INTERVISTA DI GIANNI GIANNOCCOLO

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da: G. Giannoccolo, * "Interviste"

 

Correggio, 25 novembre 2003

Egregio dott. Nicola Gennachi,

quello che mi ha cortesemente richiesto non potrebbe esaurirsi in una semplice intervista trattandosi di un'esperienza, protrattasi per circa tre lustri, che ha coinvolto numerosi lavoratori la cui voce meriterebbe una doverosa attenzione.
La mia attività politica e sindacale non può essere disgiunta dall'apporto che ad essa diedero i cittadini di Veglie.

E' stato attraverso i costanti legami che ho avuto con loro che si è consolidata tra di noi quella stima, quell'amicizia, quella reciproca fiducia che resero possibile l'attuarsi di un fecondo rapporto di collaborazione che sfociò poi nell'invito rivoltomi ad accettare la candidatura a sindaco della loro cittadina.

Cerco comunque di rispondere in modo conciso alle sue domande:

D. Che cosa lo ha spinto a lavorare con tanto impegno per un paese che non era il suo?

R. Mi sentivo "cittadino del mondo" e quindi entro quest'ottica mi sentivo legittimato ad operare con passione e impegno per un comune dove non ero nato ma che consideravo come una parte di me. Diedi la stessa risposta a chi mi poneva il medesimo interrogativo durante il mio primo comizio di candidato sindaco di Veglie. I miei avversari politici usavano contro di me quell'argomento incitando gli elettori "a non votare il forestiero". Per chi era attento a curare soltanto i propri interessi personali secondo angusti schemi localistici, era difficile comprendere lo spirito per il quale potevo sentirmi cittadino vegliese pur non essendo nato a Veglie. Per comprendere meglio il senso del mio discorso desidero ricordare che, nel 1956, la lista da me capeggiata ebbe la maggioranza assoluta anche nel comune di Otranto. Tutto ciò non è accaduto per caso, ma per aver condiviso con i lavoratori le loro ansie e per aver affrontato insieme i loro problemi, per l'affrancamento dai vecchi vincoli che li mantenevano in uno stato di soggezione morale ed economica.

D. Quali furono le motivazioni più profonde che lo portarono a fare scelte fortemente innovative per la comunità vegliese?

R. Chi ha vissuto costantemente accanto al popolo e ai cittadini di ogni condizione, non fa fatica a percepire i bisogni della gente. La mia attività di sindacalista e pubblico amministratore riceveva un'altra spinta dalla constatazione di quanto forte fosse lo scarto esistente tra i principi costituzionali, che sancivano determinati diritti - come il

diritto al lavoro, il diritto alla salute, ecc. - e le reali condizioni nelle quali tanti cittadini di Veglie vivevano. Ad esempio, l'art. 32 della Costituzione che sancisce "la tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo" per responsabilità dei governanti dell'epoca, era rimasto lettera morta. Soltanto nel 1978, come ben sa, fu emanata la riforma sanitaria, ma l'Amministrazione comunale di Veglie, da me presieduta, garantì quelle forme di assistenza medica, farmaceutica e ospedaliera a quasi tutti gli abitanti con 22 anni di anticipo sulla riforma sanitaria.

Questione prioritaria è sempre stata la disoccupazione che cercammo di lenire pur nella limitatezza delle nostre possibilità di intervento.

Memorabile è stata la battaglia che sostenemmo, come Amministrazione comunale, contro la S.E.B.I. per la riduzione delle tariffe dell'energia elettrica, battaglia conclusasi con una significativa vittoria, ottenendo la riduzione della tariffa per Kwh. da 48 a 25 lire.

Mi consenta di ricordarle anche le misure di politica tributaria adottate dal Comune. A ruolo per l'imposta di famiglia iscrivemmo soltanto 384 nuclei familiari su 2.493 esistenti. Le famiglie meno abbienti - ed erano molte - furono esentate, ma riconosco che continuavano a sussistere, sia pure in misura minore, delle sperequazioni, nel senso che taluni non pagavano il dovuto, e altri pagavano ingiustamente. Debbo ricordare che tale impostazione di politica tributaria era condizione per ottenere l'assistenza sanitaria gratuita.

Sempre nel settore tributario, l'Amministrazione comunale da me diretta fu la prima in Italia ad esentare i possessori di "traini" dall'imposta e sovraimposta sulle vetture.

Non mi piaceva stare per troppo tempo seduto ad una scrivania crogiolandomi tra le carte. Mi piaceva mettermi alla testa dei miei amministrati quando ponevano giuste rivendicazioni, come l'equo canone per gli affittuari di fondi, l'equa ripartizione dei prodotti della terra per i mezzadri e i coloni, l'esenzione dell'imposta bestiame che affliggeva la massa dei contadini, l'ottenimento di un equo prezzo dell'uva e l'eliminazione dell'imposta di consumo sul vino. Quell'imposta fu ridotta di 4 lire nel 1961 ed abolita del tutto nell'anno successivo.

Innumerevoli furono i miei interventi per appoggiare i contadini nella loro lotta per la terra, e non mi faccia fare l'elenco di tutte le opere pubbliche realizzate.

I criteri con i quali venivano allora improntati gli orientamenti seguiti nella pubblica amministrazione non si potrebbero attualmente applicare avendo subito profondi

mutamenti la legislazione che regola la vita degli Enti locali, limitativa delle possibilità di intervento a causa di un esasperato centralismo, aggravato dall'inerzia e dal grigiore di una comunità nella quale si è attenuata la spinta al rinnovamento e al progresso.

D. Pensando agli anni in cui è stato Sindaco di Veglie, qual'è il ricordo che le ritorna in mente frequentemente ?

R. Sono tanti i ricordi incancellabili che si riferiscono alla mia esperienza di quegli anni, ma uno mi è rimasto maggiormente impresso: il vincolo di stima e di amicizia che mi legava alla popolazione di Veglie nel suo complesso, salvo pochi irriducibili appartenenti a consorterie locali (quelli che continuavano a rinfacciarmi di essere un "forestiero"), vincolo che si accompagnava al collegamento con valori che andavano oltre i particolarismi locali.

D. Ricorda qualche altra problematica vegliese che avrebbe voluto affrontare ?

R. Diverse furono le questioni che rimasero irrisolte, ma ha provveduto ad affrontarle l'ottimo sindaco Antonio Greco validamente coadiuvato dai suoi collaboratori.

D. Ha da rimproverarsi qualcosa ?

R. Sì, l'aver approvato il progetto per la Torre dell'Orologio e dell'Ufficio di Polizia. Non ho parole per qualificare le costruzioni che ne sono derivate, tanto sono orrende.

D. Se chiedessi alla sua saggia esperienza un pensiero per il mio paese, cosa mi direbbe?

R. Il paese langue, occorre cambiare e cambiare in fretta e bene. Si respira un'aria da palude con una fitta coltre di caligine.

Dopo di aver risposto alle sue domande, mi permetta di ricordare che Giannoccolo non ha mai percepito l'indennità di carica di sindaco dal Comune di Veglie, avendone rinunciato assieme a tutti i membri della Giunta. Per me le funzioni di pubblico amministratore erano svolte come spirito di servizio a favore della comunità vegliese.

La presente intervista è in risposta alla presente del dott. Nicola Gennachi