CANTICO
DEI DROGATI di F. De Andrè
Ho
licenziato Dio, gettato via un amore
per costruirmi il vuoto nell'anima e nel cuore.
Le
parole che dico non han più forma nè accento
si trasformano i suoni in un sordo lamento,
mentre fra gli altri nudi io striscio verso un fuoco
che illumina i fantasmi di questo osceno giuoco.
Come
potrò dire a mia madre che ho paura?
Chi mi riparlerà di domani luminosi
dove i muti canteranno e taceranno i noiosi,
quando riascolterò il vento tra le foglie
sussurrare i silenzi che la sera raccoglie.
Io
che non vedo più che folletti di vetro
che mi spiano davanti che mi ridono dietro.
Come
potrò dire a mia madre che ho paura?
Perchè non han fatto delle grandi pattumiere
per i giorni già usati, per queste ed altre sere
e chi, chi sarà mai il buttafuori del sole
chi lo spinge ogni giorno sulla scena alle prime ore
e soprattutto chi e perchè mi ha messo al mondo
dove vivo la mia morte con un anticipo tremendo?
Come
potrò dire a mia madre che ho paura?
Quando scadrà l'affitto di questo corpo idiota
allora avrò il mio premio come una buona nota
mi citeran di monito a chi crede sia bello
giocherellare a palla con il proprio cervello,
cercando di lanciarlo oltre il confine stabilito
che qualcuno ha tracciato ai bordi dell'infinito.
Come
potrò dire a mia madre che ho paura?
Tu che mi ascolti insegnami un alfabeto che sia
differente da quello della mia vigliaccheria.
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