Risposta all'articolo del 15/1 di C. Penna

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da: Antonio Greco, 16 gennaio 2002 * "Liberi Pensieri"

 

Caro Claudio,

ribollisco quando leggo alcuni interventi sulla politica e sulla vita amministrativa locale ospitati su Veglieonline. Un po’ per non crearti problemi, un po’ per i limiti di certi articoli con cui non c’è nessun punto, neanche minimo, d’incontro, ho sempre lasciato perdere. Ma dopo il tuo intervento del 15 gennaio sui manifesti politici, sento l’obbligo di intervenire. E non per dire a te e ai tuoi lettori che, in questa situazione davvero drammatica per il paese, non è vero che l’opposizione, di cui faccio parte, sta alla finestra. Per questo motivo, pur doveroso, non avrei scritto un rigo. Voglio dire altro e lo voglio dire, a te, ad alta voce e in un luogo pubblico.

Il tuo intervento, meritevole di attenzione, è incomprensibile.

A chi ti rivolgi? Chi è il tuo l’interlocutore? I manifesti non dicono tutto, è vero. Ma hai cercato di consultare le fonti oggettive (i documenti!) e quelle soggettive? Come cittadino elettore ti sei premurato di sapere da Fernando Fai e da Mario Aprile quale posizione hanno assunto e di manifestare loro il tuo assenso o dissenso? E la stessa cosa vale per Spagnolo, Paladini, Sabato ecc.. E’, questo, un dovere di un cittadino attivo, non solo di un giornalista. Dietro ogni conflitto, soprattutto politico, non c’è una sola verità. Occorre discernere, attivarsi per capire. Non occorre invocare e minacciare querele, come fa il Sindaco Carlà a cui, almeno su questo punto, tu dai ragione.

Quando poi i conflitti sono tanti, si ripetono, esplodono con rumori eclatanti e avvengono in una compagine amministrativa che per risolvere i problemi ha bisogno di coesione e di unità e invece si divide e l’uno odia l’altro, ci vuole molto a capire che non è importante sapere i fatterelli o i pettegolezzi delle liti ma importante è piuttosto cogliere la drammaticità di una situazione che fa perdere a questo paese risorse, opportunità che non tornano più e tempo?

Il dramma di questo paese è che molti vegliesi, liberi e capaci, hanno paura a prendere posizione, a schierarsi. E non parlo di schieramento politico o, peggio, partitico. Non si ha il coraggio di ‘un punto di vista’ che (lo dico con rispetto) manca al tuo intervento. O se c’è, è quello di chi guarda dall’alto e con molta, molta sufficienza queste vicende. E se lo esprime, lo fa perché serve al suo giornale telematico e non alla comunità locale. Mi spiego.

Nel 1993, quando decisi di candidarmi a Sindaco, eravamo all’apice della crisi della cosiddetta "prima repubblica" italiana, con la sua miscela di arroganza e irresponsabilità, di corruzione e di impunità. Nella società civile da cui provenivo si diffuse la consapevolezza di voler contare di più. Qualcuno, utilizzando la metafora della villa, spiegava così il rapporto tra società politica e società civile: la prima ben protetta all’interno della casa, mentre la seconda, incarnata soprattutto dal mondo del volontariato capofila di iniziative di tutela dei diritti, si occupava di abbellire il giardino senza disturbare i padroni di casa. Da qui l’invito ad alzare la testa. A espugnare la casa dei potenti. Per ristrutturarla con nuova filosofia. Per aprirla a chi ne era stato da sempre escluso. Ma quell’appello, a suo modo, era superato nei fatti. Ed era sbagliato. Almeno per due motivi. In primo luogo, perché rinnovava i tipici complessi della società civile rispetto al mondo politico. Il complesso di superiorità morale: nel Palazzo vive il Potere, dunque la corruzione; mentre la società civile si autocomprende come giardino. Il complesso di inferiorità politica: nella dimensione paradisiaca della società civile manca lo spessore della politica, ma questo si può conquistare solo a costo di contaminarsi entrando nel Palazzo. In secondo luogo, perché all’immagine di potenza del Palazzo della Politica non corrisponde più una realtà concreta. Le casseforti del Palazzo sono state violate. Gli scrigni del Potere sono rimasti vuoti. E’ già da molti anni che il Palazzo del Potere è in stato di abbandono. Ha chiuso i battenti. Decade. Si riempie di polvere. Chi oggi pensasse ancora di conquistarlo finirebbe come un ladro ingenuo che pensa ancora di trovare l’isola del tesoro.

E’ quello che è accaduto a Veglie nell’aprile del 2000. Una coalizione senza nessun cemento, con l’unico obiettivo di interrompere un tentativo di aprire la villa al giardino si è catapultata, con il sostegno della maggior parte dei vegliesi, nella casa comunale pensando di conquistare una banca. Dopo poco tempo, all’apparir del vero, la coalizione si è dissolta.

Allora cosa c’è da dire o da capire oltre ai manifesti, se non l’evidenza dell’ovvio e quella semplice constatazione che è sulla bocca di tutti i cittadini, semplici e liberi: "non si costruisce nulla se si litiga"?

Ciò che sfugge totalmente al tuo intervento è il perché la gente non reagisce a questa situazione, perché molti vegliesi si allontanano sempre di più da una casa di cui sono i proprietari.

I motivi sono vari e non è questo il luogo per analizzarli. Manifesto, però, una convinzione: interventi come il tuo, se non allontanano dalla vita amministrativa, certamente non avvicinano. (E questo per non parlare, perché non lo meritano, di altri interventi che ospiti sul tuo giornale -e fai bene- pieni solo di insulti e per di più senza il coraggio di una firma). Eppure ritengo che, per le tue sensibilità, tu possa dare molto a questo paese.

Saluti.
 prof. Antonio Greco