cultura e cittadinanza

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da: Claudio Penna, 17 novembre 2002 * "Liberi Pensieri"

 
Questi sono pensieri, un po' sparsi, che prendono spunto da due articoli con i quali non si vuole polemizzare, ma discutere.
Due articoli, quello di Dania e quello di Sabrina Lezzi che hanno a che fare con l'adolescenza. Due articoli abbastanza diversi: il primo chiede ai ragazzi di non soffocare la speranza (ricordando le parole pronunciate dal Papa ai giovani a Toronto), ma ricorda anche le parole pesanti come macigni dei giudici di Brescia "Anestesia etica" nelle mani e nei cuori di quei adolescenti. Sabrina si "scaglia" contro l'articolo di Lodoli che descrive i ragazzi che stanno diventando totalmente ottusi, e che sembra non capiscano più niente. A dire il vero lo stesso Lodoli parla di genocidio di cui pochi si stanno rendendo conto.

Il problema c'è, è anche molto consistente. Io ho a che fare quotidianamente con i ragazzi adolescenti, e si avverte chiaramente ciò che dice Lodoli. Non credo sia semplicemente "un divario tra aspettative degli adulti e la disponibilità dei ragazzi"; c'è la grande cultura del disimpegno da una parte e dell'attrazione dei momenti forti. Il disimpegno è spesso palpabile; far capire ai ragazzi l'importanza dell'apprendimento come qualcosa che gli sarà utile e necessario domani per evitare delle etichette... come si fa? Un pezzo di gomma come un preservativo potrebbe certo creare una buona lezione ed anche stimolante. Il problema dove sta? Nel parlare dei preservativi? Della sicurezza sessuale? Del vanto da parte del ragazzo che ha voluto forse dimostrare ai suoi compagni che lui già ha dei rapporti con le ragazze o che non gli importano le regole della scuola o chissà per quale altra dimostrazione?

Ai ragazzi ed ai giovani piacciono anche i momenti forti; è bello essere a Toronto e manifestare in quel modo straordinario come hanno saputo fare i giovani lì presenti. Ma gli stessi giovani, oltre duemilioni, oltre quel momento così forte sono diventati un lievito per il resto dei giovani? O tutto è finito lì dove è accaduto? Cioè queste ed altre "esperienze forti" riescono ad andare oltre il loro momento storico? La speranza è sì.

Parliamo di noi, non per essere campanilisti, ma per scendere al concreto. La nostra cittadinanza educa in qualche modo al rispetto reciproco? Educa a saper dire di no, a capire che ci sono dei diritti che vanno di pari passo con dei doveri?  Il problema forse è anche che non interessa molto ciò che fanno i nostri ragazzi ed i nostri giovani. Non interessa molto se non hanno un posto dove andare diverso dalle solite sale-giochi, non interessa molto dove trascorrono il tempo, con chi, cosa si scambiano e cosa succede. L'autocontrollo, la coscienza dell'onestà, e tutto quanto vogliamo: lo diamo per scontato? Sabrina Lezzi in un altro articolo diceva che anche noi siamo stati ragazzi e non dobbiamo dimenticarlo. Vero! Ma credo esista una grande differenza tra prima ed adesso, i grandi e radicali cambiamenti non ci sono stati solo nell'area tecnologica, mediatica e monetaria, ci sono stati in tutto. Se con un motorino scorazzavo per ore nella stessa via tutte le persone del vicinato me ne dicevano tante e, con la coda tra le gambe, me ne andavo via. Adesso questo non è possibile: se dico ad un ragazzino gioca un po' più in là, con una pallonata di rompe il vetro della finestra per dispetto e sta lì a guardare.

Smettiamola con la scuola che è un continuo campo di nuove esperienze, di nuove esigenze, di nuovi progetti, di nuove riforme, un campo in continuo tormento nel quale pagano sia i docenti sia gli alunni. Come si fa a dire ad un ragazzo che è importante l'impegno quando in ogni caso occorre promuoverlo? Come si fa a dire ad un ragazzo che è importante seguire delle regole per il buon vivere perché domani si troverà in una società e dovrà comunque seguire delle regole quando poi la scuola non può neanche rimproverare un alunno perché si rischia la denuncia (cosa già accaduta) perché l'alunno è stato turbato! Ma non prendiamoci in giro.

Nel nostro paese succede la stessa cosa. Ci sono zone completamente abbandonate a se stesse nelle quali si fa di tutto in modo totalmente indisturbato... autoradio a volume alte, si suonano i bonghi, si scorazza con le moto a volontà, si gioca a pallone per la strada anche lanciando il pallone contro le case (e non mi dite che non hanno luoghi aperti o privi di case nei quali giocare!!!)... chi pensa a questo? Nessuno. Si fa una segnalazione, i vigili vengono: per quel pomeriggio va tutto bene, e per gli altri 364? Il problema Sabrina siamo noi tutti, cominciando dai noi singoli cittadini che dobbiamo imparare a parlare di cultura e di problematiche ad essa legate, per far capire che non siamo morti ma che ci interessiamo di noi stessi, della nostra cittadinanza e che l'abbiamo abbandonata in mano ai politici (bravi o inetti che siano) , e delle istituzioni che devono darsi da fare seriamente per portarla ad un livello almeno accettabile.

Smettiamola di inserire la parola "cultura" solo nelle manifestazioni della settimana dello sport e della cultura, nella miriade di concerti ed in altre manifestazioni del genere.
Claudio Penna