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Salice Salentino e fotovoltaico: sì a grossi impianti no a piccoli?

Lecce (Salento) – Che ci sia confusione sulla questione fotovoltaico ed energie alternative in generale non è certo una novità. A Salice Salentino è un piccolo impianto questa volta a spuntarla.

Una storia un po' particolare quella avvenuta nel comune di Salice Salentino, il tutto comincia il 14 febbraio del 2008 quando alcuni privati presentano una DIA (dichiarazione di inizio lavori), per tre impianti fotovoltaici da 1 MW l'uno. Fin qui nulla di strano, se non fosse per gli innumerevoli documenti che il comune richiede ai privati, tutti alla fine presentati. E così passano i famigerati 30 giorni, scaduti i quali il silenzio del comune per legge, implica una sorta di assenso e permette ai privati di iniziare i lavori. Ed è qui che subentra qualcosa di veramente strano, in data 24 aprile 2008 il vicesindaco e l’assessore ai lavori pubblici con una nota comunicano al dirigente di voler inibire gli impianti da 1 MW, favorendo invece quelli più grossi da 32MW. A maggio poi il consiglio comunale adottava la delibera n. 24 che con variante al PRG impediva la progettazione e costruzione di impianti da 1 mw se non a distanza da 2000 ml dal perimetro e del comune e soprattutto non potevano stare ad una distanza inferiore a 300 da un altro impianto da 1 MW. oltre a tutte una serie di limitazioni di colture ad esempio seminativo irriguo o addirittura il vigneto per la cui estirpazione, la Comunità europea versa soldi. Vigneto solitamente non autoctono e comunque danno per la nostra produzione di vino di qualità. La questione dunque, secondo quanto dichiarato dall'avvocato Antonio Malerba difensore dei privati, è che il Comune con varianti apportate al Prg abbia fatto si che venissero autorizzati i grossi impianti (sui quali ricordiamo pendono grossi investimenti e anche royalty in favore dello stesso comune), a danno dei piccoli impianti.

Una questione che viene prima portata dinanzi al Tar e poi al Consiglio di Stato il quale: “Accoglie l'istanza cautelare e, per l'effetto, sospende l'efficacia della sentenza impugnata”. La variante dunque approvata dal comune si scontra dunque con la normativa e gli obiettivi comunitari, così come dichiara l'avvocato: “L’importanza di questa ordinanza al di la del caso concreto è di portata nazionale. Poiché il Consiglio di Stato ha affermato che la variante e le misure di salvaguardia si pongono in contrasto con gli obbiettivi comunitari In sostanza in materia di energia è compito degli enti pubblici ridurre gli ostacoli normativi non complicarli ma accelerare le procedure a livello amministrativo. Il vero problema non è la variante o il comportamento del comune ma l’assenza a livello nazionale di chiari precetti di applicazione delle regole comunitarie, ma soprattutto il fallimento della legge n. 31/2008 e di quella precedentemente la n 1/2008 poi abrogata. Il fallimento, nonostante alcuni spunti interessanti della legge (la DIA doveva permettere la velocizzazione delle procedure di rilascio per gli impianti fino ad 1 MW) è dovuto ad una carente tecnica legislativa, ma soprattutto alla mancata previsione di una procedura unica per ogni comune che regolasse diritti e doveri sia del singolo che delle amministrazioni pubbliche. Ed il caos che la Regione ha provocato con una carenza e insufficienza norme e con la contraddittorietà ha provocato di fatto il blocco dei piccoli impianti, consentendo la costruzione dei mega impianti. Occorre pertanto ripensare ad breve ad una nuova legge regionale che regoli il settore dell’energia alternativa in Puglia.”

Ultimo aggiornamento ( Venerdì 12 Febbraio 2010 11:08 )
 

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il paese nuovo
12/02/2010