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La politica dell’astio.

Alla fine saranno 5 le liste che si contenderanno il trofeo del governo del paese. Altrettanti i generali  che alla guida delle loro armate si sfideranno nella competizione elettorale. La prima impressione che si ha, a guardare la composizione delle liste, è l’assoluta frammentazione dei partiti, che, a Veglie, si sono disintegrati.  Si è parlato, e molto, da diverso tempo, della necessità di superare, a Veglie, le logiche di coalizione, quelle classiche di centro-sinistra e di centro-destra, distinzione ancora in voga in gran parte dell’Italia, dell’Europa e forse anche  del  mondo. Ma non a Veglie. Si tratta, evidentemente per la maggioranza dei politici vegliesi ,  di distinzione ormai desueta, di inutili steccati ideologici, di intralcio all’incontro dei “capaci”,  coloro che “sanno” quale è il Bene per il paese. Qualcuno, sulle pagine web, ha quasi  implorato che le visioni opposte della vita, della natura, dei diritti civili si fondessero in un solo corpo per debellare la deludente amministrazione degli ultimi anni. E’ stato ascoltato. Solo che non è nata un’unica  GRANDE ALLEANZA, ma ne sono nate ben cinque. Tutte animate dallo stesso spirito trasversale (termine che piace tanto,  in genere lo si usa per motivare, a sproposito, la superiorità del tecnicismo sulla politica, in realtà serve a tanti per  mimetizzare la propria incoerenza politica e il proprio trasformismo), tutte convinte di perseguire il BENE del paese, tutte persuase che, a Veglie, è tempo di emergenza, che occorre un governo di salute pubblica.

Il risultato è la diaspora nei partiti, lo sciogliete le righe, il si salvi chi può, il protagonismo dei soliti noti, il personalismo autoreferenziale. Non più confronto di idee, ma accordi di potere, non più selezione (a volte lenta e farraginosa, non di rado ostacolata dai vertici, ma pur sempre la più democratica) della classe dirigente, ma fiera delle candidature . Senza distinzione di colore, senza interesse a ciò in cui si crede, ma solo sulla base di un rapporto personale, e spesso solo temporaneo, con il leader e/o di condivisione dell’inimicizia, sempre e solo personale, con l’avversario di turno. Nasce così la politica dell’ASTIO.

I partiti, per quanto, deboli e inadeguati, incoraggiavano il militante, il dirigente , l’eletto a sentirsi parte di una comunità, nei confronti della quale si sentivano di doversi confrontare e rapportare con LEALTA’. Nel  “Tutti contro Tutti”, invece, prevale il “tu non sai chi sono io”, la pancia sulla ragione, l’innamoramento sulle affinità, il tradimento sulla dialettica, l’Astio sulla critica.

Abbiamo visto, nel corso di questi ultimi 15 anni, cadere amministrazioni per le imboscate piuttosto che per  le mozioni di sfiducia, abbiamo visto nascere liste con punto centrale di programma  il livore verso qualcuno piuttosto che un’idea del proprio paese. Abbiamo visto troppi generali disarcionati dal loro stesso cavallo.

Spero, sinceramente, per il bene del nostro paese, che non accada più questo.

Antonio Simone


La politica dell'astio
A. Simone
4/03/2010