una legge che alimenta la cultura del sospetto

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da: Sabrina Lezzi, 11 giugno 2002 * "Liberi Pensieri"

 

UNA LEGGE CHE ALIMENTA LA CULTURA DEL SOSPETTO

 

L’altro giorno quando ho visto tra i libri di cui si consigliava la lettura, il libro di Tahar Ben Jelloun "Il razzismo spiegato a mia figlia" ho pensato che si trattasse di una coincidenza. Avendo imparato a conoscere Dania dai suoi articoli forse, però, non era una semplice coincidenza il tema trattato dal libro.

Il giorno prima, infatti, il 4.06.2002, è stato approvato dalla Camera il nuovo testo della legge sull’immigrazione dove all’art. 5 si legge "lo straniero che richiede il permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici". Più precisamente dopo il sì definitivo del Senato lo straniero che richiederà il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sarà costretto a sottoporsi alla procedura di rilevazione delle impronte digitali.

Se è vero che tale procedura, se la si separa dal valore simbolico che molto spesso le attribuiamo, è un semplice strumento di identificazione, e come tale non ha un valore discriminante, diventa tale se è disposta soltanto nei confronti di determinate categorie di persone e, nel caso specifico, degli extracomunitari. Non solo di quelli che sbarcano nel nostro paese privi di qualsiasi documento di identità ma anche di coloro che già lavorano in Italia, che hanno già un permesso di soggiorno, che si stanno integrando nel nostro paese.

D’ora in poi diventeranno tutti, indiscriminatamente, potenziali criminali. Tutti, indiscriminatamente, perderanno il loro diritto di essere considerati uguali davanti alla legge, senza distinzione di razza.

Al di là delle ragioni che possono giustificare tale legge ciò che mi ha creato un forte sgomento è la sensazione che ho percepito nella maggior parte delle persone con cui ho affrontato la questione.

Ho notato che in molti si sono arresi alla cultura del sospetto nei confronti degli stranieri. Un sospetto, rafforzato e divenuto più sentito dopo l’11 settembre. Una cultura che rischia di farci perdere il giusto senso dell’equilibrio.

Rischia di farci dimenticare che noi italiani siamo stati per anni un paese di emigranti, di persone che cercavano fortuna altrove e che altrove hanno esportato anche grosse fette di criminalità organizzata. Non siamo né migliori né peggiori di tanti altri.

Rischia di farci perdere la fiducia negli altri non per il loro comportamento ma per le loro origini, per il colore della pelle, per la religione che professano.

Quella legge, che alimenta tale cultura del sospetto, crea indignazione in molti stranieri eccellenti.

Per questo motivo ho voluto segnalare a Veglieonline, così come ho fatto ad altre persone, il loro appello (sito www.repubblica.it, 09/06/02 appello UNA NORMA RAZZISTA, ndr.), seguito dal disappunto di quelle tredicimila persone  che, come me, preferiscono ancora la fiducia negli altri, indipendentemente dalla razza, alla cultura del sospetto.
Sabrina Lezzi