Il Sudan e Abok Alfa Akok

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segnalato da: Dania, 12 febbraio 2002 * "Articoli Vari"

 
A proposito dell'articolo "Abbasso la pace" che riguardava il caso di Abok Alfa Akok, pubblichiamo la seguente notizia, tratta da "Vita non profit on line"

Il Sudan? Un disastro, parola di cardinale
di Paolo Manzo.
07/02/2002

La denuncia è lanciata dall'ex direttore di Radio Vaticana, dopo il caso della diciottenne cristiana Abok Alfa Akok condannata a morte per lapidazione in base alla shari'a

''Campagna internazionale di protesta contro quello che sta succedendo in Sudan''. L'appello è stato lanciato dal cardinale Roberto Tucci, già direttore generale della Radio Vaticana, dai microfoni di 105 live, il canale in Fm dell'emittente pontificia, dopo le denunce sul caso della diciottenne cristiana Abok Alfa Akok condannata a morte per lapidazione in base alla legge islamica, colpevole di essere rimasta incinta senza essere sposata, forse vittima di violenza sessuale.

''Oggi si parla di Afghanistan, della Palestina ma spesso si dimentica il Sudan'' ha osservato l'ex organizzatore dei viaggi papali, premiato lo scorso anno con la berretta cardinalizia. ''Da anni in Sudan avviene una vera e propria persecuzione del governo musulmano contro le popolazioni del Sud, di pelle nera, di religione cristiana e animista'', ha aggiunto, ricordando che alla fine del 2000 la guerra civile ripresa nel 1983 tra il Nord arabo e musulmano ed il Sud cristiano ed animista era costata la vita a circa 2 milioni di persone''.

La shari'a, ha aggiunto, ''è stata applicata ad una persona non musulmana: sarebbe bene sollevare una campagna di proteste contro quello che sta succedendo. Perché non interviene l'Onu? La Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite si sta interessando del caso, ma forse -conclude- questa azione dovrebbe essere appoggiata da una vera e propria campagna internazionale che faccia luce sulla situazione sudanese''.

Il caso, sollevato dall'agenzia dei missionari comboniani Misna, ricorda per molti aspetti quello della nigeriana Safiya. Human rights watch ha avanzato il sospetto che si tratti di un caso di violenza carnale ed ha fatto notare che all'imputata non è stata data l'assistenza legale e il processo si è svolto in lingua araba, sconosciuta alla ragazza alla quale non è stato fornito neanche un servizio di traduzione.