QUANDO SI PORRA' UN FRENO?

Dania  * 07 febbraio  2006 *  Torna indietro - Puoi premere ALT+I e INVIO  Chiudi la pagina web - Puoi premere ALT+X e INVIO(pensieri - scuola)* Caratteri grandi-medi-normali * Accessibilità



TEPPISMO E VIOLENZA TRA I BANCHI DI SCUOLA

Tra le ultimissime di Veglieonline è stato pubblicato un articolo di Claudio Penna che potrebbe apparire come un “elogio allo scrivere oscuro”, ma chi vive a Veglie sa molto bene che non è così, perché del grave fatto di violenza verificatosi tra giovani studenti di una scuola locale si è parlato, o meglio, sussurrato, in ogni angolo del paese. Eppure in coda a quell’articolo non è apparsa alcuna replica, né da parte di genitori, né da parte di insegnanti: nessuna smentita, nessun commento, come se si preferisse lasciar cadere tutto nell’oblio, tanto… son cose che succedono.

Claudio Penna, in qualità di padre ed educatore, ben sapendo quanto siano delicati certi discorsi, soprattutto se coinvolgono adolescenti, non s’è soffermato sul fatto in se stesso, per non alimentare inutile morbosa curiosità, ma ci ha tenuto a sottolineare che quanto accaduto può definirsi un “incidente annunciato”, visti i  disordini e gli atti di vandalismo che da tempo gravitano intorno alla scuola. E, preoccupato, lancia il suo appello: quando si porrà un freno?

Purtroppo, i problemi accennati da Penna non sono peculiarità esclusiva di un edificio scolastico di Veglie, ma appartengono alla scuola in generale. I Media, non da giorni, ma da anni, continuano a sfornare notizie preoccupanti: si va dai ricatti alle rapine; dalle intimidazioni ai pestaggi, sempre da parte di giovani a danno di altri giovani. Per non parlare delle incursioni notturne negli edifici scolastici per modificare i registri o imbrattare, danneggiare, allagare le aule – con l’unico scopo di far annullare i compiti in classe – causando sempre grandi disagi a tutta la popolazione scolastica e ingenti danni economici alla collettività.

E’ davvero necessario porre un freno a tutto questo, prima che la situazione degeneri tanto da non poterla più controllare. Ma chi deve agire? Un’insegnante milanese, analizza così la situazione e trae le sue  conclusioni:

Vandalismi a scuola, le conseguenze del lassismo
“Sono un’insegnante del liceo Parini. Occorre richiamare l’attenzione sul problema della legalità nelle nostre scuole. Temo che gli studenti che fanno scempio degli arredi scolastici e degli spazi pubblici, e le famiglie che li difendono, pensino sinceramente di non fare poi nulla di così grave. E’ necessaria un’onesta riflessione storica, da compiere assieme agli studenti (che non sono sprovveduti né bambini) sul perché il senso della legalità sia così poco condiviso. Il che implica anche un’autocritica del mondo adulto. Quanto alle sanzioni, è bene ricordare che l’educazione è fatta di tanti micro-atti quotidiani, la cui sistematica omissione, da parte di genitori e insegnanti distanti o egoisti, ha come esito la sanzione quando costoro, improvvisamente risvegliatisi, decidono che l’azione ha passato il limite.
Infine una parola sul ruolo dei docenti, oggi privati di ogni reale possibilità di gestire le questioni disciplinari. Insegnanti inamovibili, lasciati liberi d’imperversare nelle aule come meglio credono ma, per contro, ridicolizzati nel loro ruolo decisionale: un patto che qualcuno troverà comodo, ma che non giova alla scuola né al Paese.”
Anna Sordini
              (Corriere della Sera, Giovedì 2 febbraio 2006 – Cronaca di Milano, pag. 8)

Per tanto tempo s’è ritenuto che a compiere atti di teppismo fossero esclusivamente ragazzi privi di controlli, appartenenti a famiglie disagiate e provenienti da quartieri periferici e socialmente difficili,  oggi, invece, ha preso piede la convinzione che si tratta di ragazzi apparentemente normali, che agiscono per noia, passatempo e sfida.

Interpellato dal giornalista Ruggiero Corcella per il suo articolo “Pugni e minacce: baby gang rapina ragazzo di quattordici anni”, Franco Taverna, responsabile della Fondazione Exodus, dice che la risposta a violenza e aggressioni non può essere soltanto repressiva, perché “è una politica che non paga, lo dicono anche negli Stati Uniti dove il fenomeno è di ampia portata. Servono modelli di comunicazione che trasmettano stili di vita diversi e presenza sul territorio[…]”.(Corriere Della Sera, giovedì, 2 febbraio 2006, Cronaca di Milano, pag. 7)

Han ragione tutti. Perché, come sempre, i problemi hanno mille sfaccettature. Ma noi ricordiamoci soprattutto che i figli sono nostri e che il loro futuro è nelle nostre mani. La famiglia deve essere il più importante punto di riferimento per i ragazzi  e non deve delegare a nessuno la loro educazione.

Certo, poi viene la scuola che, come dice Claudio Penna, deve essere luogo d’incontro culturale, sociale, educativo, e deve svolgere il suo compito in collaborazione con la famiglia. Così come dovrebbero essere pronte e disponibili a fare tutte le altre istituzioni.

dania

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