CULTO di san giovanni battista
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da: Luigi Mazzotta, 22 giugno 2002 * "Storia"
FRAMMENTI
STORICI SUL CULTO DI A
VEGLIE “
Egli è, Uditori, un grande impegno di chi si espose a predicare verità
poco aggradevoli nelle Corti, ove siccome con serena fronte s’ammettono
… gli avvelenati discorsi, così con sovraciglio torvo s’accolgono i
sinceri avvisi di salute, all’ardua impresa un petto sì forte
ricercasi, che quando Iddio volle far penetrare…alcune verità
importanti, ma dispiacevoli, non gliele fece dire all’orecchio da alcun
Profeta; ma gliele pose dinanzi agli occhi, scritte da una mano non
conosciuta, per dichiarare, che per esporre ad un Grande quelle verità,
che non sono di lui a grado, un petto richiedesi, che sia come un muro,
muro di bronzo.”(1) Potrebbe
essere stata questa particolare virtù di coraggioso paladino degli umili
contro l’arroganza e la prepotenza dei potenti ad indurre gli avi,
nostri concittadini, ad assurgere San Giovanni Battista a Protettore di
Veglie, considerato peraltro che i vegliesi, impotenti dinanzi agli abusi
vessatori per lunghi secoli perpetrati dai vari feudatari, incuranti dei
diritti civili e sociali, anelavano tanto a riscattarsi
dall’oppressore che vollero piantare, tra il sei-settecento,
un albero di gelso nell’attuale Piazza Umberto I°,
(2)
come simbolo della Libertà, diritto inalienabile dell’uomo .(3) La
stessa Chiesa istituzionale vegliese, in più occasioni, prese a difendere
i poveri cittadini dalla cupidigia dei potenti, come l’ardimentosa
testimonianza del Sacerdote don Monte Verrienti, il quale, il 4 settembre
1638, insieme al Sindaco di Veglie, il capitano(4)
Giovanni Battista Frezza, ed il Magnifico Ortenzio Elia, dinanzi al
giudice Santo de Andrea di Lecce, adendo alla Regia Camera della Sommaria
di Napoli, protestò coraggiosamente contro la vendita ingiusta e forzata
del sale a carico dell’Università di Veglie, frutto di una vera e
propria annosa “tangentopoli” tra un ignoto notabile vegliese e Giulio
de Carolo, luogotenente del Magnifico Giovanni Vincenzo Lanza, Regio
Arrendatario delle saline della Provincia d’Otranto e Basilicata.(5)
In
tutta Europa, dalla Scandinavia alla Grecia, il Battista conserva ancora i
caratteri di una divinità agricola.(6)
Al culto di San Giovanni sono legati alcuni antichi riti di origine rurale
ed agraria, come l’inaugurazione religiosa della mietitura e la
purificazione attraverso l’acqua per far crescere abbondanti messi e
allontanare malanni e impurità. A Veglie, paese prettamente agricolo e
rurale “ab origine”, sono ben note, a memoria d’uomo, le
intercessioni e le processioni in onore del Santo in tempi di siccità,
carestia e calamità naturali. Sotto
l’aspetto prettamente storico-ecclesiastico e civile di Veglie,
le fonti d’archivio ci permettono di evidenziare alcune pagine
dei secoli passati intorno al culto del nostro Santo. La
Chiesa Matrice, fin dalla sua fondazione, avvenuta tra i sec. XV-XVI,(7) è sotto il titolo di San
Giovanni Battista(8).
Lungo i secoli seguenti il sacro edificio fu alquanto rimaneggiato. Nella
primitiva struttura architettonica , lungo le pareti della navata, vi
erano delle ampie nicche, con arco a tutto sesto, affrescate con figure di
Santi, corrispondenti a benefici ecclesiastici con i loro relativi altari.
Nella prima metà del settecento furono chiuse. Durante i restauri del
1968 ne sono venute alla luce tre di esse, le figure di Sant’Antonio di
Padova e Sant’Antonio Abate nonché l’ubicazione dell’antico
Battistero che si può osservare a destra del retrospetto della facciata.
L’altare dedicato al Santo, nella originaria struttura, si trovava in
corrispondenza dell’attuale cappellone in cui riposano i resti mortali
dell’Arciprete Mele; era collocato cioè vicino al Battistero in senso perpendicolare.(9)
Dal
sec. XVI ai primi decenni del ‘700, San Giovanni Battista, dal punto di
vista canonico, è considerato soltanto titolare della Chiesa Matrice
Parrocchiale; le fonti di questo periodo non evidenziano mai che Egli sia
il Protettore o il Patrono. Possiamo comunque dedurre che il 1730, o
qualche anno prima, sia l’anno in cui San Giovanni Battista fu
proclamato tale. Infatti, con Decreto della Congregazione Romana dei Sacri
Riti del 21 gennaio 1730, viene confermata l’elezione di San Filippo
Neri e Sant’Irene Vergine e Martire “in Protectores minus
Principales” della Terra di Veglie.(10)
Se furono nominati i meno principali, sicuramente sarà stato nominato il
principale in quello stesso periodo. A
sostegno di tale assunto, il 26 gennaio 1730, il Vescovo Enrico Lasso De
la Vega, da Roma, concede una reliquia del Precursore su iniziativa del
Sacerdote vegliese don Cosmo Marcuccio, il quale dona al “Reverendo
Capitolo di detta Terra l’infrascritta reliquia del Glorioso San
Giovanni Battista, Titolare di detta Chiesa e Protettore di detta Terra”
di Veglie.(11)
Tale reliquia fu incastonata in un reliquario-ostensorio di argento posto,
tutt’ora, alla venerazione dei fedeli . Dopo
il 20 febbraio 1743, giorno
in cui un tremendo terremoto provocò alcune vittime ma soprattutto molti
danni agli edifici in tutto il Salento(12),
la Chiesa Matrice vegliese, subendo anch’essa gravi lesioni alle
strutture murarie, fu sottoposta ad un radicale cambiamento
architettonico, tra cui la chiusura delle antiche nicche già citate e la
costruzione di tre cappelloni per ogni lato della navata, fungenti,
probabilmente da contrafforti alle pareti portanti laterali. Dai Registri
Parrocchiali dei morti di quel giorno nefasto, non risulta che a Veglie vi
siano stati dei morti; allora, perchè non pensare che il popolo di
Veglie, così come era avvenuto negli altri paesi salentini intercedenti
altri santi, avesse ringraziato San Giovanni Battista per lo scampato
pericolo? In
quella occasione di ricostruzione , nel rifare l’altare maggiore, che
fino a quel momento era di legno(13),
fu collocata una bella statua in pietra del Precursore al centro dello
stesso altare onde poter venerare con maggior decoro il ”titolare
della detta Chiesa e Principal Padrone della detta Terra” di Veglie.(14)
Questa statua, alta circa due metri, sarà collocata nel 1865
sulla sommità della facciata della Chiesa Santa Maria delle Grazie in
Piazza Umberto I°, dove tutt’ora si può ammirare.(15)
Il 28 ottobre 1866, la giunta comunale decise di spendere £
25.50 affinchè tale statua venisse” ritoccata con nuova tinta a
color marmo, e ciò per non perdersi una statua antica”(16)
La
statua di San Giovanni Battista, o meglio di san Giovannino, che
tutt’ora si venera, era presente già nel 1747(17).
“Si conserva dentro stipo di tavola una statuetta portatile di legno
di san Giovanni Battista Protettore con il suo piedistallo dorato e Croce
in mano di essa statua d’argento con su Agnus Dei”(18)
Questa incantevole statua in
legno, in stile barocco di scuola napoletana
, ha le sembianze di un putto nudo con un agnello ai piedi; il corpo è
rivestito con un vello riccamente adornato con perle e fili d’oro. Nel
1990 è stata sottoposta ad un accurato restauro sotto il controllo della
Soprintendenza alle Belle Arti. E’ stato appurato che il legno è cedro
del Libano. In
un inventario dell’ 1 giugno 1763, redatto dal notaio Giacinto Favale di
Veglie, così è descritto: “la statua portatile di San Giovanni con
la veste di velluto ricamata in argento, con la Croce e lamina con
iscrizione”Ecce Agnus dei” d’argento; corona a filo d’argento…un
reliquario a filigrana con catinella d’argento, due anelle grosse
d’oro con pietre due una rossa e l’altra verde, due maniglie di
passanti d’oro in numero quarantuno”(19) Nel
corso degli anni gli “ex vota” , aumentarono tanto che
l’Arciprete, il Canonico Don Pasquale Verrienti, nel 1887, li vendette
per le necessità materiali della Chiesa. Per questa ragione il Consiglio
Comunale, il 26 aprile di quell’anno, chiese al citato parroco “il
conto della vendita degli ori del patrono San Giovanni, se e per quale
somma gli ori stessi vennero alienati, ed a quale uso si destinarono le
somme ricavate. Statuiva inoltre di dargli un voto di biasimo per
l’autocratico procedimento tenuto dall’Arciprete.” Il
sottoprefetto di Brindisi dichiarò che il Consiglio Comunale non era
competente a riguardo. Gli ori furono venduti perché”l’amministrazione
parrocchiale trovavasi in gravi spese per il restauro della Chiesa”,
l’Arciprete aveva comunque chiesto l’autorizzazione allo stesso
Sottoprefetto per la vendita.(20) L’Università
di Veglie ovvero l’amministrazione comunale aveva lo ius patronatus,
cioè il diritto di proprietà dell’edificio della Chiesa Madre, con
l’onere alle riparazioni, ai restauri, alle suppellettili come i banchi,
i confessionali, le campane, l’olio alla lampada del Protettore e
perfino era a suo carico l’onorario all’organista e al tiramantici
dell’organo a canne.Il 24 maggio 1865, dopo aver effettuato una perizia,
il Sindaco Luciano Colelli, per “lo stato infelice in cui si trova
questa Chiesa Matrice, la quale merita assolutamente di essere prontamente
ristaurata” erano necessari almeno ducati 1000. L’erario comunale
poichè non era in grado di sopportarne la spesa, si decise che le feste di San Giovanni Battista, l’Iconella, San
Vito e SS. Sacramento fossero sospese per un solo anno; i ricavati delle
feste fossero devoluti ai restauri. Le feste però furono effettuate
ugualmente “con qualche scemazione sul lusso degli anni
precedenti”. Per questo fu istituita una commissione fatta di
notabili locali, ecclesiastici e laici: don Luigi Negro, don Santo
Frassanito, don Cosimo Verrienti, don Tommaso Massa, don Salvatore Zecca,
don Domenico Plantera, don Donato Negro, don Teodoro Verrienti.(21) Tra
l’iconocrafia giovannea vegliese, oltre alle statue suindicate,
ricordiamo l’affresco del Santo situato nella cripta della Favana
risalente alla prima metà del sec. XV, attestante l’immagine più
antica del Protettore. In Chiesa Madre, una serie di dipinti su tela
traccia tutta la vita del Battista; dalla Visitazione di Maria SS. a Santa
Elisabetta, madre di San Giovanni, alla sua Natività, opere pittoriche
ottocentesche attribuibili al Colletta o a Vincenzo Montefusco da Salice.
Inoltre due tele ovali del seicento, già collocate nel Coro, raffigurano
il Battesimo di Gesù nel Giordano e la Decollazione di San Giovanni.
Interessante è l’opera settecentesca in cartapesta raffigurante la
testa decapitata del Santo, collocata in una teca in vetro e legno dorato
in oro zecchino. (1)
Tratto da: Orazione IX in lode di San Giovanni Battista in
Orazioni sacre composte e recitate in varie occasioni dal Padre Serafino
da Vicenza Cappuccino, tomo
primo, Venezia 1740, pag. 79 (2)
Archivio di Stato di Napoli, Catasto Onciario dell’Università di
Veglie 1741, fascio 8301. (3)
Durante la rivoluzione napoletana del 1799, in molte piazze del Regno
fu piantato un albero di gelso in segno di Libertà e sfida contro i
soprusi dei potenti. (4)
Il Capitano era il rappresentante del feudatario con poteri di
giustizia civile e criminale. Nel ‘700, il titolo di capitano si
evolse in quello di Governatore. (torna su) (5)
Archivio di Stato di Lecce, sezione notarile 46/28 f. 203 v., notaio
Antonio Maria Gervasi (6)
G. B. Bronzini, Giovanni il Battista, Santo, in Grande
Dizionario Enciclopedico, vol. IX, pag. 121, Torino 1969 (7)
Sulla problematica intorno all’origine della Chiesa Matrice di
Veglie si rinvia ad altra occasione di ricerca, dove si evidenzierà ,
con metodologia scientifica, che la supposta
o, meglio, la certezza che la sua fondazione risalirebbe al
periodo normanno del sec.
XI-XII è del tutto infondata. (8)
Biblioteca Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi, Fondo Curia,
Atti Santa Visita Arcivescovo Giovanni Carlo Bovio del 1565,
f, 327. La Chiesa Matrice Parrocchiale “ …ibi unica existit sub
invocatione Sancti Joannis Baptistae, …” (9)
Per tale esposizione vedi i verbali delle Sante Visite del sec. XVII
in Biblioteca Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi (10)
Archivio Chiesa Matrice di Veglie, Cartella Miscellanea, foglio
sparso. (11)
Idem, Cartella delle Autentiche Reliquie (12)
E. De Simone, Vicende sismiche salentine, Lecce 1993,
pag. 73 e ss. (13)
Bibl. Arc. “A. De Leo”, Fondo Curia, Santa Visita tomo III, foglio
822 v. (14)
Archivio Chiesa Matrice, Cartella XI, Santa Visita Arcivescovo De
Ciocchis – 1752 (15)
Si è del parere che tale statua in pietra leccese, di pregevole
fattura scultorea, fosse rimossa e riportata nella sua originaria
collocazione… portandone una copia , in gesso o vetroresina,
sulla Chiesa della Piazza (16)
Archivio di Stato di Lecce, Scritture Università – decisioni
decurionali Veglie, foglio 263 (17)
Bibl. Arc. “De Leo”, Fondo Curia, Santa Visita tomo XI, f.243v. (18)
vedi nota 14 (19)
vedi nota 14 (20)
Archivio Curia Arcivescovile Brindisi – cartella XIII – foglio
senza numero (21)
vedi nota 15 – foglio 236 |