di note poetiche. Dania 05 novembre 2009 "L'ARA DEL MARMO" di Ines Desideri dania 5/11/2009 |