IL DOCUMENTO PIU' ANTICO SU VEGLIE?
Pubblichiamo
il documento più antico che io conosca, il quale fa riferimento al Casale di
VELLE, cioè Veglie.
Questa
pubblicazione, originale in latino medioevale e traduzione in italiano, è stata
possibile grazie all'interessamento del prof. Pati - che ha procurato il
documento - ed al lavoro di traduzione dal latino, certamente arduo, ad opera di
un altro docente; ad entrambi vanno i nostri ringraziamenti per la loro sensibile
disponibilità.
Sommario:
Agli inizi del 1300 VELLE è un casale di Terra d'Otranto, posseduto, insieme
a Leverano e ad Albaro (lu aru nel dialetto di Leverano), dal Milite ROBERTO DE
BORGIACO e soggetto ad una imposta (la decima) a favore della Chiesa di Oria.
Si
può pensare che nel panorama tormentato dei rapporti sotto gli Angiò, tra
Chiesa e aristocrazie militari,
alcune di queste volessero sottrarsi ad un sistema fiscale sempre più
oppressivo. Da qui l'intervento dell'autorità regia, che si pone come garante
degli interessi della gerarchia ecclesiastica, per assicurare il rispetto dei
diritti consolidati della Chiesa.
Da
questo punto di vista si capisce perché il re Carlo II d'Angiò ordini al
Giustiziere di Terra d'Otranto di "costringere con ogni mezzo" Roberto
de Borgiaco, a pagare la decima all'Arcidiacono e al Canonico della Chiesa di
Oria, una volta che si sia appurato definitivamente che dai tempi antichi tale
decima è stata sempre riscossa. Degna di nota è l'affermazione che
un obbligo di tal genere deriva dalla legge divina, è mantenuto
dall'autorità del Re di Sicilia, non può essere annullato per beneficio o
acquisto: esso è prova non solo di devozione, ma anche di fedeltà al re e chi
si rifiuta di rispettarlo procura non solo danno alla sua anima, ma anche una
perdita per i fedeli.
Traduzione
Anno
1304 - Marzo ° indizione.
Durante
il regno dell'Ill.mo Carlo,
nell'anno del Signore 1304 redatto a Napoli. E' stato scritto per i
"Giustizieri" (1)
di
Terra d'Otranto, sia presenti che futuri, a lui fedeli ecc. Lo impone la naturale volontà di attenzione, lo approva
l'equità, amica della ragione, che noi vincoliamo i nostri sudditi con una
legge uguale a quella che imponiamo
a noi stessi. Ammesso che nell'assegnare le decime attraverso la nostra curia
alle venerande Chiese per il loro pagamento si riconosce che sono state
istituite secondo l'ordine della legge divina, a cui non deroga questa legge
positiva, né una inveterata consuetudine impedisce che siano determinate dai
successori temporali dei Principi Cattolici, Re di Sicilia, e una volta
approvate parimenti si provvede ( a
metterle in atto), si fa presente ed è stato confermato da nostro padre sovrano
di chiara fama, ed in seguito da noi con ripetuti atti che, quando nasce un
dubbio su un pagamento fatto in precedenza, l'obbligo non si estingua in virtù
di un beneficio o di un acquisto.
Ritenendo questo equo tra i privati, ai quali possiamo imporre la legge,
è giusto, lasciare da parte l'equità, per l'affermazione cortissima del
diritto divino, che in cambio della pia contribuzione delle decime offre non
solo il giudizio relativo alla devozione, ma anche la più valida prova della
vostra fedeltà, affidiamo a voi la questione, cioè che il Maestro Giovanni di
Casera, Arcidiacono e il Presbitero Giovanni di Taranto Canonico della Chiesa di
Oria, fedele e devota alla nostra maestà, dimostrano che Roberto de Borgiaco,
Milite (2) che governa i Casali di "Velle, Alvarum et Leveranum"
(3) , ed Egidio de Fallosa, Milite che
governa i casali di Celline,
Parietis Alto, e il tenimento S. Marzani, Provincia assegnata a voi, sono tenuti
a consegnare al medesimo Arcidiacono e al Canonico, in ragione
dell'arcidiaconato e del canonicato,
la decima parte di tutti i prodotti degli stessi Casali citati, che tengono in
loro possesso. Essi rifiutano di consegnare loro la stessa decima,
non meno a danno delle proprie anime che a svantaggio degli stessi
fedeli, per i propri bisogni. Tu
amministratore della giustizia, indaga diligentemente se la stessa decima
Arcidiaconi o Canonici o i loro procuratori o messi chiedano, siano loro dovute
tali e quali in ragione del Canonicato e Arcidiaconato e se i loro predecessori
ad essi stessi dai tempi antichi siano stati soliti riscuoterle ed averle, e se
attraverso indagine (risulta) proprio questo, non vogliamo che si vada oltre,
ma che ai tuoi successori non sia necessario ripeterla. Ordiamo che essa sia
fissata, se sarà evidente che il
suddetto Arcidiacono e Canonico e i loro predecessori sono stati soliti
riscuoter ed avere la stessa decima ogni anno. Vogliamo che costringiate con
ogni mezzo conveniente i suddetti Militi a pagare la stessa decima per quello in
cui finora sono stati insolventi e per il futuro a pagarla intera ai citati
Arcidiacono e Canonico e ai loro esattori o
ad altro messo. Così
è scritto in modo che da questo momento non siamo costretti a scrivervi più.
Vogliamo che la presente lettera, dopo il competente esame, sia restituita a chi
la presenta, perché in futuro possa valere efficacemente. Inviata
da Napoli tramite Bartolomeo di Capua nel VI giorno di Marzo .
Seconda indizione.
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a cura di Vito Pati