LA CRIPTA DELLE CROCI

Flavio Vetrano *  5 agosto 2006 *  Torna indietro - Puoi premere ALT+I e INVIO  Chiudi la pagina web - Puoi premere ALT+X e INVIO (storia di Veglie)* Caratteri grandi-medi-normali * Accessibilità


LA CRIPTA DELLE CROCI

Oltre alla famosa cripta della Favana molte altre considerate come tali sono state segnalate, in passato, a Veglie, dalle cronache storiche locali e dalla gente del luogo1.

Sono degne di nota, una che risulta interrata, un’altra riutilizzata per altre esigenze e altre due che sono ancora visitabili.

Tra queste ultime due, voglio porre l’attenzione su quella sita, vicino alla villa “il rifugio”, in località “saracino”.

La struttura, completamente scavata nel banco tufaceo, presenta elementi architettonici di arredo e decorativi, che sottolineano la funzione dell’invaso a fini spirituali e di preghiera, ma poco funzionale allo svolgimento liturgico.

Il suo interno risulta tempestato da croci greche tutte incise nella roccia, le quali contribuiscono a foggiare l’appellativo di “Cripta delle Croci”.

All’interno della cavità ipogea si accede tramite un dromos lungo circa m. 6 (foto N° 1,1a ), con una scalinata, formata da 11 gradini, sulle cui pareti laterali si individuano piccole vasche per contenere acqua, seditoie e nicchie ricavate nello stesso banco tufaceo.

L’accesso è caratterizzato da un’ apertura pseudo rettangolare, che immette in un piccolo diaframma di passaggio, detto “nartece” (foto N° 2), di pianta pseudo rettangolare, con una larghezza max. di 250 cm. e una lunghezza max. di 160 cm. Sulla parete destra si evidenziano due piccole nicchie: la più grande (foto N° 3), contenente sulla parete superiore, un accenno di croce greca di tipo potenziata, con quadrato al centro e gradino alla base, richiama l’idea di un altarino; sulla parete sinistra del vano si intravedono piccoli incavi per posarvi dei lumi.

Da questo piccolo ambiente, tramite una seconda porta, i cui stipiti sono segnati da croci, si passa in un secondo ambiente più grande, anche questo di pianta pseudo rettangolare con una larghezza max. di 360 cm. e una lunghezza max. di 270 cm.

Sulla parete destra c’è una nicchia sormontata da una croce greca (foto N°4), che richiama l’idea di un secondo altarino. Sulla parete frontale, in posizione primaria, si individuano chiaramente due grandi croci (foto N°5), di tipo greche potenziate con gradino alla base, che per forma e posizione richiamano il simbolo del calvario2, e sottolineano la sacralità di quella parete all’interno della cripta.

Sulla parete sinistra si apre un’ “abside” poco profonda, ad arco ribassato (foto N°6), che, per la diversa tipologia di scavo, rispetto al resto della cripta, e per l’approssimazione dei dettagli, si può ritenere non finito e scavato in un periodo successivo. Il piano che potrebbe fungere da mensa per un “altare”, in realtà, non risulta liscio ma molto sconnesso e poco funzionale per l’appoggio degli oggetti. Per questo si ritiene che non sia stato usato nel tempo. La morfologia dell’ “altare” sistemata all’interno dell’ “abside” non rientra in nessuna di quelle canoniche. L’ “altare” invade solo la parte destra della conca absidale, mentre si stacca dalla parte sinistra. La sua forma, si può avvicinare a quella ubicata all’interno della piccola nicchia, nel nartece.

Sul soffitto piano si riscontrano un’ apertura superiore a profilo ellittico, un piccolo foro, una croce greca pomettata con gradino alla base e un piccolo cerchio (foto N°7).

Il pavimento e il soffitto, risultano leggermente biconcavi al centro, con un’altezza centrale max. di 190 cm. e una min. laterale di 160 cm.

Possiamo considerare lo schema planimetrico interno diviso in due ambienti (Dis. N° 1), che si sviluppa insieme al dromos su un asse verticale. Quest’asse risulta orientato a 95°-185°, praticamente quasi ad Est-Ovest.

La tipologia architettonica risulta di tipo minimale arcaico. Il suo arredo interno è scandito da minimali nicchie,( tipo altarini), scavate nella parete e non presenta alcun altare o ripartizioni architettoniche particolari.

Le pareti non si presentano lisce a piombo ma leggermente arcuate, svasate verso il basso (Dis. N° 2).

All’interno sono incise molte tipologie di croci greche con gradino, tra le quali troviamo la potenziata, la pomettata, con quattro puntini agli angoli o con un quadrato centrale (Dis. N° 3). Alcune di esse, per via della posizione sparsa, apparentemente casuale, sulle pareti dell’ipogeo e per via della diversità di segno di ogni singolo graffito, ci inducono a pensare che siano state realizzate per motivi devozionali, anche in tempi differenti.

I pochi elementi interni di arredo, i decorativi presenti, il piccolo nartece, la vicina carrareccia, i cui segni sono incisi nel banco tufaceo, ci inducono a considerare l’invaso più una cappella, per piccolissime unità, situata lungo un asse di passaggio; una stazione per la preghiera, in cui non venivano svolte funzioni religiose.

Si è meno propesi a considerarlo un eremo o un ascero, usato come rifugio saltuario per la preghiera per un singolo religioso di tipo eremitico.

Il reperto ci induce idealmente, ad effettuare un percorso spirituale: il dromos, che dall’esterno porta all’interno, è il percorso della purificazione: il piccolo nartece il luogo della purificazione; l’aula, il luogo della preghiera e del contatto con Dio .

Anche il suo l’orientamento rimarca un percorso simbolico: l’ingresso, unica fonte di luce per l’ipogeo, è esposto ad est, nella direzione in cui sorge sole, simbolo della luce di Cristo nascente  che illumina la nostra vita ; la parete frontale, con le due croci simboleggianti il calvario, luogo della morte di Cristo, è esposta ad ovest, in direzione del sole e della luce calante (direzione delle tenebre).

Questo orientamento,est-ovest, definisce un asse, determinato dal momento in cui sorge e tramonta il sole, nei giorni dell’equinozio di primavera e d’autunno.

Se invece si accetta strutturalmente l’abside, con l’altare parietale al suo interno, come elemento finito, come parte integrante del progetto o come elemento aggiunto, a posteriori, per un nuovo utilizzo dell’invaso, si può pensare a identificare l’invaso come una chiesa cripta, con altare latino, con ingresso laterale e con asse liturgico orientato a Sud.

Il reperto al momento risulta di difficile datazione certa. Tramite una serie di interrogativi, posti in questa lettura, si possono dare solo delle indicazioni, che potrebbero variare nel momento in cui vengono individuati ulteriori elementi certi.

Al momento possiamo dire che, per la tipologia di scavo, la realizzazione del nostro invaso, potrebbe essere avvenuta nel periodo alto medievale intorno al XIII sec.

Anche se la mancanza di pitture e la sola presenza di croci incise indurrebbero a legarla alle intemperie del periodo iconoclasta e datarla all’inizio del IX sec., in realtà questi elementi sono riscontrabili anche in periodi successivi.

Esempi di croci similari incise si riscontrano all’interno della cripta di S. Nicola ad Otranto; altre croci similari dipinte, insieme ad altri affreschi, si trovano a Mottola (Ta) nella cripta di S. Nicola, datata nella prima metà del XI sec; a Monopoli in SS Andrea e Pronopio poste sul setto del templon, della seconda metà del XI sec; a Matera in Madonna della Croce del XIII sec.

Anche la presenza del nartece ci fa portare la realizzazione dell’invaso al XI sec.

Lo schema planimetrico, con piccolo nartece antistante e aula retrostante, non trova riscontro in altre chiese cripte note, sia ipogee che rupestri, del basso Salento.

Si riscontano esempi di schemi similari a Matera nell’asceterio di Lama Cacchiola e in San Nicola a Chiancalata.

La presenza del nartece in cripte con schemi planimetrici più complessi, si risconta a Matera in S. Barbara del XI sec.; a Palaggianello (TA) in S. Andrea con pitture del XII sec.; a Massacra (TA) in S. Marco dell’inizio del XI sec.

La tipologia dello scavo con le pareti delle aule, leggermente arcuate, svasate verso il basso, e quella del dromos, con gradoni laterali, ci rimandano alla cripta di S. Antonio Abate in Nardò, che per il suo ciclo pittorico si fa risalire al XIII sec.

Proprio per quest’ ultima comparazione, si è propensi a datare la Cripta delle Croci al XIII sec.

                                                                                                                                  Flavio Vetrano


1 A. CATAMO, La Cripta della Favana, ed. Il Parametro, Novoli, 1998.
2 I ” gradini”, formati da un rettangolo, un semi cerchio, o un triangolo, posti alla base delle croci, simboleggiano il monte del calvario.