Era una splendida giornata e mamma anatra, che aveva covato le uova per diverse settimane, era impaziente di vedere i suoi piccoli. - Com'èra grande il inondo! dissero gli anatroccoli uscendo dal guscio. - Credete dunque che il mondo sta tutto qui? - domandò loro la mamma - No, piccoli miei, si estende molto più in là, oltre il limite del giardino, anche se io non ci sono mai andata. Ma guarda! non ci siete ancora tutti: l'uovo più grosso non si è ancora schiuso! E si rimise a covare. Infine anche il grosso uovo si schiuse. "Pio-pio" pigolò il piccolo uscendo. Che delusione per mamma anatra! Era grosso e brutto e non assomigliava a nessuno degli altri anatroccoli. Una rana che si trovava nelle vicinanze disse alla madre: - Che brutto piccolo avere!  E' rimasto per troppo tempo nell'uovo - rispose l'anatra risentita - per questo non è ben fatto come gli altri. Non sarà bello, è vero, però ha un buon carattere. Detto questo portò la prole allo stagno; i piccoli nuotava seguendo la madre, anche il brutto anatroccolo. "Nuota così bene, pensava fra sé l'anatra, che non ci sono dubbi, non è sicuramente un piccolo tacchino" Il gatto di casa, mentre stava mangiando un pesce, li vide passare e disse all'anatra: Accidenti, che buffo anatroccolo avete. Volete che ve ne sbarazzi? Anche una vecchia anatra si stupì nel vedere questo pulcino e voleva dargli un beccata sul collo, ma la madre lo difese: - Lasciatelo stare, non ha fatto nulla a nessuno; forse con il tempo diventerà normale. Nell'aia l'anatroccolo venne morso, beccato e respinto, non soltanto dalle anatre, ma anche dai polli, dalle galline e dalla ragazza che dava loro il mangime. Anche i suoi fratelli e sorelle lo deridevano, tanto che l'anatroccolo per mettersi in salvo fu costretto a scappare dall'aia.

Arrivò ad una grande palude dove alcune anatre selvatiche si presero gioco di lui: - Puoi vantarti di essere davvero brutto! dissero in coro. Così il piccolo brutto anatroccolo continuò il suo cammino. Decise di fare il giro del mondo. Amava moltissimo nuotare, tuffarsi nell'acqua e guardare di uccelli che volavano in cielo. I più belli, quelli che ammirava più degli altri, erano i grandi cigni bianchi. Avevano ali magnifiche e una voce particolare. Quando sparivano dalla sua vista, l'anatroccolo pensava che non li avrebbe mai dimenticati, perché li amava come nessun altro. Arrivò l'autunno e l'aria si fece sempre più fredda. Le nuvole erano cariche di grandine e neve e i cigni migrarono in cerca di paesi più caldi. L'inverno fu molto freddo; l'acqua gelò e l'anatroccolo era costretto ad agitare le zampe sott'acqua perché il ghiaccio non le immobilizzasse. Si sentiva sempre più sfinito, finché un giorno si sdraio sulla neve e non si mosse più. Fu un contadino a salvarlo dal gelo. Lo raccolse e lo portò ai suoi bambini, che lo scaldarono rianimandolo, ma l'anatroccolo si spaventò e fuggì.

Finalmente un giorno il sole iniziò a scaldare il roseto dove s'era rifugiato: aprì le ali, le battè e, con sua grande sorpresa, si alzò in volo. Prima che potesse rendersene conto, si ritrovò in un meraviglioso giardino, nei pressi di uno stagno dove tre bianchi cigni maestosi scivolavano sull'acqua. Ebbe paura, pensando che la sua bruttezza gli avrebbe procurato ancora guai; chinò la testa e vide la sua immagine riflessa nell'acqua: era diventato un cigno. Le sue piume si gonfiarono e la sua coda si drizzò.

Immediatamente dimenticò di essere stato morso dalle anatre, beccato dai polli e dalle galline, e quanto avesse sofferto durante l'inverno. Si domandava in cuor suo: "Com'è possibile tanta fortuna a me, che ero soltanto un piccolo brutto anatroccolo?"

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