eugenio: forse è troppo poco chiedere scusa?

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da: Nicola Gennachi, 18 gennaio 2003 * "Liberi Pensieri"

 

Eugenio: forse è troppo poco chiedere scusa?

"NOI CONTADINI, NEL 1° GENNAIO DEL 1950, ABBIAMO OCCUPATO IL LATIFONDO DELLE TERRE INCOLTE DELL'ARNEO..."

E' questa la frase, che suonando come un proclama, Eugenio Carrozzo utilizza per iniziare una sua recente intervista, contenuta nell'Arneide (un cortometraggio che racconta le lotte dei poveri contadini per la conquista delle terre dell'Arneo).

In questa semplice frase, sia per il contenuto sia per la struttura linguistica, possiamo trovare nascosti i contenuti delle idee, delle convinzioni di colui che noi vegliesi abbiamo conosciuto come "lu Geniu Carrozzu".

Nella convinzione del semi-analfabetismo popolare, la traduzione dialettale in "Geniu o 'Ngeniu Carrozzu" lasciava fantasticare una sorte di arcana capacità operativa ed educativa a noi sconosciuta. "Ingegno o Genio" era la traduzione italiana che più di qualcuno ha fatto negli anni '50, ma tutti eravamo convinti che effettivamente qualcosa di grande c'era in lui. E la storia, caro Marcello, la scrivono solo i grandi anche se la facciamo tutti.

La sua attenzione era rivolta prima di tutto all'uomo e ai suoi problemi immediati (realpolitik?); non a caso inizia la sua intervista con "Noi contadini..." e non con "nel 1950..." come a dire che il protagonista, la costante, l'obiettivo del mio servizio sociale è l'uomo, noi contadini e non il tempo che diventa qualcosa di relativo.
L'uomo con i suoi bisogni; i figli della povertà, della miseria e dell'analfabetismo erano l'oggetto del suo impegno e nel fare questo ha sapientemente e dignitosamente usato lo strumento più efficace: la politica.

La chiarezza, la semplicità della stessa frase "Noi contadini..." fa intendere come gli era congeniale organizzare le sue idee in pensieri, esprimerli e trasmetterli agli altri, arricchendoli in sapere (ne sai qualcosa tu, Marcello).

La dignità le è stata fedele compagna, mai che l'abbia abbandonato: una "regale dignità" ostentava la sua persona.

Marcello, mi dici che è andata via una parte della della nostra storia, è poca cosa se così fosse. Il tempo certamente la scriverà e noi saremo dispiaciuti di non essere stati noi a scriverla. Ma ciò che penso e che più mi rattrista è che noi, la nostra generazione, deluderemo il suo pensiero, quello di fare della polita una umile e dignitosa serva dell'uomo.

E' questo l'ultimo regalo che ci può fare "zio Eugenio" farci ricordare come, indipendentemente dalla propria ideologia, si può servire il nostro paese da VERI UOMINI.
Nicola Gennachi