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Il velo rosso è il simbolo che ogni sposa albanese indossa per perpetrare la vita.

 Solo ad uno studioso verrebbe in mente di leggere un libro di 266 pagine sulla storia dell’Albania dagli anni di re Zog alla seconda guerra mondiale, dall’avvento alla fine del comunismo, con i sogni e le delusioni di un Paese che si sente tradito dall’Europa. Ma non è necessario essere degli storici, poiché "Rosso come una sposa" di Anilda Ibrahimi è il primo romanzo, scritto in italiano, di una giovane scrittrice albanese; è il racconto delle vicende di una famiglia, attraverso quattro generazioni che si passano il testimone lungo un racconto al femminile. Sono le donne a parlare e il romanzo parla quasi solamente delle donne, protagoniste della vita in quella società albanese di cui abbiamo saputo e sappiamo ancora così poco.
Meliha è donna forte e di carattere, che dopo aver cresciuto nove figli e averne sepolti quattro, dopo una vita piena di lavoro e di lamenti funebri di cui è diventata la più brava evocatrice, si riposa anziana nella casa della figlia. “In tutti questi anni ogni volta che c’erano delle novità sono scesa al cimitero a raccontare tutto. Hanno diritto di sapere e noi il dovere di dire ciò che succede. Così non ci perdiamo. Così un giorno quando ci reincontreremo tutti, sarà come se ci fossimo lasciati il giorno prima. Così la morte capirà che anche se ha preso quello che riteneva suo, niente mai le apparterrà totalmente.”    
Poi c’è Saba, la figlia, insignificante e minuta, che è diventata una  donna colma di quella saggezza che  ha saputo costruire attingendo dalle difficoltà  della vita.
Saba, appena quindicenne, sposa Omer, già vedovo di sua sorella. La giovane, malvista da suocera e cognate, dovrà imparare da sola a gestire marito e figli, specialmente dopo lo sterminio dei suoi fratelli da parte dei nazisti. Nel difficile compito, ha come alleate dapprima le figlie e poi le nipoti, in un'epopea al femminile che attraverserà anche la lunghissima parentesi del comunismo. La fine del comunismo è raccontata dalle sue discendenti, non senza ripensamenti, perché per loro, pur tra tanti lati tragici, la dittatura riuscì a sollevare l'Albania da uno stato di arretratezza feudale. 
Sono  tutte donne albanesi l’eroine della vicenda, ma sarebbero potute essere siciliane, calabresi, greche, lucane, salentine, e sono la testimonianza di quel mondo contadino che tanto deve al loro lavoro nella costruzione e nella conduzione di famiglie segnate dalla privazione.  
Subalterne nel loro ruolo sociale, diventano protagoniste di una vita familiare che è tenuta insieme dal loro sacrificio e dalla capacità di tramandare credenze e costumi, in una società dove questi si mischiano e si confondono, tanto che persino islam e cristianità non sono poi religioni così diverse, poiché entrambe si occupano di sedare anime fatte di carne e di sangue.
“A Saba la vita non ha regalato tanto, ma abbastanza per capire che arrivare in un giorno d’autunno a contare allo specchio tutte le rughe del tuo viso è già un dono”. 
Ibrahimi Anilda, Rosso come una sposa, Ed. Einaudi  € 11.50 


Sapere non ci rende né migliori né più felici”…, ma.....
giovanni
27/12/2009